martedì 28 dicembre 2010

Everything will be okay, Signor Capo dello Stato

Prima che il Capo dello Stato mi parli a reti unificate il 31 dicembre p.v., anticipando il rush finale di fine anno, scrivo alla Sua c.a.

Non so per lei, Signor Capo dello Stato italiano, ma questo anno è stato un po' pesante per me.

Inverno rigidissimo, primavera lacrime e tagli al bilancio, estate lavorativa ed impegnativa, autunno da caldarroste bruciate.
Immaginavo non sarebbe stata una passeggiata, ma correre con tanto affanno non mi è più concesso.
Vede, sono una giovane donna adulta. Un ossimoro. Sono in quella fase della vita in cui se un bimbo al supermercato mi indica urlando "Signora", ho un sussulto. Cazzo, agli occhi di questo paffutello tutto saliva e manine sporche, io sono "Signora". Ai suoi occhi, invece, chi sono?

Sono una risorsa.
Un cervello in fuga.
Una manodopera scontenta eppur tenace.
Una bambocciona, che ovviamente rima con fannullona.
Una cattolica che prende la pillola, ed usa il preservativo.
Una disoccupata, travestita da precaria.
Una ruota nell'ingranaggio inceppato della libera concorrenza.
Una spacciatrice, delinquente, ladra e facinorosa.
Una raccomandata per sfinimento.
Una figlia di papà, ma anche di nonna e zii.
Un'innamorata che progetta il futuro.

Vorrei che Lei capisse, Caro Signor Presidente, che mi manca il fiato a questo punto del mio messaggio.
La voce cerca di essere sicura, ma inesorabilmente s'incrina.
Perchè un dubbio s'insinua, ed è difficile dissiparlo.
Che abbia già avuto la fetta di felicità che mi spettava? No more fuel for me?

So però che non tocca a Lei sradicare le mie erbacce.
Sono una giovane donna adulta, dubbiosa su tutto, tranne che sulle proprie forze.

Ecco perchè Le auguro un 2011 sereno, Signor Presidente.
Che Lei e i vetusti capi che l'accompagnano, della maggioranza e dell'opposizione, sugli scranni parlamentari e sulle poltrone aziendali, possiate godervi lo spettacolo che ho in serbo per voi. Non deluderò le aspettative di chi, invecchiando, ha purtroppo eluso le mie.

domenica 19 dicembre 2010

Un racconto da pubblicare coi soldi di papà (o la tua tredicesima..)

Rana e Libellula capitarono nello stesso stagno nel 2006.
Mh quanti animaletti strani ci sono in questo stagno milanese, pensò Libellula.

Rana parlava e giocava con tutti gli animaletti dello stagno. Libellula pure.
Erano belle, sorridenti, luminose, intelligenti. Due esserini in mezzo a tanti altri esserini, ogni tanto in connessione tra loro. Finché un giorno, il cinque di un mese primaverile, Libellula decise chè sì, il tempo del muffin era giunto. Tanti auguri, Rana, questo è per te. Oh Libellula, mi emozioni! Qualcosa era accaduto.

Passarono gli anni, gli stage ed il lavori in altri stagni, altri animaletti deliziosi arrivarono, altri muffin diventarono presto cene, dormite, spazzolini lasciati nel cassetto del bagno che non si sa mai, pianti a scroscio, risate stupide a non finire, vieni che sto di merda, oh mi piace uno che non ci sto dentro / come si chiama? / non lo so, ma ho l'ormone a fior di pelle, posso stare da te che a casa non ci voglio andare, telefonate troppo lunghe persino per la telecom, mail, chat ed una vacanza nella Terra di Mezzo.

Ci fu persino il momento della crisi, coincidente con quella dello stagno italiano tutto. Quando la storia con la esse maiuscola viaggia parallela alla storia delle vite dei piccoli animali, pensò Rana.

Tu, che sei la compagna della mia anima, devi sapere che anche se in stagni lontani, non potrei mai mangiare un muffin di altre libellule. Mh, però... Però basta Libellula, non fare i capricci, bisogna prendere il toro per le corna, il bue per le palle, l'elefante per la proboscide! Ok Rana, credo di aver capito il senso, non tiriamo in ballo altri animali per favore che la capa me gira. ;) (occhiolino di Rana).

Rana e Libellula le trovate allo stagno, continuano a giocare. Vogliono imparare, conoscere, viaggiare con la mente (se con i soldi non si può), scrivere, andare al cinema o a teatro, prendere il sole al mare, mangiare cose buonissime, bere in compagnia, dormire tanto e bene, innamorarsi, poi disinnamorarsi, poi arraparsi, poi rinnamorarsi. Continuano ad essere molto diverse, ma oneste l'una con l'altra, chiamando le cose con il loro nome. Questo a volte fa un po' male, ma loro sanno che nel loro stagno non è concesso fare altrimenti. Stare male, stare bene, stare così così. Non importa, non conta, non è questo il punto, stupidi umani.

Morale della favola. Non uccidere gli animaletti, poiché anche loro hanno vite degne di essere vissute.

sabato 11 dicembre 2010

Le trasformazioni

Uauh.
Sbadiglio forte, per svegliare Danilo che dorme ancora.
Allungo muscoli dormienti, sempre per dare fastidio a Danilo. Che si gira dall'altro lato, tira il piumone a sè, mi scopre. Mi dà fastidio, lo sa, ma siamo pari ora.
"Amore, chechezz". Questo è Danilo, alle sette meno dieci del mattino.
Sto in silenzio, e sguscio giù dal letto. Trascinandomi dietro la coperta. Odio perdere, Danilo lo sa.
"'starda che sei..". Danilo si alza, momentaneamente sconfitto.

Da 'moglie di Danilo', alle sette e qlc minuto divento 'mammaaaa'.
"Mammaaa dove sono le calze?"
"Mammaaa dove è il mio zaino?"
"Mammaaa sabato c'è una festa fichissima tipo con tutti quelli del quinto anno tipo che se non ci vado mi taglio le vene"
"Mammaaa scappo ciao"
Chiara, Lorenzo ed Elena sono i tre figli miei e di Danilo.
10, 13, 15 anni.
Non li sopporto. Darei il mio braccio destro per ognuno di loro, s'intende, ma non li sopporto quando mi chiamano urlando per chiedermi cose ovvie (le calze sono nel cassetto, lo zaino è dove l'hai lasciato, alla festa non ci vai).

Da 'mammaaa', alle otto e un quarto, divento 'dottoressa'.
Da 'dottoressa', alle diciannove circa, torno ad essere 'mammaaa'.

Ma la trasformazione che preferisco è l'ultima della giornata.
Da 'mammaaa', ad un'ora X, divento 'donna che legge a letto con marito arrapato che ci prova'.
2 - 2. Danilo, seppur stanco, pareggia.