domenica 28 dicembre 2014

#12 punti per ricucire il mio cuore

Ciao lettori

A inizio 2014 mi sono segnata un consiglio all'apparenza banale: 'Devi disciplinarti e imparare a dar voce solo alla parte di te che ama le cose che scrivi, che ama il testo a cui stai lavorando' (David Foster Wallace). Ha funzionato sempre.

Il protagonista di questa storia è Charlie Skinner: direttore delle news del broadcast statunitense ACN, impersonato dall'incredibile Sam Waterston e inventato da Aron Sorkin, è stato uno dei migliori personaggi della serie televisiva The Newsroom. 

L'ultimo racconto dell'anno lo dedico ad un ragazzo che spero trovi il tempo per leggerselo. E' il modo più semplice che conosco per dirgli grazie, perché è stato lui a ritmare le #crazytales, ricordandomi che non è ancora il tempo della resa. 

Enjoy 2015





Charlie ha lasciato questo elenco sulla mia scrivania, appuntandolo sul block-notes al termine della giornata. L'ho rintracciato al cellulare, parlando con la segreteria telefonica: sono altre scadenze, suggerimenti per nuove campagne, rebus da sciogliere durante le vacanze? Cosa vuoi dirmi Charlie? Non ha risposto alla telefonata: è lui il boss, e può permetterselo alle 20.30 di venerdì sera.

Circa tre ore dopo, mentre nella solitudine di casa scelgo il vestito da indossare al pranzo di famiglia per non irritare il credo religioso di mia nonna, il cellulare squilla e Charlie mi saluta cordiale dall'altro capo della cornetta.
Gli chiedo della lista, e scoppia nella risata spontanea che lo rende familiare e unico, facendomi sentire a mio agio anche se sull'attenti.
'Ahahah! Cazzo Mad, pensavo ci saresti arrivata da sola! Hai presente una settimana fa, quando discutevamo sul perché volessi partire e lasciare il tuo posto, per trovare nuovi stimoli e tutto il resto...? Ricordi ragazzina?'. Gli dico certo che sì, e faccio salire la lampo sul fianco tenendo il telefono tra la spalla e la guancia, sconfortata dall'evidente verità: neppure trattenendo il respiro fino al primo gennaio riuscirei ad indossare nuovamente quest'abito.

'Beh Mad, penso sia una stupidata. Lascia che la ruota compia un giro completo, prima di cambiare nuovamente direzione alla marcia.'

Charlie sa essere enigmatico alle 9 del mattino, quando sono nel pieno delle forze, figuriamoci alle 23 inoltrate: fatico a seguirlo, e sono costretta a concentrarmi totalmente su di lui, dimenticando la lotta con la cerniera.

'Abbandonare ora, perché hai ricevuto brutti colpi e critiche, è da vera codarda. 
Quel giorno in cui mi hai parlato come una figlia in cerca di approvazione, nonostante la presunta convinzione del tuo tono di voce, c'era qualcos'altro che mi colpiva guardandoti: i tuoi occhi negavano le tue parole. Ed è stato in quel momento che ho deciso di darti una spinta.

I dodici punti sono... Come potrei descriverli... Forse un memorandum è il termine più corretto. Di certo non era necessario che qualcuno te li ricordasse, ma chi può dirlo!?, mi è sembrato fosse il momento giusto per rinfrescare la retorica del padre buono. Se mi sono fatto prendere la mano, perdonami.'

Ho individuato il sentiero su cui ci stiamo inerpicando; mi domando dove Charlie trovi la tenacia e la passione e lo slancio e la convinzione per riaffrontare lo stesso identico argomento un triliardo di volte.

'Hai ripreso a correre, è vero; i tuoi polmoni sono grandi e le gambe ogni giorno più sicure, ma continui ad allenarti come il criceto sul tapis-roulant, senza obiettivo azzarderei.
Ma dimmi ragazzina, perché non fai lo sforzo di cogliere la tua chance, e capire cosa ti farebbe salire in cima alla collina? Cosa ti fa ancora tanta paura?

(Due dilatatissimi minuti di silenzio imbarazzato)

'Sei con me, Mad?'

Mi ha affondata: Charlie non è un tipo sentimentale, l'ho intuito dalla volta in cui ci siamo presentati, eppure giurerei di aver ascoltato un discorso costruito per trafiggermi la mente e il cuore nel pieno della notte, mentre sono sottovuoto in un vestito troppo piccolo.

E così accade: non avverto alcuna folgorazione, non si spalancano i portoni al seguito delle porte sbattute, non esiste una ricompensa dovuta. Sorrido e sospiro; sono ridicola di fronte allo specchio, mezza nuda con la zip incastrata all'altezza delle anche, e il mio capo dall'altra parte della città a ricordarmi come ruotano gli ingranaggi.
Charlie tira le fila, e infine riaggancia.

'Buon anno Madeleine. Se te lo stessi ancora chiedendo, dio santo sì: averti richiamata a mezzanotte significa che ti voglio bene. Sei il mio cavallo di razza, perché non ti accontenti di un'ipotesi, cerchi le prove, e alla fine lasci sia il tuo intuito a guidare. Ora scusami, ma andrei a dormire.'

martedì 16 dicembre 2014

Xmas Viv

Ciao lettori

Ultima Vivienne prima di Natale, ma non ultima storia dell'anno.
Rilassatevi con le avventure della bambina che parla con la propria pancia, seduta di fronte allo specchio: entro il 31 dicembre cercherò di scrivere qualcosa che non includa pannolini e manine e diminutivi in generale, promesso.

Enjoy Xmas Viv



La nostra casa è sprovvista di abete, perché ci siamo svegliati tardi ed erano tutti finiti al vivaio e non siamo gente da Ikea VI Bolgia Infernale, sotto le feste. Pensa che ti ripensa, ho trovato la soluzione per addobbarci per il Natale, indorando la pillola a Vivienne e a suo padre, che giocavano alla lotta sul tappeto.

'Ragazzi, ascoltate, focalizziamo l'obiettivo. Siete con meee?'. Ho interpretato il loro silenzio come assenso, e illustrato il piano d'attacco, orgogliosamente battezzato 'Il Natale quando arriva è un casino'. 
Vivienne ha ripreso a fare a botte col torace di suo padre, e la spedizione è partita.

Considerando i nostri rispettivi talenti, ho buttato giù una lista, che dovrebbe farci arrivare pronti all'impatto. Ognuno ha un ruolo ed una rispettiva mansione: io e papà abbiamo pure un budget, Vivienne è un folletto senza portafoglio e dovrà ingegnarsi un po' di più. Ma è la giovane del gruppo, e deve iniziare a farsi le ossa prima di strisciare carte di credito in giro.

La Babyrenna aka mia figlia
E' la decoratrice d'interni: a gattoni e con il solo body di cotone addosso, ha trasformato il salotto nel suo atelier, e si volta solo se la chiamo Pollock. E' un'artista: si muove lenta e riflessiva sulla carta da pacchi stesa sul pavimento, e lascia impronte colorate che, mi ha spiegato poi, rappresentano l'essenza del consumismo dilagante delle Feste nel XXI secolo. Ma scusa, bambina mia, una stella cometa e tre magi!? 
Una volta finito, il quadro natalizio verrà appeso in salotto, così che tutti possano ammirare il primo capolavoro dell'incompresa di casa, come nelle migliori gallerie di Chelsea a NYC. Il resto della casa si sta riempiendo di stelle filanti avanzate da Carnevale; e mi aspetto di vedere un pony colorato a breve, uscendo dal bagno il mattino.

Il papà
Oltre che finanziare l'estro della figlia e incoraggiarla nell'espressione delle sue emozioni, ha il compito di procacciarci del cibo che non sia pizza, o latte e biscotti. Personalmente odio pensare al menu, abbinare le pietanze, scegliere il vino, persino apparecchiare; Vivienne mangia ancora roba grattugiata, spappolata, frullata, dalle tonalità pastello: va da sé che il nostro amore gigantesco abbia vinto la fascia di cuoco delle serata a mani basse.

Infine ci sono io, la mamma smemorina
Sono la maestra di cerimonia. Purtroppo ho avuto una trascurabile svista che ha rischiato di far fallire la mia missione: mi sono scordata di inviare gli inviti per il party della vigilia. 'Scusa mamma, ma questi cartoncini dorati che sto imbrattando con la pappa cosa sarebbero? Sono carini, sembrano proprio le comunicazioni per la nostra festa...'. 'Nooo, non ci posso credere, l'ho scordato! Nascondiamo tutto amore, e neghiamo fino alla morte. Croce sul cuore'. Ovviamente il 24 dicembre è una data gettonatissima nelle agende, e nessuno dei nostri amici e parenti è libero ora.
Mi sono maledetta per un giorno interno, ma ho trasformato l'epic fail in una splendida idea. Dopo l'anno di merda che abbiamo passato, regalerò ai miei tesori un paio d'ore di assoluta e preziosissima tranquillità. 
Farò spegnere i cellulari, disattiverò il wifi e il campanello alla porta. 

Parleremo tra di noi immersi nel silenzio del ticchettio dell'orologio, e penso sarà emozionante ascoltare l'opinione di Vivi sull'immacolata concezione, l'esistenza di tre re venuti dall'Oriente per incoronare un nuovo dio incarnato in un fagottino biondo e ricciolino, e la possibilità che le renne sappiano volare. 'Dai mamma, fa acqua da tutte le parti questa storia'.

Buon Natale, my readers

giovedì 4 dicembre 2014

Seratona

Ciao lettori

Andiamo a fare serata con la Babytalker, sottofondo da brave inglesine :)

Enjoy a little bit of clubbing


D'inverno la casa si riempie di maglioni intrecciati e difficili da far asciugare. L'umidità mi manda fuori di testa, ma sembro l'unica a soffrirne chez nous; gli altri membri dell'equipaggio non si scompongono neppure sotto le bombe d'acqua.
Questi mesi hanno però un risvolto molto divertente. Vesto Vivienne da sandwich al formaggio, la avvolgo in tanti strati di tessuti in poliestere misto lana, e infine la fotografo mentre si agita come un'anaconda spazientita, cercando di sbottonarsi il cardigan, imprecando nella lingua bisillabica che parla fluentemente da un mese.

La lotta contro se stessa termina quando la piazzo in auto e la spoglio: 'li-ber-tààà mammaaa!'. Domani mattina possiamo dormire, e siccome il punto croce non è ancora il nostro passatempo preferito, decidiamo di fare serata. Suo padre è impegnato in affari improrogabili che ancora mi sfuggono, ma si è premurato prima di lasciarci uscire: 'Abbassa la radio, evita di suonare ai camion, ricordati la bambina in autogrill'.
Maschero la tristezza di non poterlo portare con noi dietro una battutina acida, 'Beh ma passami il guinzaglio: la lego e non ci pensiamo più, mh!?', lui mi guarda con sufficienza e il colpo in canna: attenzione, stiamo per litigare.
Fortunatamente Vivienne interviene a placare gli animi bollenti con il ruttino della pace: 'Ragazzi, va bene conciarmi come l'omino Michelin, ma sono a tanto così dall'autocombustione qui sotto. Bury the hatchet, s'il vous plait'.
Che disagio averla fatta più intelligente di me e lui messi insieme.

Scivoliamo lente sull'asfalto, ci superano tutti, ma guidiamo sempre occupando la corsia più a destra. Seduta leggermente scomposta, Vivienne mi chiede di attaccare la playlist che con papà è vietato passare, perché c'è posto per un unico re dell'autoradio e, in ogni caso, 'Le Spice le ascolti con le cuffiette'.
Che disagio, in generale.

Stasera, però, io e la Babydancer facciamo le diavole: papino è lontano, e se dovesse chiamare la mia socia sa maneggiare la manopola del volume. Mentre la lascio giocare con il pennello del fard e il caricabatterie del cellulare, con cui Viv cerca di impiccarsi in 1000 e più modi, ci rilassiamo in chiacchiere.

Allora Viv, cosa mi volevi dire l'altro giorno, quando papà ci ha interrotte?
...
Come non ti ricordi!? Ti sgridavo perché scalciavi contro la porta, arrogantella e paonazza in viso... Dai si che te lo ricordi.
Mo mo.
Dopotutto sai che non si ottiene niente con questi atteggiamenti da prima donna, te l'ho spiegato.
Ma ma.
Esatto, brava, sapevo che avresti colto il punto. Comunque, cosa volevi dirmi prima che entrasse il principe di Persia?
Po pa po.
Come scusa? E' difficile senza traduttore simultaneo...
Mmm Aaa.
Lo so, tuo padre ti capisce al volo. Ma non è carino fare paragoni, non metterci in competizione.
Pppa pppo.
Ma nooo che non me la prendo, fffigurati. Stai serena proprio.
Ba ba.
Ah dici che sono la tua mamma preferita? Bene dai, meglio che due dita negli occhi.
Mmmammmmma!
Dio adesso ti infilo nel Camogli e ti mangio tutta!
Ihihihihihihihi...

Vivienne esplode in un gorgheggio brillante; rilascia ultrasuoni e scintille multicolori che illuminano l'autostrada davanti a noi, mentre io sono costretta ad accostare al primo distributore perché avverto un odorino particolare nell'abitacolo, e non sto parlando dell'Arbe Magic andato a male.

Finalmente arriviamo in disco, il gorilla fa un po' di storie perché i Pampers non sarebbero ammessi, Vivienne gli pianta il solito casino da pasionaria, lui indietreggia spaventato, io mi infilo dietro la Babyclubber navigata.
Dentro troviamo il nostro posticino, Missy Elliot ci shakera per bene, papà ci scrive un paio di volte, Vivienne gli risponde con un selfie in cui rimbalza sul divanetto, io gli invio tre stelline con le emoji di ultima generazione.

La nostra notte è lunga e tenera, Fantasylandia è un posto per gente dal cuore che batte prepotente nonostante l'umidità e qualche altra piccola zecca ancora da estirpare.

Nighty Night

mercoledì 26 novembre 2014

Qualcuno sta crescendo qui attorno

Ciao lettori

Vivienne, la dolcezza dagli occhi grandi e il pannolino sempre pieno, cresce.
Per chi fosse nuovo e non la conoscesse, ecco la prima storia della saga Queen Vivienne I

Per tutti gli altri che non hanno bisogno di ripassare, Enjoy #dentini e #futurodaurlo


Mi chiedevo quando sarebbe accaduto; dopotutto non è la figlia di Zeus e Artemide, è umana e un momento di delirio le è concesso, nonostante per me sia una Babyciambella venuta col buco e una spolverata di zucchero a velo tutt'intorno.

Vivienne ha avuto la sua prima crisi isterica, e se siete madri o padri, forse avete intuito cosa intendo.
Era una di quelle notti di sesso silenzioso al limite dell'umano, 'altrimenti svegliamo a bambina che sonnecchia a un metro da noi, e ti appendo se svegliamo la bambina'. Avevamo anche finito, ed eravamo stati due draghi: l'esercizio evidentemente aiutava, non era una diceria da personal trainer. Leggeri e muti, ci siamo concessi giusto un afflato più spinto sul finale, consentito dal decalogo del genitore perfetto. Ho controllato, fidatevi, si può miagolare un po'.
Vivienne era crollata al solito orario la sera prima, io ero soddisfatta e mi stavo puntando i gradi di mammasyan sopra il cuore che batteva ancora forte.
A un passo dall'appagamento quasi completo, mia figlia mi ha riportata coi piedi per terra.

Saranno state le cinque del mattino, Viv ha iniziato a piangere sotto le coperte, poi si è alzata in piedi, tentando di scavalcare la sbarra del letto, infine le ha tirato una capocciata suicida. Suo padre si è alzato prima che infilasse le dita nella presa della corrente, come atto estremo di richiesta d'attenzione.
Si sono fatti si e no 1000 m avanti e indietro, dalla cucina al bagno, con lui che emetteva un ronzio che sarebbe stato narcotizzante per chiunque, eccetto che per la desperada col pigiamino.
Mezzora dopo la camminata tra le mura domestiche, sono entrati in stanza. 'Non si placa, provaci tu', ha detto massaggiandole la schiena con il palmo della mano, mentre la teneva sdraiata a pancia in giù, stesa sul suo avambraccio. Così mi sono tirata in piedi, l'ho presa dalle sue braccia, e praticamente immobile ho iniziato a cullarla, come per farle venire il mal di mare. 'Se stai ferma, non smette', ha commentato il genio che fino a due minuti prima sembrava Pietro Mennea intramuros. 'Con me funziona, sta' a vedere. Lei sa che, se iniziassi a camminare per casa a quest'ora e con meno di due ore di sonno in corpo, andremmo entrambe a sbattere sul frigo. E' addestrata per sopravvivere'.

Viv ha smentito la mia tesi: ha urlato fino le nove del mattino, le nove! Non pensavo fosse possibile emettere suoni così acuti per un lasso di tempo tanto lungo, e ci siamo preoccupati: era asciutta, aveva fatto la vagonata di cacca come sempre, non aveva macchie sul corpo, muoveva mani e piedi se la pizzicavo, naso e gola erano liberi. Non era calda, non eccessivamente, se considerate che comunque tutto quel piangere l'aveva un po' agitata e arrossata.

Nel dubbio siamo andati al pronto soccorso: la prima volta sul set di E.R. per la Babystarlette. Anche in sala d'attesa Viv ha dato di matto, agitando i pazienti presenti. Un signore mi ha suggerito di sculacciarla e farle brutto: scusa, Erode, ma chi ti ha chiesto niente.

Finalmente è arrivato il nostro turno e il medico ha dato un'occhiata alla pupa.
Le ha fatto una lastra, per vedere se il pancino era ok. E il pancino era ok. Poi la prova dei riflessi, che è una specie di bungee jumpin' per unenni: l'ha presa per le caviglie  e capovolta con una mossa alla Flash Gordon, repentina e improvvisa. Vivienne sembrava un salame, a testa in giù, un tantino disorientata ma sempre sul pezzo: cioè strillava contro l'ospedale intero, geriatria compresa.
Infine, controllandole le gengive, ha scoperto cosa avesse: lo squaletto stava mettendo altri denti.
Era strano non avesse la febbre, ma poteva capitare in alcuni casi, ha detto il dottore, salutandoci mentre Vivienne ancora strillava.
___

Se, quindi, pensate sia tutto una gioia e una risata, solo perché il mio modo di descrivervelo effettivamente lo fa sembrare tale, siete fuori strada.
Vivienne sta crescendo; non è neppure una pre-adolescente, e non mi odia ancora, ma è già durissima.
Specialmente se seguite la logica schiacciante: se un nuovo dentino la fa sembrare Tina Turner scuoiata da Ike, non oso immaginare cosa ci riserverà il futuro :)

lunedì 24 novembre 2014

#1 Contest Tale! And the winners are

Ciao lettori

Il contest su fb ha due vincitori, nonché unici competitors eheh. Anyway, ecco una storia scritta per due innamorati, entrambi miei amici, che per l'occasione vestono i panni di Beyoncé e Paul Banks.

Il sottofondo sarebbe un po' di QUESTO, un po'  di QUESTO, un po' di  QUEST'ALTRO e un po' di QUESTO ANCHE

Scatenatevi, e come sempre Enjoy 


Alcuni giorni mi sveglio e sono Beyoncé; davvero, non scherzo, cosa ridete? Il bootylicious che mi ritrovo ondeggia da solo e a quel punto non c'è molto da fare, se non assecondarlo. Dal fruttivendolo do un po' nell'occhio in effetti, col parruccone ricciolone e gli anelli d'oro zecchino alle dita, e il parroco stenta a riconoscermi quando lo saluto dall'altro lato della strada. Ma è la mia indole, il mio istinto, la mia natura, ed è impossibile azzittire la blackmama soul che mi ssshakera sotto il seno florido, quando mi ritrovo a cantare con la spazzola per i capelli tra le mani. Alle 7.30 del mattino, tanto per dire.

Fortunatamente ho una famiglia che mi vuole bene a prescindere dalla lunghezza dei miei hot pants, in primis il mio amore, anche lui un tipino very special.
Paul canta, e suona, e scrive i testi, e poi canta e suona ancora: ci vuole pazienza quando è ispirato e attacca l'ampli, e la cena lentamente si scuoce. Ma il suo timbro di voce mi accartoccia ancora l'intestino, dopo tutti questi anni; è lui il frontman delle mie serate segrete al terzo piano del nostro palazzo in centro.

Anche se non lo direste, Paul ed io siamo due anime affiatate, in virtù delle qualità che ci accomunano sotto questo cielo così mortale e così modesto.
Siamo intelligenti, attenti, pensiamo con le nostre teste, articoliamo concetti chiari, rivediamo i nostri punti di vista, coltiviamo i nostri dubbi, e ci amiamo ovviamente.
Non siamo radical (figuriamoci chic), e ci contraddistingue una sensibilità estetica che #scusatemela. Ricordo un matrimonio a cui prendemmo parte, anni fa ormai, e ricordo ancor meglio le facce degli altri invitati al nostro arrivo: boom-boom-bomba!

Col tempo è capitato avessimo anche voglia di fare un figlio, e di sposarci. Così l'abbiamo fatto: sia il pargolo, che l'unione delle nostre vite. La creatura che ho messo al mondo e che Paul ha stretto, per primo, tra le braccia, ha molto da imparare negli anni che l'aspettano: spartiti, libri, nomi di animali e di tinture per capelli, non necessariamente in quest'ordine. L'amiamo moltissimo, e si vede, poiché non lo nascondiamo mai, soprattutto a lei.

La sera ci alterniamo di fronte alla culla, e facciamo a gara per le ninne nanne e i giochi di fine giornata, mentre la vicina non ha ancora scelto se lamentarsi più quando Paul strimpella con la chitarra acustica le note di una vecchia hit, o quando io mi agito sul letto con l'ultimo singolo di M.I.A.
Poverina, la vicina dico, poverina. Se solo bussasse alla porta, la faremmo accomodare e partecipare: amiamo le feste, anche quelle improvvisate e con gli anziani che bevono camomilla sulla sedia a dondolo; chiunque, se stimolato correttamente, può sciogliersi un po'.
A questo proposito, se siete in Italia, ci vediamo attorno gennaio: Paul sarà in tour con la band e mi sa che una capatina la farò pure io, chissà che ci scappi la sorpresa sul palco. Insieme facciamo invidia al mondo; valiamo il prezzo del biglietto, della prevendita e delle commissioni di servizio che, non vorrei alzare un polverone, ma hanno un prezzo esagerato. Come le zucchine del mio fruttivendolo.

Love (on Top),
yours Bey

martedì 11 novembre 2014

A Nighty Tale for my Baby

Ciao lettori

Se la osservo bene, Vivienne ha un che di little squirrel questa sera: sta finendo le noccioline avanzate dell'ape, e siamo entrambe sedute sul bordo della vasca da bagno mentre cerco di togliermi il trucco, quando le racconto del giorno in cui incontrai suo padre.

Enjoy 


'Non voglio che te ne vada stasera'.
Lo afferrai all'ultimo secondo, chiedendogli di ballare, anzi Viv, se sapeva ballare. Secondo me sì, era in grado, e comunque non stavo cercando Fred Astaire, gli dissi. 'Peccato sai, perché invece sono proprio bravo, ho studiato e non perdo tempo con chi s'improvvisa. In linea generale, anzi, non ho tempo da perdere in assoluto'.

Vivienne sembra riconoscere l'umorismo del padre: o l'umorismo o la spocchia, se conoscete il confine. Quindi, con il collo incassato fra le spalle, alza la testa verso di me e spara un sorrisetto ad occhi strizzati, che significa 'Ihihih, ti ha presa per il culo, mami'.

Glielo richiesi Viv: 'Va bene, me lo annoto: non-perde-maaai-tempo. Adesso, per favore, balleresti con me?'.

Vivi sembra riconoscere l'indole debosciata della madre: con il collo ormai perso nelle pieghe del pigiama, spinge la testa ancora più indietro, e batte le mani mostrandomi le gengive rosate e qualche dente in fase di crescita. 'Buahaha mamma, sei la migliore'.

Mi disse che, se lo imploravo così, non poteva però rifiutare. Lo lasciai fare Vivi, non m'importava puntualizzare, avevo troppa voglia di trovarmelo incollato addosso, e se avessi continuato a rispondergli mi sarei ritrovata sola in mezzo alla pista.

La mia bambina sgranocchia l'ultima nocciolina, assicurandosi con perizia di non averne lasciata alcuna sul pavimento, e inizia a mostrarmi i palmi della mani sporche di sale e saliva: vuole venire in braccio, per il gran finale della favola della buonanotte. Me la carico, chiedendole se per favore può evitare di imbrattarmi la maglietta pulita, e Vivi ha già affondato le sue guance da Cip o Ciop sul mio petto.

Così non gli risposi, impalata e con il freddo che incalzava dalle porte aperte del locale, con la pelle d'oca ovunque. 'Vieni qui dai, è facile: attenta a non pestarmi i piedi e tieni alta la testa, non guardare in basso che non serve.'

Mia figlia ha l'occhio stanco di Morfeo, sbatte a fatica le palpebre trasparenti, creando un'impercettibile onda sonora col movimento delle ciglia. Le soffio sul capo, per alzarle la cresta di peli sottilissimi e dorati, e farle un piccolo dispetto, disturbandola mentre cerca di addormentarsi. Così Vivienne socchiude l'occhio sinistro, 'Ti concedo due minuti mamma, poi nanna per tutti'. Il finale glielo racconto nell'orecchio, mangiucchiandole il collo ritrovato.

Con grande sforzo tenni le mani in vista e il viso ben in alto, seguendo il suo consiglio; anche se questo mi fece inciampare sui suoi piedi almeno una volta. Mi prese in giro, dicendomi che le scarpe erano nuove e che qualche lezione per ondeggiare composta avrei potuto prenderla. Era carico, e mi piaceva non dover fare assolutamente nulla, eccetto ballare ovviamente.
Ma dissi io l'ultima frase, poiché la canzone era quasi finita e non mi piaceva l'idea di trovarci senza colonna sonora al momento dei saluti. 'Non voglio che te ne vada stasera.'

Vivienne ha perso il finale pirotecnico, ma avendo quattordici mesi meglio così.

domenica 9 novembre 2014

Electricity by Stella and Mike

Ciao lettori

Vi abbiamo lasciato un chiaro indizio su Fb.
L'ispirazione della nuova storia viene dritta dalla ganassa sorridente di Michael Fassbender, che sembra sussurrare: "Risolleva il tuo animo, mystella, domani è sempre un altro giorno".
Soundtrack Come Together by Primal Scream

Enjoy elettricità a costo zero


Stella si prepara come al solito, entusiasta di fronte allo specchio che le dice bene, grazie alla tisana sgonfiante alle bacche di un frutto importato dal Brasile, che drena l'impossibile. La forma fisica è merito dell'esercizio che ha ripreso a fare, non esattamente con diligenza e metodo, quanto più intensamente in giorni randomici della settimana, una o due volte al mese. Si sveglia al mattino, si sente l'energia sbattere dentro fin dal caffè delle 7, si strofina il viso canticchiando la JLo del 1998, salta i gradini delle scale due a due mentre la portinaia fa la ola salutandola. In questi giorni asseconda una nuova atleticità, consapevole che, ad ogni modo, entro 48 ore sarà tutto finito e tornerà ad abbracciare il cuscino.

Fasciata come il Domopack sul pollo, le calze ipercoprenti coloratissime richiamano la nuance del cappotto e, #classic, gli stivali la alzano di almeno 7 cm dal suolo scivoloso. Passeggia con piglio nella sera, è galvanizzata e ha evitato l'oroscopo, al diavolo gli astri e i pianeti gassosi.

E' in questa circostanza che incontra Michael, per cui vale la pena spendere un paio di parole e prestare un pizzico d'attenzione. Smaliziato, adulto, Mike muoveva le mani mimando una scena all'amico poco distante, che però Stella faticava ad interpretare. Così, incuriosita da gesti e suoni a lei muti, la nostra stellina capitolò dolce, colpita sotto la cintura, e le calze ipercoprenti.

Come un artigiano esperto e saggio, calibrato dall'esperienza, o un mago che stupisce senza rivelare i propri trucchi, Mike le ha sorriso in una smorfia di piacere, e ozio, e poi piacere ancora.

Il mattino dopo tutto è tornato come prima: piove, i piedi le fanno male a causa dei 7 cm, le strade sono piene di merde di cani abbandonate. Stella è nuovamente pigra, ma con un sorrisetto delizioso, molto simile a quello di Mike poche ore prima.
Lo sciopero dei mezzi le fa un baffo, il controllore ha un tono gentile, l'ombrello si apre al primo click.

mercoledì 5 novembre 2014

Una coperta per Vivienne (We love to celebrate for no reason)

Ciao lettori

La Babyboom cammina a tre zampe, ma ha intuito come funziona il moon-walking. 
Le ho comprato un paio di ginocchiere, affinché i parenti non pensino la stia educando con la mazza dei Nets.

Viv va a nanna su una canzone che le canto spesso, enjoy my private ballerina.


All'asilo le maestre di Vivienne mi chiedono gentilissime se mi sia ripresa, perché non mi hanno vista per un po'. Si augurano la mia salute capricciosa si sia data una calmata, e che l'aria fresca di montagna sia stata un toccasana per il mio fisico. Chissà a cosa si riferiscono queste squinternate, chissà.
Le altre mamme, le donne che non scappano abbandonando creme parabens-free per i culi dei loro figli, mi domandano se in Cile tirasse molto vento, questa estate. Chiedo delucidazioni al mio compagno, il quale si è fatto prendere la mano con le giustificazioni inventate.
Il Cile!? Il Cile!?!? Davvero dai... Il Cile!?!?!? 'Scusa, ma sarebbe stato troppo facile altrimenti. Un po' devi faticare'.
Al mattino ora, accomiatandomi dalle altre madri, è un susseguirsi di 'Hola Chiquita, Hasta la Victoria!'; forse dovrei applicarmi, e ampliare il lessico spagnolo.

Parentesi andina a parte, la fatica di questo periodo sta tutta nella ricerca di una coperta per il letto di Vivienne. E' un bel letto, ed è il centro delle sue giornate al momento: le piace sedercisi come una dama di inizio Novecento, e ascoltarmi mentre le spiego i fatti della vita, oppure rotolarcisi con il gatto della vicina che entra ogni tanto dalla finestra, e ovviamente perdere il contegno e farsi solleticare l'impossibile dopo il bagno caldo. La topina di casa se la gode.

Ho deciso di riscaldarle l'autunno regalandole qualcosa che sia solo suo, e che possa riusare nel tempo, anche fra trent'anni, e le inneschi una girandola di ricordi, più o meno felici, ma vivi e profumati e colorati e parlanti nella sua crapina.
Dalla possibile lista ho eliminato i pastelli di cera, i libri di gomma per i bambini sotto i 12 mesi, il booklet dell'ultimo cd degli Arcade Fire, i mestoli della cucina e gli elenchi ingialliti della SIP, che teniamo incolonnati all'ingresso, perché ci piace curiosare i cognomi delle città italiane. Sono tutte cose per cui esce pazza, e che Vivi usa quotidianamente, ma troppo legate alla sua vita da unenne.
In mente invece ho qualcosa che non sia un gioco, ma un oggetto trasportabile, lavabile, e che non sia commestibile, altrimenti ciao banda!, la babytopa ha una fame da lupacchiotta, e non si tiene di fronte a niente e nessuno.

Dopo un'attenta pensata, ho trovato il regalo che cercavo, e l'ho ordinato online.
Stasera, dopo averla fatta roteare tra le mie braccia con questa in sottofondo 'Real Hero' live performed by Electric Youth, infischiandocene del  vicino brontolone per il rumore dello stereo, l'ho messa a letto sotto strati molteplici di piume e una mooorbida sciarpa di lana e seta, che sembra fatta apposta per il suo lettino da Ghetto Queen.

Sperò diventerà il suo vessillo, che, un giorno lontanissimo in una galassia ancora inesplorata da Yankees e Russi, svetterà in cima alla sua navicella spaziale.

sabato 1 novembre 2014

Our Dinner Guitar Hero

Ciao lettori

Questa la dedichiamo a una lettrice romana/salentina/ex lombarda, capitata in casa un po' di volte, appassionatissima alle #crazytales. Essendo sabato, diamo spazio ai nani sotto il tavolo.

Colonna sonora consigliata per le vostre cene Laaaayla, you've got me on my knees

Enjoy 


E' una sera infrasettimanale, l'arrosto speziato e una bottiglia di rosso corposo e profumatissimo - da cui non riesco a staccarmi, deliziano l'atmosfera. Presto attenzione ai discorsi a tavola, ai racconti divertenti e ai nomi delle persone che ho appena conosciuto; colgo la scintilla tra una coppia affiatata ma, azzardando un commento infondato, ancora ai blocchi di partenza. Accenno un imbarazzatissimo sorriso a lei, ché mi ha sgamata: scusa non volevo intromettermi nel cheek-to-cheek, mi è caduto l'occhio. Spero le arrivi il messaggio, altrimenti m scambierà per una di quelle invitate dell'ultimo minuto, a ruota di uno degli ospiti, che non c'entra molto con il resto del gruppo.

In realtà sono esattamente la tizia capitata per caso nella compagnia solida e compatta, la rondine in ottobre, il calamaro in Trentino, la balenottera nella Jaccuzzi. Tento di non darlo a vedere, ma ogni frase che mi esce puzza di fatica sovrumana, poiché è generata da un flusso logico esponenzialmente accelerato: dire la cosa giusta al momento giusto brucia grassi. Svelato come mantengo il fisichino.

All'improvviso mi accorgo che ho finito il vino; o io, o i nani che di sicuro siedono sotto il tavolo ed escono quando gli altri sono distratti, delle due l'una. Questo pensiero, quello dei nani, mi fa capire che sono brilla come  mio nonno al suo ottantanovesimo compleanno, quando la festa finì in vacca perché, come mi sussurrò egli stesso, 'Mi manca tua nonna, bevo così poi la vedo in ognuno di voi'. Svelato il segreto dell'amore eterno.

Tre quarti della bottiglia galleggiano nel mio stomaco e infatti sono leggerissima, e mi sciolgo in tre-due-uno-go!!! Inizia lo spettacolo e il ragazzo con cui sono arrivata, l'unico che appunto conosco, mi ha riportato quanto segue.

'Sei stata amabile, un pasticcino fragrante di pasta di mandorle affondato nella crema pasticcera. Ti abbracciavi tutti e hai indugiato sul bicipite scoperto di un mio amico quell'attimo in più perché la sua fidanzata ti mandasse, altrettanto amabilmente, a farti un giro. Hai riso di fronte all'offesa pubblica, abbracciando pure lei, che mi ha guardato imbarazzata.
Ti sei ripresa, finendo tutto quello che avevi nel piatto e chiedendo il bis di patate. MOLTO.BUONE.GRAZIE.ANCORA.
A quel punto il mio amico ti ha porto nuovamente il braccio, con il beneplacito della sua ragazza che ha capito la situazione. Eri innocua e molto affamata, tant'è che mi ha chiesto se ti avessi trovata in fila per il rancio. Nessuna dichiarazione ufficiale a riguardo, le ho detto.
Sono trascorse due ore piene, è passato altro vino che hai evitato di versarti. Ubriaca ma diligente, un soldato addestrato.
Hai chiacchierato molto, come sai fare benissimo: la lingua sciolta, i capelli tra me mani, gli orecchini che ciondolavano sul collo, e penso il bottone dei jeans in tensione, considerando le patate e tutto il resto. Ti sei scolata due amari, con la scusa della digestione, caffè e, sulla porta, prima di uscire, hai abbracciato nuovamente tutti.
Ma secondo me, qui avevi già smaltito il rosso di inizio serata. Credo ti siano piaciuti per davvero, credo ti sia divertita.'

E' vero, a fine cena ero sobria, anche se in testa mi ronzava la chitarra di Eric Clapton, e quel motivetto che i nani, ve lo giuro, cantavano sotto il tavolo, tra le gambe degli ospiti.

venerdì 31 ottobre 2014

'Non perdere tono, non lasciarti distrarre, non dimenticare cosa cerchi, my Lovelife'

Ciao lettori

L'ultimo film dei fratelli Dardenne sfiora nervi scoperti che hanno ripreso a suonare armoniosamente. 

Enjoy


La fille de ma vie cammina a testa bassa, inciampando continuamente sul suolo disconnesso del marciapiede. Non presta attenzione al suo passo, mentre osserva i pensieri della gente, domandandosi, timbrando il biglietto sul tram, se la donna seduta di fronte a lei sia la badante o la zia del biondino che cerca di calmare con un biscotto. Poi il tram frena, e la mia ragazza scende, qualche fermata dopo esservi salita, trovandosi in una parte della città a lei per lo più sconosciuta.

Deve esserci già stata, qualcosa le ricorda qualcos'altro, la memoria fotografica è il suo forte e, giurerebbe, anche l'odore di pollo fritto non le è del tutto nuovo. All'angolo, a circa dieci metri dal semaforo che sta attraversando, nota una rosticeria modesta, con un'insegna rossa e bianca: ROSTICERIA. Impossibile sbagliarsi.

Vorrebbe avvicinarsi, entrare e ordinare pulaster, qualche aletta croccante in più, patatine affettate sottili e salate in superficie, prendere dei tovagliolini, chiedere un sacchetto che non le unga i vestiti, pagare il conto e girare con questo tesoro per la strada. Poi controlla l'orologio, che segna le quattro meno dieci del pomeriggio, e la fame le passa.

La ragazza della mia vita riprende a camminare lentamente, alzando lo sguardo ogni tanto per leggere i nomi delle vie e delle piazze, curiosare in qualche vetrina, e capire se, effettivamente, in questo posto ci sia già stata. Non ricorda, non ne è sicura, e la lacuna la infastidisce; ecco perché si sforza e non si ferma. Arrivando lontano, attraversando il parco, pensa, potrebbe ritrovare un segno, e far cadere il domino intero, fino al ricordo più importante e lì capire.
E' una che finge di rilassarsi, ma non cascateci: se sta puntando la volpe del giardino di Sua Maestà, non abbandona la battuta di caccia. E' il migliore segugio io abbia avuto la fortuna di incontrare, ed è solida sulle gambe e veloce nello scatto ora che è centrata su se stessa, e il suo obiettivo.

E' concentrata, passa inosservata tra la folla e si allaccia il cappotto alla prima folata di vento, poiché non vuole ammalarsi a causa del primo freddo. Continuerà a girare in questa zona della città, fino a che non avrà scovato cosa ci sia di così familiare per lei. Si darà una spiegazione e, rincasando, mi dirà di aver fatto una scoperta eccezionale, oggi, mentre io ero al lavoro.

I suoi occhi si illumineranno e finalmente la ascolterò raccontare di come abbia ritrovato, con le sue forze e senza mangiare né bere o riposarsi, la serenità che desidera e non ha mai smesso di cercare.


lunedì 20 ottobre 2014

We're against ignorance (cit)

Ciao lettori

Love Tale ispirata da uno status fb di un nostro amico > 'Auspico possa esserci un giorno la consapevolezza che la felicità altrui è un obiettivo, non un problema'.

Enjoy


Leonard, Leonard dove sei?
Qui sotto, sotto il letto! Dove sono le mie scarpe  di cuoio?
Hai scarpe di cuoio?
Quelle marroni, tendenti al prugna. Ero certo di averle messe qui ma non le trovo.
Di cuoio marroni quasi prugna? Le abbiamo prese insieme?
Cosa c'entra, tesoro?
Perché se le avessimo comprate insieme, mi chiederei come ti abbia permesso di farlo. Ahahah. Comunque, oddio che giornata infinita. Vuoi sentirla?
Oh sì! Mi piace essere preso in giro e poi ascoltare aneddoti di cui... Eccole! Trovate!
Leonard puoi infilarti le scarpe e venire qui per favore?
Non puoi raccontarmela da lì la tua giornata? Ora devo cercare i calzini blu notte, li hai già lavati?
Certo tesoro, a mano con l'acqua ghiacciata al ruscello, e le rondini mi hanno aiutato a stenderli giù, tra la quercia secolare e l'ulivo della pace, mentre Messner beveva la San Pellegrino a garganella.
Era Levissima tra le altre cose, ma...
Leonard vieni qui che voglio vedere che scarpe ti sei comprato, dai.

Leonard e Johanna sono una coppia sulla quarantina, decennio più decennio meno, e vivono poco lontano da casa mia: quindici minuti a piedi ad est, cinque con il bus. Stasera parlano di cose serie, nonostante l'incipit fuorviante.

Ho incontrato un omofobo in ufficio. Perdendo per un attimo la tramontana.
Che significherebbe...?
Che una cloaca maxima dell'Impero, al suo fianco, sarebbe impallidita.
Spero tu questo non l'abbia detto al...
Beh ovvio che gliel'ho detto!
Oh cielo, Johanna. Ma un posto di lavoro ce l'hai ancora almeno?
Leonard, di questo ne parleremo poi.
Non dirmi che ti sei fatta...
S.c.h.e.r.z.o! Ma la storia dell'omofobo è vera. Sai che c'è gente in grado di esprimere concetti aberranti, con linguaggio e registro da Lord of Scotland?
Ha iniziato sostenendo l'importanza dell'educazione cattolica nelle scuole ed in famiglia; e fin qui okay. Non concordo su tutto, ma la discussione è proficua se ci sono opinioni diverse.
Arriva al punto in cui ti strappi la camicia e diventi Hulk.
Dall'educazione dei figli, passiamo al matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Ha elencato i motivi per cui gli fa ribrezzo, ha detto proprio ribrezzo, che due uomini o due donne si possano unire nel sacro vincolo del matrimonio. A quel punto, continuando a scrivere le mie mail, ho alzato lo sguardo e suggerito che il matrimonio potesse anche non essere un sacro vincolo.
Mh, quindi niente Hulk?
Lui fa 'Ma scusi, signorina...'
Ti ha dato della signorina? Naaah! Dai questa te la sei inventata!
... Dicevo. Attacca il sermone sul fatto che, sacro o non sacro, il ribrezzo permanesse.
Ripetendo, giuro, la parola ribrezzo. Così gli ho chiesto se poteva evitare di utilizzarla nuovamente, ed in riferimento ad un argomento così delicato e, per alcuni di noi, personale.
E il Neanderthal ha commentato 'Ah ma la signorina è una lesbicaaa!'. Tre a finali, un capo curva.
Ecco Hulk.
Gli faccio 'Signore, la prego di non interessarsi al mio orientamento sessuale. I matrimoni tra persone delle stesso sesso non sono uno siparietto di Zelig, e il dibattito molto attuale dà la misura, insieme a molte altre cose, dello stato di civiltà di un paese. Non potrei essere più distante dalle sue opinioni, ma se non dovessi lavorare, ora, mi fermerei volentieri a discuterne con lei'.
Quindi si ricompone, e, salutando l'intero ufficio prima di scappare, mi tira un 'E mi saluti la sua Signora - eheheh - a casa'.
Dove hai seppellito il cadavere?
Mi si è gelato il sangue Leonard; credimi se avessi potuto l'avrei evitato, ma ho dovuto, ho realmente dovuto.
Cosa gli hai detto, Johanna?
'Scusi signore, si fermi un ultimo minuto, così, sulla porta esatto, di modo che tutti sentano chiaramente quanto ho da dirle.
Oltre a chiederle, di nuovo, di farsi i cazzi suoi, volevo mandarla a fare in culo a nome della comunità LGBT internazionale.
E' angosciante incrociare, per sfortuna o pura casualità, persone come lei, ancora incapaci di distinguere quando una battuta è fuori luogo, una risata stridente e una semplice parola, ribrezzo nel nostro caso, inammissibile.
Ma vede, se, dopo averla incontrata, accetto a malincuore il fatto che l'evoluzione, per quanto si sia dimostrata una macchina perfettamente oliata, abbia le sue falle sparse per il pianeta, non posso mordermi la lingua e lasciare che se ne vada compiaciuto.
E' un ignorante, e l'ignoranza è inaccettabile. Arrivederci!'
Johanna...
Credimi, ci ho provato.
Ma chi era poi?
Non lo so, ma ha importanza?




lunedì 13 ottobre 2014

Support your local girls' gang (cit)

Ciao lettori

Vivienne canta in sottofondo Recover by Paolo Nutini

Una voce un po' mascolina, ma prestate attenzione al testo. 

Enjoy


L'abbiamo messa a letto, dopo un bagno rilassante per lei, leggermente meno per noi due. Vivienne, dove trovi questa energia? Perché non crolli sotto il peso dei tuoi quasi dieci chili, da chi hai preso questa tenacia da squalo?

Fortunatamente poi si è rilassata, e da sola si è addormentata. Adesso scusa, ma devo parlare con papà: ci capiamo ancora al volo, 'I support my local girls' gang, yo. Vai mamma, stendilo'. Ha davvero questa espressione, non sto scherzando, è una delinquente raffinatissima.

Volevo fargli uno spettacolino divertente: battuta, discorso serio, altra battuta, scherzo, risate, applauso, poi mi tolgo i vestiti e galoppo. Non me l'ha permesso: non può essere uno sketch, mi ha detto, non puoi farmi il giochino delle carte e fare entrare le ballerine, siediti e per favore sii onesta. Mi mette sempre a mio agio, già.

'Non tornerò indietro quando sarò così avanti da intravedere il traguardo. Questa è la mia promessa solenne. Sembra poco, anzi, non giriamoci attorno, è poco; ma riflettici anche tu, è un ottimo presupposto.
Suppongo che, se decidiamo di andare avanti, ce lo dovremo far bastare, per lo meno momentaneamente, considerando il quadro generale, la contingenza, il periodo storico. Non viviamo in una bolla, ed è meglio così: se scoppiasse cosa ci rimarrebbe? Un po' di sapone scivoloso, sciolto sul pavimento, neppure commestibile.
Sono spaventata e non sono guarita, però sono tornata.'

L'ho guardato tenersi il volto tra le mani, probabilmente deluso dalle mie parole. I gomiti conficcati sulle ginocchia, il peso delle sue e delle mie riflessioni addosso. Finito?, mi ha chiesto. Ho fatto sì sì, e mi sono avvicinata, aggrappandomi alle sue gambe, a gattoni come Vivienne. 'Quando vi ho visti all'aeroporto mi è successa una cosa strana, senti qui. A molti batte forte il cuore, quando un'emozione li colpisce. Il mio non ha accelerato invece. Ma la testa mi è esplosa, il sangue è salito di colpo e ho creduto fosse un ictus, o qualcosa di simile'.

Il suo silenzio era eloquente, voleva andassi avanti, scavando più sotto dove la ferita è ancora aperta.

'Sto cercando di dire che quello che c'è non fa rima con cuore, amore, dolore. Quello che c'è ossigena il tessuto nervoso, e mi fa pensare molto certo, ma è anche istintivo e molto caldo in vena. E' una pompa che va a tempo, ma che ogni tanto s'inceppa. Sei un tesoro prezioso, ma non posso difenderti sempre con la spada, devo abbassare la guardia e correre il rischio che arrivino le sirene ad ulularti nelle orecchie. La banalità delle banalità: ho paura di perderti per strada proprio sul più bello'.

Finalmente si è mosso, appoggiando la schiena sul divano, allungando le braccia dietro la testa: penso fosse stanco, anche di me. Ha preso fiato, e ha riassunto velocemente,  'Non incolparmi per le tue paranoie. Tutto il resto mi piace invece, ha senso, e la cosa della pompa... Rispiegamela con calma'.

Siamo finiti dolci sul divano, e Vivienne al mattino mi ha alzato un Cinque Alto mentre la preparavo, 'Brava mamma, mi sei piaciuta': ho aumentato il volume di Beyoncé e ci siamo fatte una cantatina senza pretese.

martedì 30 settembre 2014

L'autunno di Queen Bey

Ciao lettori

Torniamo da Vivienne.
Se avete perso il punto, eravamo fermi qui.

Enjoy.


La stavo cercando tra la folla agli Arrivi. Una testolina rotonda che spiccasse tra le altre, sulle spalle del gigante a cui l'avevo lasciata; questa era la scena come l'avevo sognata molte volte. Invece era in piedi, sulle sue gambe!, con un paio di stivaletti neri di pelle e i lacci di stoffa rossa, le calze collant piene di grinze perché un po' troppo grandi, un abito blu che le fasciava la silhouette da panda che ricordavo. Era diventata alta, occhio e croce +5 cm, aveva un caschetto appena accennato, e la mano stretta in quella del gigante, alla sua sinistra. Stavano parlando tra di loro, e lei cercava di schiacciare con i piedi qualcosa sul pavimento. Una formica, una cicca, un mozzicone. 'Guarda Vivienne, la mamma è arrivata'. Mi ha rovinato l'effetto sorpresa, ma è stato un gesto gentile e delicato, poiché non era il caso di agitarla con razzi e fuochi d'artificio.

Il tempo di metterla a fuoco e avvertii le gambe spezzarsi come la migliore pastafrolla, senza kleenex a portata di mano e con molta emozione a fior di pelle ormai. Devo averle fatto spavento, perché si è aggrappata alla gamba del gigante, nascondendosi dietro di lui. Un tempo lo facevi anche con me, dissi senza pensarci, e mi morsi la lingua. Ma cazzo!, l'hai mollata e la prima cosa che riesci a fare è rimproverarla!?

Ma la mia bambina prese coraggio, e quando sentì la mia voce spostò il capoccione, sempre ancorata alla gamba del suo papà. Ciao Vivienne: smisi di piangere e decisi che, tra le due, sarebbe toccato a me parlare. Ciao Vivienne, sono... Sono la mamma. Ho provato vergogna nel sentirmelo dire, ad alta voce nel mezzo di un aeroporto: 'sono la mamma che ti ha lasciata' sarebbe stato più onesto. Continuai il mio breve monologo, a braccio e senza suggeritore.
Vivienne vieni qui, fammi vedere come sei diventata grande. Che belle scarpine, e quanti capelli amore.

Alla sua altezza, inginocchiata ai piedi del gigante, le tesi le braccia: avevo una voglia matta di stringerla, ma lei aveva il suo gigante a farle da scudo e io solo le mie parole per convincerla.

Sei stata al mare? Hai visto i pesci, si? Oooh, che bello! E hai preso il sole? Hai messo la crema? Hai contato i sassolini? Buono il gelato, mh!?
Ero imbarazzante, ma evidentemente funzionava: Vivi mi rispondeva muovendo la testa, e un paio di sì li ha pronunciati. Si era staccata dal polpaccio del gigante e gli ciondolava al fianco, guardandolo ogni tanto, tra un cenno e l'altro. Lui le sorrideva, e non si intrometteva.

Le mostrai un piccolo gioco, che riproduceva alcuni suoni e luccicava se lo agitavo. Un'esca, okay, ma ero in buona fede. Provai a darglielo, e lo prese senza complimenti, avvicinandosi a me, che stavo ancora in ginocchio. La abbracciai d'istinto, delicatamente ma senza rifletterci. E lei mi lasciò fare, come solo una figlia che riconosce la madre permette di fare: raccolse le sue braccia attorno al mio collo, incastrando le mani tra i miei capelli, spingendomi indietro, aggrovigliando le gambe e le collant alla mia vita. Non mi punì e, forse anche lei istintivamente, si lasciò andare.

Mi alzai con lei attaccata al corpo, e il gigante ci aiutò a non cadere nello sforzo. Lo guardai bene, per la prima volta dall'atterraggio, ma per lui non avevo alcun giochino, e mi chiesi come avevo fatto a non pensarci prima del decollo.
Tenevo lei stretta e provai a ringraziarlo, ma mi anticipò, stringendomi a sua volta. Sembravamo una matrioska, uno dentro l'altro, e il momento sarebbe stato lirico se Vivi non avesse accennato un motivetto AAAll the siiingle laaadiesss, aaall the siiingle laaadiesss che smorzò la tensione, e fece ridere il mio compagno che mi spiegò all'orecchio 'Non sono abbastanza pop per farle ascoltare certe canzoni, ma ho pensato che una al giorno non le avrebbe fatto male. Mi sono ricordato che avevi programmato la sveglia con Beyoncé, così ce la siamo portata con noi questa estate. E indovina cosa canta dalla mattina alla sera?'. 'Faccio danni anche se non ci sono!'. 'Bah, non direi. Se è intonata e ha senso del ritmo ci facciamo i soldi con questa babykiller'.

Non finì qui, a casa ripescai uno dei miei dischi preferiti (What's The Story) Morning Glory? e iniziò l'autunno anche per Beyoncé.

giovedì 18 settembre 2014

Scream if you wanna find a signorino

Ciao lettori

Cielo grigio sulla penisola, California in my very eyes, un po' di sanissimo sentimentalismo pop(olare) e - nelle intenzioni almeno - un brivido di emozione sul traguardo. 

Enjoyyy!


In questa discoteca riesumata dagli anni Novanta Claire si aggira timorosa e con la vescica piena: Oddio, ti prego, fammi trovare il bagno delle signore. Ogni tanto usa i nonnineologismi: bagno delle signore, per tutti i numi!, avete un fax a cui inviare il reclamo? Frasi che nessuno della sua generazione saprebbe più impiegare in una conversazione come in un'altra, ma che pronunciate da Claire risultano piuttosto normali.
E' la fila per il bagno delle signore questaaa?
La facciamo tutti insiemeee, signore e signoriii!
Ahhh, okayyy, grazieee!
Urlano tutti perché altrimenti non ci si sente, e la cosa diverte Claire: le è sempre piaciuto urlare. Desidero ardentemente divertirmi come non mi sono mai divertita stasera, al diavolo ('al diavolo'!!!) la vescica a forma di palloncino e il bagno in comune. Dopo un quarto d'ora, e alleggerita, è di nuovo ad un'altra coda. Cosa vuoiii? Ehm, gin toniccc! Silenzio e dopo tre minuti gin tonic in mano. Quando ci si inizierà a divertire qui, quando entrano i giocolieri o le cubiste, quando la gente si stacca dal muro, quando si comincia a sorridere: Claire finisce praticamente il drink, in preda alle domande e al dubbio insorgente che, maybe ma maybe, non sarà così facile divertirsi come non mai, stasera.
Sarebbe a uno sputo dall'analisi antropologica dei suoi compagni, quando nota uno che sorride in fondo, vicino al bagno comune per signore e signori. Che faccio? Fa che gli si avvicina, dopotutto questa doveva essere la serata più divertente e bla bla bla.

Il tizio visto da più vicino sarà alto uno e ottanta voglia di saltarti addosso, sta per uscire visto che ha la giacca e cerca qualcosa in tasca. Claire esce, anticipandolo, e si appollaia da brava gallinella. Attorno niente cambia: facce sul triste andante, moltissime chiacchiere e cose da raccontare, qualcuno addirittura commenta il meteo infelice. Claire si chiede perché alla fine la gente perda tanto tempo a conversare del nulla, per giunta il sabato sera, dopo che si è infiocchettata a festa. Impaziente si sta per alzare, un altro gin toniccc al bancone e via, abbandonerà ogni illusione.
Il locale si è riempito nel frattempo, la gente giusta arriva dopo una certa, il rumore è assordante e la vescichina microscopica di Claire è nuovamente zeppa.

In questa atmosfera generale, in cui ho provato a descrivervi un certo disagio esistenziale, Claire e il tizio si trovano a parlare. E qui la colonna sonora è struggente, ma inevitabile Powerd by Roberta Flack and Lauryn Hill in the 90ies.
Un gin toniccc! (Claire urla)
UNA BIRRAAA! (il tizio urla contemporaneamente)
Le sorride, e la scavalla. E' più grande, e ha un tono di voce più profondo, quindi il barista lo sente meglio. Ubi maior, Claire cessat.
E POI UN GIN TONICCC PER LA RAGAZZAAA QUIII! (Ubi gentilezza, Claire si squaglia).
Grazieee!
DI NIENTE, DEVI GRIDARE PIU' CONVINTAAA, PROVAAA.
Claire sente la D di divertimento ronzarle nelle orecchie.
Cosa urlooo?
IL TUO NOMEEE?
...Claireee!
CHIARAAA?
CCCLLLAAAIIIRRREEE!
AH COME CLARAAA MA INGLESEEE!
Nooo, come Claireee e bastaaa!
AHHH, PIACEREEE!


Vi dico solo che hanno urlato per un'ora buona, scambiandosi informazioni di base, parlando come tutti gli altri persino del tempo di merda, dei loro lavori e dell'ultimo album degli Interpol. Divertente questo signorino, vero Claireee?

martedì 16 settembre 2014

About my brother

Ciao lettori

Di questa ce n'eravamo completamente dimenticate. 
La postiamo esattamente come l'avevamo scritta qualche mese fa, chiedendoci perché non l'avessimo già fatto.

Enjoy!


Mio fratello mi chiede cosa fare con la sua attuale ragazza. Se me lo stai chiedendo, significa che ha già deciso cosa fare da solo. Quindi mi metto una mano sulla coscienza, e con l'altra lo abbraccio mentre entra in casa. Salgo sulle punte dei piedi per tenerlo stretto a me, gli dico che mi è mancato tanto. Non risponde, ma ok così: mettiamoci a nostro agio.

Non beve caffè, non beve birra lontano dai pasti, non gli piace l'acqua frizzante e quella del rubinetto dice che sa di calcare. 'Del Gatorade non ce l'hai?'. Ho la faccia di una persona che sa come si scrive Gatorade? Finisce che trovo del tè freddo alla pesca un po' caldo, lui abbozza buttandoci dentro tre cubetti di ghiaccio, e gettando il cuore oltre l'ostacolo.

Non parla, beve e si guarda in giro. Io guardo lui che guarda il gatto, e come inizio, penso, poteva andarmi peggio. Allora, mi dicevi che avevi qualcosa da dirmi su Giulia. Provo ad essere diretta, e il suo corpo atletico, ereditato dal ramo sportivo della nostra famiglia, diventa di legno. Okay Braveheart, dovrò fare tutto da sola.

Giulia è una ragazza della sua età, sopra i 25 e graziosa. E' tutto quello che so, che mi è stato detto e che sono riuscita a capire le volte che ci siamo incontrare. Non mi è mai stata simpatica, ma non l'ho mai detto a nessuno.

Riformulo la domanda, incrociando le dita: Dario, scusa, forse ho capito male al telefono, ma pensavo volessi parlarmi di lei, di voi... Finalmente mio fratello reagisce: Sì. 
Molto bene, per lo meno respiri.
Passo alla domanda due del questionario: Avete litigato? Lui dice che continuano a litigare.
Caspita, commento. 'Beh capitano periodi in cui, in una relazione che dura da un po', ci sono tensioni e malumori. Dovresti capire perché discutete, forse ti aiuta'. Dice che i motivi sono tanti. 'Tanti motivi...': risponde in cinque sillabe, e abbassa la testa fino a che il mento gli preme contro il petto. Riconosco questa posa, l'ho vista troppe volte per non sapere cosa significa. Mamma, è colpa mia, ma per favore non dirlo a papà. Il mio gigante è sopraffatto dal senso di colpa, e intuisco solo ora quanto tempo abbia già speso a riflettere su Giulia e tutto il resto.
Decido di essere sincera, ma affettuosa. E' la persona a cui voglio più bene da quando ho quattro anni, quindi mi viene facile.

'Noto che, più che parlare di voi, avevi bisogno di venire a nasconderti qui, come facevi  da piccolo. Mh!? Potrei cucinare una delle mie specialissime specialità, trovare del Gatorade nel raggio di 100 m, starcene sul terrazzo che stasera secondo me il tempo regge. Poi ti caccio che aspetto uno'.
'Chi?'
'Un tizio che mi deve controllare il pc'
'Usi delle metafore tutte tue'
'Ahahah, scemo. Comunque, esco a prendere 'sto Gatorade e ci spariamo due ore di silenzio empatico?'
'Cosa ne pensi?'
...
'Dario mi sembra che tu abbia già trovato la soluzione, o la risposta, da solo. Sei intelligente, più della media credimi. E dirti cosa penso non mi sembra ti serva, sinceramente'
'Si, ma cosa ne pensi?'
'Sincera eh'
'Sincera, certo'
'Aspettavo pazientemente che accadesse. Non ho stima di Giulia. Mal sopportavo quando se ne usciva contro tempo, del tutto fuori luogo, mentre si discuteva. Ho sempre avuto l'impressione fosse una ragazzina che volesse ballare sul tavolo degli adulti, un pappagallino colorato abilissimo nell'imitare la ragazza più figa del gruppo. Ma, appunto, una copia ben riuscita, niente di più. Tu forse non te ne sei accorto, ma a Natale ho dovuto bere prosecco a ruota, e aiutare mamma in cucina per tutto il pranzo pur di non dire quello che le avrei volentieri detto, in quel momento'
'Che sarebbe?'
'Non sei la benvenuta'
'Ma quindi ti sta sul cazzo!'
'Ma il punto non è questo. Non deve piacere a me. E poi, piccolo segreto, ho sempre dell'ovatta con me quando conversiamo oltre i dieci minuti'
'Ahahah, sei una stronza, non è così male'
'Dipende da che scala di valutazione usi, e soprattutto da cosa vorresti. Personalmente, ti ho sempre immaginato con una francese bilingue, bionda con gli occhi scuri scuri e la pelle dorata fino alla fine di settembre. Una vulcanica e curiosa, intelligente ed educata, che ti aprisse un mondo che altrimenti ti saresti perso, e ti ci lasciasse entrare senza ammanettarti a lei all'ingresso del regno'.
'Usi davvero metafore tutte tue'.

mercoledì 3 settembre 2014

For the Babies

Ciao lettori

Sottotitolo: ne ho avvistati talmente tanti in vacanza, che non posso fare a meno di dedicargli un post. Perché sono da mangiare da piccoli, per evitare che diventino grandi, ed irresistibili, soprattutto se sono degli altri.

E stands for Enjoy Ettore Everybody!


Mentre leggevo una rivista, ho visto che mio figlio cercava di alzare il sedere pesante che si ritrova, rotondo e gommapiumato, facendosi forza con le braccia e i gomiti e le mani e la testa volendo, sprofondando, tentativo dopo tentativo, nei cuscini per terra. Puf! again. Ho lanciato la rivista chissà dove e mi sono seduta sul divano di fronte a Ettore, il mio bambino.
Lui era appena caduto e intravedevo dello sconforto nei suoi occhi stanchi delle otto di sera. Le sue giornate sono lunghe e impegnative, principalmente a causa della nonna che gli abbiamo appioppato affinché si tenessero d'occhio a vicenda di giorno, mentre lavoriamo. La nonna ed Ettore sono una coppia davvero simpatica, se la intendono alla perfezione, e piangono entrambi quando la mamma, moi meme, torna dal posto in cui sta otto ore 'per rilassarsi', come puntualizza la nonna di Ettore. Quindi io, rilassata e decontratta come un petalo di rosa cresciuta nel giardino di Versailles all'ombra dei putti che furono di Maria Antonietta, acchiappo mio figlio per il girovita morbido e lo piazzo in macchina, lanciandomi, un po' come la rivista di cui sopra, versa casa mia.
Nella nostra dimora tutto è sottosopra: il giovedì è il giorno peggiore, e se fossimo in un telefilm americano in cui i servizi sociali passano ad minchiam a controllare che tutto sia a posto in famiglia, saremmo fottuti. Invece mi basta caricare la lavastoviglie e farla partire, a bomba con la lavatrice, e spostare i giochi di Ettore dietro la porta: a colpo d'occhio sembra tutto ok, e la prima impressione conta sempre molto.
Ettore ha quasi un anno, un anno per me durato 439.543 anni: è nato piangendo, e non ha ancora finito le scorte di tristezza cosmica. E' un tipino sensibile, dice suo padre, come me, aggiunge. I 'tritura coglioni' che vivono con me, qui, li chiamano 'uomini sensibili', nota a margine. Comunque, in questi quasi 12 mesi di vita, Ettore ha sempre avuto una mobilità un po' rallentata, per usare un eufemismo. Urlava come un pazzo se non aveva quello che voleva, ma a mala pena smuoveva il pannolino per raggiungerlo. Sono arrivata a sperare che strisciasse; sarebbe stato un primo passo. Così abbiamo deciso di fargli fare visite approfondite ed esami. Il padre lo faceva saltare sulle gambe, gli tirava palloni di spugna, accennava passi di danza; io semplicemente li osservavo con il cuore sempre più piccolo.
Dopo due mesi di minuziosi controlli, guidati da un pediatra preparato e professionale e buffissimo con Ettore, il responso è stato deludente: "Vostro figlio non ha nulla. E' sano, cresce bene, rientra in tutti i parametri. Gli ci vuole tempo, più che ad altri bambini. Continuate a stimolarlo, state facendo un ottimo lavoro e non c'è motivo per cui preoccuparsi".
Avevo un figlio pigro, il che sarebbe stato perfetto se non fosse che, come spiegazione, avrei voluto qualcosa di più, e ovviamente una cura, una medicina, e una terapia da seguire. Qualsiasi cosa ma non aspettare. Invece è esattamente quello che abbiamo fatto, tutti e tre, ognuno a modo suo. Ettore dormendo sonni tranquilli e cagando il bendidio, io fingendo serenità, il padre attento ad ogni sfumatura, silenzioso come la roccia più forte su cui sapevo di potermi appoggiare. Siamo andati avanti così per un periodo infinito, durato poco meno di cinque mesi in realtà: siamo stati bravi.

Ettore ieri sera ha camminato, dal nulla ha preso e ha camminato. Si è intestardito, sforzandosi con ogni parte del corpo, e al ventesimo tentativo è riuscito a stare in equilibrio sulle gambe per più di due secondi e fare altrettanti passi. Io ero seduta di fronte a lui, suo padre in piedi dietro di noi. Non so se sia la fine di un incubo, o solo un vana speranza di vederlo finalmente muoversi indiavolato, ma un sollievo così non ricordo di averlo mai provato. Ho pianto incontrollatamente per la prima volta da quando è nato, riassaporando la sensazione viscerale che la rivista che stavo leggendo sbrigativamente definirebbe 'la gioia di essere madre', ma che mi piace di più farvi credere sia simile ad un tamburo appoggiato al petto, battuto con forza e coraggio e incondizionato amore.

martedì 26 agosto 2014

Close your eyes and imagine how it can be

Ciao lettori

Siamo finiti nel più classico dei cul de sac: molti temi tra cui non riusciamo a scegliere. 
Per il primo cortissimo post di Quasi Settembre, alla fine, vi regaliamo il risveglio lento dei sensi.
Fate il pieno, accarezzate le mandibole.

Enjoy colazione ad occhi chiusi e languore n vena.


La casa in cui alloggiamo è un cofanetto di buone sensazioni, con spesse pareti in pietra perfettamente isolate e potenti travi in legno per soffitto. La padrona indossa spesso un foulard rosso magenta attorno ai capelli, così ogni volta che mi chiede se desideri altro caffè, o pane croccante ai bordi e soffice all'interno, mi è davvero impossibile non fissarle i denti grandi, direi bianchi, e sorridenti. Sicura di non volere altro burro, signora?, e a seguire due file di denti a forma di mezza luna. Mi piace osservarla, e mia figlia nel frattempo si pappa quello che non avrei mai pensato potesse ingurgitare. L'abbiamo fatta di sana e robusta costituzione, appetente più o meno sempre, un draghetto con tanto spazio in pancia.

Sulla tavola rotonda siamo in tre, contando anche mia figlia che sale e scende ritmicamente dalla sedia: sarà ginnastica mattutina, sarà un tipo sportivo dentro, sarà che le cade in continuazione il tovagliolo, o il coltello, o il coniglio che ha per amico, ma è inquieta. Nel frattempo il suo piatto è una composizione artistica, che immortalo con un paio di foto per i posteri e gli amici che ci seguono fedeli da casa. Fetta di pane ai cereali mangiucchiata ai bordi, spalmata  di confettura ai mirtilli. Crema di yogurt e miele, uvette e muesli da un lato, mezza tortina alle albicocche, burro ancora solido che sta bene con tutto, due o tre fette di kiwi per dare un po' di verde speranza alla giornata. Ogni volta che si risiede, la mia bambina sceglie una pietanza e fa 'mmmh': a real gourmande.

Intanto la padrona dal nastro rosso ci porta altro pane: una panetto dorato, un filone scuro ai semi di papavero, una baguette evergreen. Nel dubbio tagliamo tutto e ci smezziamo bocconi a vicenda. E' rimasta della marmellata ai fichi, che decido di ammazzare io. La mia bambina allunga il braccio anche lei, ma è un esemplare cucciolo di donna, dagli arti ancora più corti dei miei oltretutto, e la batto in velocità: ritenta, sarai più fortunata, amore. Ovviamente le lascio mordere il mio panino, lei ringrazia. 'Mmmh'. Lo zucchero dei fichi si sta sciogliendo in bocca, sarà questo che mi rende così dolce e disponibile, eheheh.

Ho voglia di altro caffè: lo chiedo, mi viene portato con una caraffa minuta di porcellana piena di latte freddo, che verso nella tazza prima del caffè. Amaro quanto basta, mi consolo con il caffelatte, bilanciando gli zuccheri nello stomaco. Sono colma di cibo, il mio compagno idem, la nostra bambina non ancora. In realtà è semplicemente meno veloce di noi a tavola, e come vi dicevo ha il fuoco dei draghetti nelle vene: su e giù, giù e su, un attimo che non trovo la briciola che stavo per mangiare, chissà dove è finita, ah eccola sotto la sedia mamma!, mmmh che bontà!

Saremmo pronti per scalare l'Everest senza ossigeno o nuotare fino la Cambogia circumnavigando l'Africa a sud, eppure non resistiamo. Il profumo che arriva dalla cucina lo riconosciamo tutti e tre al volo, non ci alziamo e persino mia figlia ritrova pace e calma: 'S'ils n'ont plus de pain, qu'ils mangent de la brioche'.

mercoledì 9 luglio 2014

Louise and Johnny Boy

Ciao lettori

Ogni volta che abbiamo una storia pronta per essere pubblicata, boom!, ne scriviamo un'altra di getto. Mentre impariamo a pianificare e a seguire i piani pianificati, vi lasciamo questo rush di endorfine che ci ha preso alle spalle.

Enjoy con questa sotto Instrumental Soundtrack


Ho visto Louise stringergli la mano così forte da  bloccargli la circolazione, una notte. I ragazzi avevano esagerato con le birre, un gruppo di balordi in cerca di una rissa facile si era avvicinato e Johnny Boy non si era fatto pregare. Era bastata una parola di troppo, un commento spinto sulle anche della sua morbidissima Lovely Lou, e Johnny si era alzato. Era veloce, aveva un tempo di reazione da centometrista e Louise si era dovuta esercitare molto per tenerne il passo. Quella volta  fu la prima in cui riuscì a bloccarlo prima che arrivasse al gruppetto di sfigati malintenzionati, afferrandogli la mano con una presa sicura, convincendolo a sedersi con una frase che, nel tempo, divenne un classico. 'Buono, per favore'.

Ho visto Louise stringergli la mano altrettanto forte da farlo piangere, un'altra notte. Johnny Boy era coperto di sudore e non c'era nessuno da picchiare, solo la piccola Lou,  adulta, a fargli coraggio. Il dottore aveva detto che sarebbe andata così, non c'era niente altro da fare per Johnny. Louise era con lui, quella notte umida di luglio, e non sapeva bene cosa fare ma faceva tutto quello che le sembrava giusto. 'Buono, per favore'.
Gli aveva parlato senza mai interrompersi, creando una specie di ruota di parole e argomenti inanellati alla perfezione.
L'ho ascoltata in segreto, quella notte, dalla stanza vicino alla loro, in quella casa grande che avevano messo insieme nel corso degli anni. E mi sono stretta forte nel pigiama, piangendo sulla canotta che avevo addosso.

'John, ascoltami. Stavo pensando che potrei iniziare a piantare i semi di papavero che avevo comprato. Dovrebbe essere il momento giusto per i papaveri, così ho letto. Se crescono poi dovrò ricordarmi che sono fragili, ho letto pure questo, ma potrei segnarmi un memo sul frigo - RICORDATI DEI PAPAVARI, LOU! -  e ogni mattina prendendo il latte lo leggerei e così andrei a controllarli. Potrebbero essere gialli come piacciono a me; oppure rossi, farebbe lo stesso. Ci sarebbero sempre tante api attorno, e mosche e moscerini e sarebbe una grande festa allora. Metterei la musica, e danzerei con questi esserini muti ma socievoli. Potrei stirare il vestito blu che ho comprato per il matrimonio di Barbara... sempre che mi stia ancora. Lo farei allargare di un punto sui fianchi, forse due. Ordinerei la torta alla pasticceria di Françoise, quella che guardo e non compro mai, a due piani e senza guarnizione fuori, con la crema solo tra i due strati, al limone e alle mandorle, e le amarene qua e là. Il pandispagna sarebbe soffice e potrei berci quel vino che ho visto al super, con il nome strano ed esotico. Ci affogherei una fetta di torta, e quasi lo finirei, aspettando che le ragazze arrivino per farmi compagnia nel tardo pomeriggio. Barbara e i bambini, Claude da sola come sempre, Joan per ultima. Potrei insistere perché rimangano per cena, visto che è estate e le giornate sono un po' più lunghe. Le nostre figlie mi direbbero che sto benissimo vestita così, coi capelli finalmente in ordine'.

'Johnny, ascoltami. Parleremmo di te, con il nodo in gola e molte pause tra una frase e l'altra. Tireremmo fuori dalla cassettiera le foto degli anni passati, cercando di ricordare date e nomi di sconosciuti. Ci verrà in mente qualche episodio molto divertente e una di noi imiterà la tua voce. Finiremmo la torta, apriremmo altro vino'.

'Sarà il nostro primo giorno senza di te, Johnny, ma non lo userò per piangere, perché mi hai resa una donna così felice e forte che non so più come si faccia, a piangere. Non ho mai riso con nessun'altro come con te, piegata in due in una sala cinematografica mezza vuota e la tua parodia del film sussurrata all'orecchio. Queste rughe agli angoli della bocca sono colpa tua. Sei stato il mio migliore amico, il mio amore folle, il mio solido compagno. Non mollerò la presa, non farò finire la festa'.

domenica 6 luglio 2014

The Bride

Ciao lettori

Ci piace pensarvi accoccolati e molto rilassati. Leggete ad alta voce al vostro amore, ai vostri amori. E' domenica sera e siamo contenti mentre decidiamo i vestiti per domani.

Enjoy the bride and her thoughts just before to say 'Yes, I do'.


Il giorno in cui ci siamo sposati ero molto bella, e molto felice. Mi ero scelta una vestito inappropriato secondo mia madre, una gonna corta e stretta che lasciava scoperte le gambe e i sandali aperti e altissimi. Volevo toccare il cielo, vale a dire il metro e settantacinque, e osservare i mortali dalla vetta dell'Olimpo. La maglietta larga sui fianchi, giallo pastello, di lino purissimo; i capelli sciolti sfioravano le spalle di poco, il rossetto opaco e rosso era caldo sulle labbra. Non avevo fato lampade solari e al mare non ci ero stata, per mancanza di tempo sopratutto, visto che procedeva tutto in ritardo e sembrava sarebbe potuta scoppiare la terza guerra mondiale se solo mi fossi azzardata ad uscire dai confini della città. Di mio ero tranquilla, ma l'ansia di tua madre era ingestibile e, correggimi qui, ho persino il ricordo di aver innaffiato le piante del giardino della nostra festa, poco prima di scendere e baciarti di fronte a tutti gli invitati. Che strazio di donna: ti ha messo la mondo, e di questo le sarò grata per sempre, ma un gatto attaccato alle palle sarebbe più gradevole.

Il rimmel nero mi allungava le ciglia all'insù, la cipria finissima uniformava il mio incarnato, la canzone che avevo scelto iniziava nella stanza accanto e, voltandomi per l'ultima volta verso l'uscita, ricordo di aver pensato che, se volevo, potevo ancora scappare, stare da sola, fregarmene di te, che in fin dei conti eri forte, avevi carattere e anticorpi sviluppatissimi, e avresti sicuramente capito. Invece respirai e mi mangiai le labbra, mio padre si avvicinò e mi disse che, quando volevo, lui era pronto. Mi misi a ridere e piansi sulla sua giacca scura: mi saprà mai dire quello che mi sai dire tu, papà? Troverà il varco? Lo lascerò entrare senza porre resistenza, indifesa e fragile? Mi sentii chiedergli questo, due minuti prima di diventare tua moglie. Mio padre rispose di sì, accarezzandomi la schiena. 'Credo l'abbia già fatto, se siamo arrivati a questo punto'.
Trovai la forza di diventare tua moglie quel giorno, grazie alla forza di mio padre.

Così mi sono lasciata invitare a ballare da tutti gli invitati, scalza ho imitato i passi di Zorba, in cerchio con i miei amici che di greco avevano solo la feta conservata in frigo. In un momento di pausa sono certa di aver incrociato il tuo sguardo, in piedi in fondo alla sala illuminata con piccolissime luci bianche lungo tutto il perimetro, mentre il ristoratore ti pregava di iniziare ad andare a casa. 'Sono le due signore, eravamo d'accordo di...'. Ti ho sorriso, sapevo cosa gli avresti risposto, ed era questo a farmi sorridere.

Finalmente trovammo il tempo di ballare la canzone che avevo scelto Coney Island Baby by Lou Reed. Era tardi, i camerieri stavano sbaraccando, gli invitati erano esausti, mio padre non so dove fosse finito, io cantavo brilla e allegrissima, nascondendo il viso sulla tua camicia sgualcita e sudata.

Iniziò così, e voglio ricordarlo per sempre nonostante non sia più come allora.

domenica 29 giugno 2014

Bon appétit

Ciao lettori

L'amour toujours, o comunque con la pancia piena.

Enjoy.


Ti amo. Amo la ruga che scende perpendicolare nel mezzo della tua fronte, come una cicatrice. Oh ma, aspetta un attimo... ma quella è una cicatrice! Ahahah, allora amo la cicatrice che sembra una ruga formatasi contro tendenza al centro della tua fronte lucida. Amo le tue mani dentro le tasche, quando sei arrabbiato e, forse per evitare di schiaffeggiarmi, istintivamente le nascondi lì, dove ti prudono dal nervoso contro la stoffa dei pantaloni. Amo vederti camminare davanti a me almeno cinque metri ogni volta che passeggiamo insieme in città la domenica mattina, perché hai il passo più veloce del mio, non mi aspetti e io non corro. Amo la sensazione di doverti stare dietro, di poterti perdere, di cambiare strada e lasciare che sia il caso a rimetterci in linea. Amo che non ti preoccupi se non mi vedi in scia, perché di base hai sempre lo sguardo puntato in avanti. Amo girarmi ed essere attorniata da sconosciuti, e non avere alcuna voglia di parlare, ma essere incuriosita dai loro discorsi. Amo tornarmene a casa da sola, e accorgermi di non avere le chiavi e citofonare alla vicina che, diffidente, alla fine mi apre. Amo aspettare sul pianerottolo, e chiamarti e chiamarti e chiamarti. Amo la tua segreteria telefonica, e lasciarti messaggi minatori con la voce camuffata 'Abbiamo la tua ragazza, forse ti abbiamo fatto un favore ok, ma ti prego torna a casa'. Amo quando arrivi, senza sacchetti della spesa, senza giornale, senza le brioches salate del panettiere aperto; senza niente di niente. Amo che anche tu ti stupisca di come io non abbia comprato nulla di quello che ci serviva, e per cui eravamo usciti solo un'ora prima. Amo lasciarti lamentare, e dover scendere al super velocemente. Amo essere affamata al punto tale da accumulare nel semicerchio delle mie braccia unite: un vasetto giga di yogurt bianco, latte parzialmente scremato, le Camille del Mulino, i cereali con i pezzetti di cioccolato, il tetrapak del succo al mirtillo, i frollini spessi 5 mm da 60 calorie l'uno. Amo entrare in cucina come l'ultima delle furie, e ascoltare lo scroscio del cesso e vederti uscire dal bagno senza la minima foga o fame. Amo fare colazione da sola quindi, con la distesa di cibo appena acquistato davanti a me, in ordine sparso sul tavolo senza tovaglia e la musica che inizia a suonare dalla stanza. Amo il fatto che abbiamo bisogni primari differenti, e bere una moka da tre in totale solitudine, mentre tu, finalmente, ti siedi al lato opposto del tavolo. Amo che sia già ora di pranzo, come mi fai notare, e guardarti con la bocca piena e a forma di punto interrogativo. Amo ammettere di non avere molta voglia di pranzare, considerando che sto finendo la colazione. Amo vederti ordinare al telefono qualcosa, pur di non metterti a cucinare. Amo avere qualcosa in comune con te, alla fine.

Ti amo, e un giorno riusciremo a coordinarci, per vedere com'è passarsi il pane o il sale seduti contemporaneamente alla stessa tavola, mentre il mondo applaude lo sforzo, la costanza e la pazienza che ci abbiamo messo per assecondare i nostri stomaci fuori tempo. Buon appetito, amore.

mercoledì 25 giugno 2014

Claire and Aurelie

Ciao lettori

Prima storia estiva dell'anno. Dolce e amara, fresca e appiccicosa. Con qualche foto qua e là.

Enjoy pesche, anguria e birretta all'ombra.


Il giardino di Claire è una delle tre cose al mondo, in assoluto, che mi tranquillizzano. E' tutto attorno alla sua casa, appena fuori città, lontano abbastanza dalla tangenziale, non troppo grande ma con l'erba verde intenso e una luce diffusa e calda dopo le 18. Rispecchia la mia giovane amica, madre da qualche mese, e forse è esattamente questo il motivo per cui mi rilassa starci; anche Claire, tra la cerchia di persone più vicine, è in assoluto il mio calmante. A guardarla non sembrerebbe, perché ha questi capelli scuri, che le cascano da tutte le parti e stanno su con una manciata indefinita di mollette ed elastici. E' disordinata, e si veste a strati anche in luglio; ovviamente strati sottilissimi di tessuti naturali, "il sintetico puzza sempre e per sempre dopo che ci hai ballato una sera, tesoro, inutile far finta di non saperlo". Così assume le sembianze di una fata, da marzo con bambina al seguito. Sua figlia, Aurelie, è spiccicata al padre; Claire lo sa e per questo la chiama Aurelio. E' simpatica la mia amica, e comunque è convinta che non sarà per questo che la bimba crescerà traumatizzata, "sentissi cosa le dice mia sorella quando ci viene a trovare... Questo sì che le creerà serissimi problemi, con il genere maschile in primis. Stef sta attraversando nuovamente la fase 'Odio te, uomo, e ti maledico', così ogni volta è un disco rotto che parla solo di come quello le abbia fatto questo, e di come questo non le abbia fatto quello. Due coglioni pieni e rotolanti nella valle delle zitelle. Però mi fa comodo quando passa, perché mi aiuta con la nana... Secondo te è riprovevole barattare la salute mentale di mia figlia con un cambio di pannolino?"
Ridiamo tantissimo di noi due, di sua sorella, del suo compagno, della neonata con il nome da maschio, di lei che ogni tanto è triste e in ansia, di me che non mi tengo insieme neppure con l'Attak da un po' di tempo a questa parte.

Va male eh?
Minchia se va male. Ma è ciclico, lo sapevo sarebbe tornato.
Bah, per me è una puttanata questa cosa che sai quando starai male. E' una scusa dai.
Mmm, è che non ho voglia di scervellarmi, sono un po' affaticata.
Ah guarda, più stanca di me impossibile in questo periodo. Ma io di certo non mi piango addosso come fai tu.
Ma io mica...
Piantala, non ho voglia di ascoltarti quando diventi la madonna lacrimevole.
Sì ma figa...
E non dire parolacce in presenza di Aurelio!
Ahahaha
... Quindi, descrivimi il piano, forza.
...
Non hai un piano? Oh cielo impestato, Aurelie, amore della mamma, hai sentito? Questa sfigata non ha neppure uno straccio di piano! Persino mia figlia si è fatta un piano!
Ah si?
Quando mia sorella sfonda il muro della sopportazione, Aurelio inizia a piangere urlando come una scimmia in calore e...
Una scimmia in calore come fa?
Come noi donne quando le cose diventano interessanti, ma più savage.
Ah ecco.
Dicevo, persino una nana come Aurelie si è inventata un metodo per sopravvivere. Fallo pure tu, diocristiano.
Mi suggerisci di urlare come quando sono in calore?
Madonna, beata te che sei ancora in calore!
Buahahahahahahah, cazzo, almeno quello.
Non tocchiamo l'argomento sesso per cortesia, faccio fatica a fare pure quello, e non sono ancora pronta a cazzeggiare sul tema, capirai...
Capisco, si.
Potresti lanciarti nella mischia, sgomitare come piace a te...
Non mi piace sgomitare.
Si, dicevo per per dire. Devi muoverti tesoro, lo dico per te.
...
Vuoi qualcosa da bere? Ho il succo, e il latte fresco e l'acqua del rubinetto. Salutista come non mai.
Birra non ne hai?
Sì, morirei senza sapere di averne, anche se non la posso bere quanto vorrei. Le guardo lì, nel frigo, tenendo in braccio Aurelie prima della poppata. 
Ahahaha, madre degenere.
Le dico "Vedi, queste non le bevo per te, Aurelio. Vedi che brava mamma, mh!?"
Sì, sei bravissima, stupenda cazzo. Volevo dirtelo da un po', sei bellissima.
No dai, non devi mentirmi.
Ma è vero! Hai la pelle lucida e tersa, di un colorito che non ti avevo mai visto prima. E sorridi tanto. Hai un bel sorriso.
Oh cazzo, sono Heidi!
Buahahaha
E' Aurelie... Aurelie è... è qualcosa che non riesco a spiegarti. E' ingombrante, non si assenta mai. E' delicata, è rumorosa, è anche tanto brava. Mangia, dorme, fa le sue cose in silenzio, poi esplode, urla e piange e all'inizio è una piccola tragedia, perché sono lì che la guardo e cerco di prenderla e di cullarla e lei perde il respiro da tanto strilla. 
Sono mamma, oh, sono una mamma. Io. Ci pensi?
Già.
Già... è mia. L'ho fatta io. E'... è... devi provarlo per capire cosa sia. Io non lo so spiegare, e non ho ancora capito se mi piace o meno ahahaha.
Ahahaha.
Eppure da qui non si torna indietro. E' pazzesco; è la cosa più pazzesca che abbia mai fatto.
...
...
Quindi, 'sta birra?
Ah giusto.

Quando Claire torna in giardino con due birre e una bambina appena sveglia, sto riflettendo su come escogitare un piano per me che includa delle scimmie urlatrici. Lei lo capisce al volo, e mi piazza sua figlia in braccio. "Tieni qui. Devi avere le mani occupate, tesoro. Al resto ci penserai poi".


martedì 3 giugno 2014

June 2014 / Untitled #01

Ciao lettori

Questo racconto è influenzato da un nuovo scrittore preferito. Abbiamo letto un po' di interviste e articoli prima di comprarne il romanzo d'esordio, perché avevamo il presentimento che David Foster Wallace non fosse uno semplice da conoscere, ma un peso massimo, e noi poco preparati all'impatto.

Ci avevamo preso: 'La scopa del sistema' è un libro bellissimo, scritto da un genio della logica, capace di tenere insieme fili inizialmente inutili, alla fine compatti nello stesso gomitolo.

Ogni tanto, confessiamo, rileggiamo la stessa pagina una o due volte: dopotutto siamo più carine che intelligenti.

Enjoy.


Quando entro nella stanza dove dorme mia madre, cerco innanzitutto di aprire le finestre, lasciar passare un po' d'aria fresca, lasciarne uscire un po' di quella viziata. Le infermiere possiedono un olfatto poco sviluppato, e mia madre respira merda da due anni a questa parte. Ho provato, tante quante inutili volte, a chiedere che ne venisse aperta almeno una: ogni tanto, di più d'estate, con parsimonia d'inverno. Ma lo facciamo, signora, mi hanno risposto. Lo facciamo e sua madre inizia a urlare e lamentarsi in modo alquanto, come dire, eccentrico. Non mi interessa, ho risposto. Non mi interessa come e quanto mia madre riesca a lamentarsi, considerando il fatto che ha 67 anni, una malattia degenerativa che l'ha resa un cavallo pazzo senza briglie e si suppone, oh dio grazia se si suppone, che voi facciate ciò che è meglio per lei, non quello che la rende docile, collaborativa e silenziosa.

Non hanno capito quanto fossi seria, sottovalutando quanto potessi essere, come dire, anche io eccentrica nel lamentarmi: sono sempre la figlia di mia madre. Ho alzato la voce, come da bambina facevo per richiamare l'attenzione di mamma, e superare l'entropia di tre fratelli maggiori, sviluppando di conseguenza polmoni di dimensioni enormi, considerando gli acuti che produco tutt'oggi. Le infermiere si sono spaventate, due di loro di sicuro, le altre accorse poco dopo un tantino meno; l'effetto sorpresa era svanito.
Ho fatto la matta, mamma, come sempre quando sento che non c'è altra soluzione, e qualcosa, o qualcuno, mi sta molto a cuore. Mia madre, sebbene so perfettamente non capisca più una parola di ciò che le dico, mi è sembrata divertita da tutto quel trambusto. Le ho sorriso di rimando, come quando da bambina capivo sentiva la mia voce, in mezzo a quelle dei miei fratelli.

La più minuta e giovane delle quattro infermiere si è avvicinata ad una finestra, scostando le tende leggere e bianche, voltando la maniglia, aprendo entrambi i vetri. L'ho guardata senza espressione, prestando piuttosto attenzione alla posizione di mia madre, sdraiata da chissà quante ore: un tempo era una donna dalla corporatura robusta e muscoli proporzionati, una di quelle che ti fa vedere come pulire a terra per bene, maneggiare una scopa e uno straccio, tenere in braccio tre figli contemporaneamente, aggraziata ed energica. Verso i cinquant'anni aveva persino perso peso, in controtendenza rispetto le sue coetanee in menopausa: le si era assottigliata la vita, e anche il seno era meno alto. Abbiamo iniziato in quel periodo ad affrontare la malattia. I sintomi sono stati fin da subito allarmanti, e nessuno in famiglia li ha potuti sottovalutare.

Negli anni le cose sono peggiorate molto, inanellando momenti meno pessimi a momenti pessimi a momenti decisamente oltre il pessimo. Un pomeriggio le ho fatto visita, come oggi, e me ne sono andata via in cinque minuti netti. Dio Imperatore, anche da demente riesci a farmi saltare le rotelle, mamma! Avevamo discusso, al tempo mi riconosceva e parlava con facilità del più e del meno. Non con gli estranei, che, in linea generale, odiava in massa e immotivatamente. Mi incalzava, insistendo affinché le raccontassi come stava Paul, il mio compagno, Eloise e Joanna, le mie figlie, ovviamente suo marito, nonché i miei tre fratelli. Un resoconto, non dimenticare nulla, aveva detto. Mi interrompeva con domande del tipo 'Ma fa freddo in casa ora o avete sistemato il termostato?', ed io non avevo la più pallida idea di cosa stesse parlando, visto che era primavera, faceva già caldo, e il termostato era in buonissimo stato.

Era mia madre, e pensavo fosse un'ingiustizia doverla accompagnare al cesso a soli 55 anni, imboccarla come facevo con le mie bambine, accarezzarle la fronte come ad un neonato agitato. Mi faceva molta rabbia, e provavo disperazione, pura e distillata e impotente disperazione. Avrei voluto scuoterla, e invece riuscivo solo a prendermela con le badanti o le infermiere di turno. Non mi rimaneva niente di lei, e avevo soprattutto paura di perderla più di quanto l'avessi già smarrita negli ultimi dieci anni, poiché ogni giorno poteva dimenticare qualcosa: il nome dei miei fratelli, o la sua personalità, che molti giudicavano eccentrica, ma che per me era la cosa più facile da comprendere al mondo. Era una persona stupenda, ed era il riflesso in cui mi piaceva specchiarmi, perché aveva la qualità speciale di rimandarmi un'immagine di me bellissima. Mi manca come non mi è mai mancato nessuno, e non riesco a darmi pace: la rivoglio indietro.