domenica 31 maggio 2009

Italie

Luc aveva lasciato una nota nel mio armadietto: "Relazione dei fatti avvenuti, all'attenzione del tutor. In palestra Dianka s'è mostrata insolente, due volte di seguito. Ha sibilato all'insegnante che correva con i suoi studenti e ha fatto una scena quando il professore le ha chiesto di scusarsi (sibilare: fare un verso con la bocca che sta per vai a farti...) Misura presa: 2 h di lezione supplementare a scuola dall 8:35 alle 10:25. Ricopiare il regolamento dell'istituto da pag. 48".
Stavo finendo di leggere quando l'autore del biglietto s'è materializzato in k-way. Avevo dormito male.
- Sei sicuro che quando ti sibilano vuol dir vai a farti fottere?
- E econdo te che cos'altro vuol dire? Vai a farti un bagno turco?
- Vabbe'.
Stava già andando via.
- Quel rumore non lo sopporto.
-Tsss.
- Smettila, non lo sopporto.
- Tsss.
- Vuoi farti due ore di lezione supplementare?
- Vai a farti un bagno turco.

"La Classe", un romanzo scritto da François Bégaudeau. e anche film, vincitore della palma d'oro a cannes 2008.
il libro si legge veloce, raccoglie gli episodi che caratterizzano un anno di scuola, nella francia multiraziale e non del tutto integrata. il punto di vista è quello del professore di francese, nonchè tutor di una classe di studenti delle medie della banlieue parigina.

è giusto leggerlo, e ve lo consiglio. non possiamo continuare a combattere contro un nemico che non c'è, un diverso che è semplicemente non uguale a noi. non possiamo fare finta di non vedere che di non solo italiani è fatta l'italia. è giusto essere orgogliosi della propria patria, santificare le feste, scegliere un dio che sia cattolico, amare le tradizioni nazionali.
ma non potete avere paura di chi è altrettanto orgoglioso della sua patria, anche se ha scelto di venire nella nostra; non potete avere paura di un dio che non riconoscete e di preghiere che non comprendete; e dovete capire che l'italia non sarà mai meno italia se il compagno classe di vostro figlio si chiamerà Abdul invece di Paolo.

giovedì 28 maggio 2009

lettera

maddalena,
ti lascio in eredità un mondo che non capisco più, saranno gli ottant'anni che mi porto appresso.
ti lascio un papà, che è stato mio figlio prima di essere un genitore, che sarà difficile da capire. sarà silenzioso e severo, ma sappi che, come me, è un uomo che vale la pena inseguire.
ti lascio la mamma, dolce e paziente, che ti ha sempre appoggiata pur non capendoti.
ti lascio massi, che lo sai, è il mio orgoglio. il primo nipote maschio con il mio cognome, nato il mio stesso giorno. sarà un fratello minore sfuggente, ma poi vi troverete.
ti lascio un paese di 15.000 anime dal quale vorrai scappare. e dal quale, se ci crederai, scapperai con la voglia di tornare un giorno.
ti lascio la mia foto del militare, in guerra. guardala se ti sembra tutto così strano: per quanto sia complicata, la vita, è sempre l'unica cosa per cui vivere.
io sono stato un agricoltore, ho avuto trattori, ho coltivato la terra.
ero forte, alto, occhi celesti e spirito da guerriro. alzavo la voce, partecipavo alle sagre, ammazzavo il porcello. bevevo e cantavo le canzoni degli alpini.

mi ricordo quando correvi per il cortile e ti addormentavi coi cani del vicino: eri rumorosa, più delle altre bambine. ridevi con tutti, e poi piangevi se qulacuno ti trattava male.

non hai mai cercato gli scarafaggi, mai.

sai cosa devi fare, pensaci un po' e poi ci arrivi.
io già so cosa ti accadrà, e sorrido senza denti perchè ti vedo felice come quando eri piccola.

nonno

mercoledì 27 maggio 2009

ore 9, già a elica

Giornatina. Suona bene, ma significa male. Scanner inceppato, outlook fuori uso, lavori in corso nell'appartamento di fianco (trapano soundtrack rules!).

Un senso di "io qui non ci volevo venire".
Penso solo al mare. acqua, fresca, mare. Trrrrrrapano. Sole, sale, mare. Il server non risponde. Sabbia, scotta, mare. Trin, trin, trin. Autostrada, presto, io, mare.

Poi "dlin, dlon". E' arrivato il caffè dal bar di sotto.... scheggia, corro. Sono già più felice. E outlook ora risponde.

Basta poco, anche meno.

lunedì 25 maggio 2009

I love this city

milano.
costa troppo, costa sempre tutto troppo.
respinge chi vorrebbe esserne parte attiva, chi non la ama per i locali di corso como o la settimana della moda, o l'expo e le sue nuove vie metropolitane.

milano è molto grande, a tratti bella, a volte sfiancante.
è grande quando aspetti una metro per 35 minuti.
è bella se trovi che il rumore del tram non sia solo rumore.
è sfiancante quando hai volgia di un gelato e ti scuce 2,50 € per due palline di conservanti.

però mi sorprende: va sempre più veloce del leghista che vorrebbe una carrozza ad hoc per salvaguardare il sedere stanco del milanese, e in sole 5 fertamate della rossa, da lima a cadorna, ti sforna:
- marocchino al cellulare incazzoso (non chiedetemi con chi o perchè)
- gruppo di colf asiatiche parlottanti
- amiche sudamericane nel più profondo e serio "e poi lui mi ha detto/e allora io gli ho detto..."
- manovali dell'europa dell'est stanchi ma, come il primo dela lista, incazzosi tra di loro.
non capisco nulla di quello che si stanno dicendo queste persone, afferro solo i loro volti, sudati per i 33 gradi di qst maggio, e le loro voci.

torno a leggere il mio libro, scendo a cadorna, mi imbatto in un'americana che chiede informazioni al venditore di rose (forse) indiano. e lui in perfetto inglese risponde.

sorpresa sorrido, siamo salvi, siamo ancora in tempo.

venerdì 22 maggio 2009

il significato non che sia fondamentale, anzi lo si potrebbe anche capire col tempo. intuitivamente, se uno ha pazienza di leggere. oppure se uno ha semplicemente pazienza.

o bissi boi, da leggersi ò bissi bòi, significa 'la mancanza', ed è una parola inventata da me. ero piccola, forse annoiata o forse già molto divertente all'età di 4 barra 5 anni. sta di fatto che ripetevo queste tre parole continuamente: quando giocavo da sola, quando giocavo con gli amichetti, quando parlavo con mamma. "ma che vuol dire?". "la mancanza, mamma. la mancanza". "ti manca qualcosa?". e qui mamma non ricorda cosa rispondessi.

ecco quindi, a voi il mio personalissimo spazio. forse non se ne sentiva 'la mancanza'.