mercoledì 21 maggio 2014

The Last Vivienne

Ciao lettori

Vivienne è in modalità organizzazione viaggi low cost. 
All'improvviso qualcosa accade: l'estate è già finita.
E' l'ultima volta che passa di qui: la bambina cammina da sola, lontano da qui. 
Salutate la nostra migliore eroina.

Enjoy.


Sto provando ad organizzare le vacanze, o almeno gli spostamenti per andare in vacanza. Sembra complicato e soprattutto molto più costoso di quanto immaginassimo. Ma i bambini non viaggiavano gratis, scusa? Quelli sotto i due anni, alti meno di un metro e venti, tendenti al biondo e molto carini... No? Ma cosa l'abbiamo fatta a fare!? Vivienne sembra capire quello che sto dicendo, ha l'aria spaventata, come a dire 'Scusa tu, cosa. Ehm, ecco, non fai ridere'. Le accarezzo la boccia che da qualche settimana non è più pelata, massaggiandole il coppino piano; la rilassa o narcotizza, come preferite. Quindi riprendo a paragonare voli e traghetti, b&b e campeggi. Spenderemo una fortuna, gattina, ma la mamma ti porterà in posti bellissimi. Basta non dire a papà tutto tutto tutto. Lascia fare a me, so come fare e, soprattutto quando farlo. Prometti Viv?

Vivienne è cresciuta, senza che me ne accorgessi o che l'aiutassi. Pensavo sarei stata l'artefice di tutto dai suoi 0 ai suoi 12 anni almeno, pensavo sarebbe venuta su come l'avevo immaginata, pensavo di avere potere decisionale. Pensavo molto, devo dirlo, nei primi mesi non facevo altro che ragionare: se le metto la crema dopo che la cambio le irriterò la pelle di burro dolce? Se le infilo un'altra maglia la farò sudare? Se la lascio un attimo da sola in culla la ritroverò lì o a casa dei vicini per un rave? Ero un fascio di dubbi e osservavo la mia bambina, in attesa di risposte. La crema ti piace? Lì sotto fa caldo? Riesci a scavalcare il fortino che hai al posto del letto?
Viv, la mia dolcissima lady di ferro, non mi parlava però: un po' presto per le prese di posizione contro mamma, signorina. Niente, muoveva il boccione che ha al posto della testa a scatti, inseguendo le ombre sul soffitto, sdraiata sul fasciatoio, scalciante e desnuda. Era bellissima, una mattina le ho scattato venti foto: tutte uguali, tutte nudi artistici. Una l'ho inviata a suo padre, 'VIVIENNE, NOTRE BELLE DU JOUR'. Ha risposto con una sua foto, vestito ovviamente, in cui sorride 'CHE BELLA PATATA'. Ci piacciono i doppi sensi scontati, la vita è già difficile così.

Alla fine abbiamo fatto tornare i conti, eliminando la Patagonia e un paio di altre mete competitive per Vivi: no giro sui gayser mami, non so come la prenderei eh. Ci siamo accordati per il nord, il nord dove tira sempre molto vento e piove a scroscio mentre c'è il sole, dove la sera il tramonto scende tardissimo e la luce è tersa e senza filtri. Poi ci butteremo nella bolgia di un festival, dove Viv avrà la possibilità di sperimentare il suo senso di sopravvivenza. Infine ci divideremo: io sola ad acchiappare farfalle, i miei due tesori preziosi al mare dove fa caldo e la sabbia scotta. 'Davvero non ti dà fastidio se vi mollo?', 'No, vai'. 'Chissà quando torno...'. 'Chissà se torni'.

Pazzesco, lui aveva capito prima che ci arrivassi io. Alla fine dell'estate li avrei lasciati, entrambi, perché non avrei potuto legarli a me. Ero tornata a stare male, a sentirmi un corpo ingombrante nelle loro vite, infelice come Jackie Kennedy si dice fosse, al fianco di JKF o di chiunque altro. Non ho trovato il modo di rimanere, una soluzione, un'idea. Ero motivata: amavo lui come non pensavo sarei tornata ad amare, in modo primitivo ed essenziale. Amavo moltissimo lei, la bambina che avevo immaginato tempo prima, quando lui neppure esisteva. Eppure li ho lasciati scivolare via, sul lato impervio del mio carattere, dove il mostro sonnecchia, ma non muore mai. Non mi tenevo insieme, non trovavo il capo dei miei pensieri e non avrei fatto del male a Viv.

Mi ricordo, una sera di questa estate organizzata con fatica e dedizione, che lui mi prese da dietro, mentre osservavo silenziosa e preoccupata l'oceano e la scogliera su cui mi sarei volentieri gettata. 'Stai pensando che, se ora saltassi, staresti meglio. Stai pensando di sfracellarti contro quel masso laggiù, appuntito e affilato, e lasciarmi con un colpo secco. Ma preferirei un'uscita di scena meno tragica. Se credi sia possibile, un finale aperto, che ci permetta di ritrovarci, magari. Che dici? Puoi fare almeno questo per me?'.
Gli dissi di sì, allontanandomi dal precipizio, da lui e dalla bambina che gli assomigliava tanto.

venerdì 16 maggio 2014

Nonna and Mark / A Love Story

Ciao lettori

Parliamo con la nonna, provando a capire un paio di cose. 
Questa volta siamo andati lunghi con le battute: se siete curiosi, le ultime due righe valgono l'intero racconto.

Enjoy tenerezza in te(ne)rrazza.


Gli ho lasciato prendere la parte del letto libera, visto che il letto è grande e una parte libera c'è senz'altro se io ne occupo una sola metà. Chiamasi logica. Ho spostato i tre libri che di solito dormono al mio fianco, il maglione di ErmenegildoZegna ereditato da mio zio, che uso in caso di freddo improvviso, la coperta di lana aggiuntiva che non so dove mettere altrimenti, i vestiti dimenticati la sera prima. Scusa, non vivo sempre così, riesco a fare peggio volendo. Ma sapevo che saresti salito e ho fatto ordine. Mark ci mette un attimo, poi capisce che mi sto divertendo a canzonarlo. 'Mi stai canzonando?', dice esattamente così. Canzonare, canzonare... canzonare hai detto eh? Come parli educato, commenterebbe mia nonna. Ti sei mica presta uno che ha studiato, bambina mia? Che bell'uomo però, lo noto solo ora che si è presentato e mi ha accompagnata a tavola, è un bell'uomo anche. Distinto, gentile, ma parla anche? Se gli chiedo qualcosa risponde o devi dargli il permesso? Accavallo un po' di pensieri a ruota, mentre Mark si sta versando da bere in cucina. Scusa avevo sete, e tu sembravi assente. Ammazza non gli sfugge niente! Comunque, potevi aprire il frigo, invece di versarti l'acqua del rubinetto. L'ho fatto, non c'era nulla. Ma dai, nulla, esagerato... e quello cos'è!? Quello è latte che scade domani. Appunto, il latte fa bene. Senti andiamo avanti ancora per molto o... Mark The Educato diventa Mark The Impaziente di fronte al frigorifero quasi vuoto. Ma hai fame? Perché se sei salito per mangiare, caschi malissimo. No, non mi hai illuso, tranquilla. Avevo capito non mi avresti reso un uomo felice sfornando un ciambellone alle noci. Bene, mi rassicuri, non vorrei iniziare qualcosa sulla menzogna. 'Qualcosa' cosa? Dillo tu. Nooo, dillo tu: 'qualcosa' cosa stiamo per iniziare? Occhio e croce, direi il più grande mal di testa della storia dei mal di testa se continua così.

Non ricordo esattamente chi abbia detto cosa quella notte, benché non avessi bevuto niente; ero sobria e lo stomaco era pieno e noi due ci siamo voluti un gran bene davanti al frigo chiuso e semivuoto. E' stato divertente assecondarlo, all'epoca neppure ne ero consapevole: mi veniva spontaneo, era molto sveglio, possedeva quel tipo di intelligenza che cercavo ma difficilmente mi capitava di trovare, negli uomini come nelle donne. Mi aveva incuriosita, questo raccontai alle mie nipoti una sera estiva di qualche anno fa, vostro nonno mi aveva incuriosita. Sembra strano, ma è stato così. Sapeva cosa dire quando mi vedeva triste, o stare in silenzio se capiva non c'era niente da dire se mi vedeva eccessivamente triste. Le mie nipoti guardavano le foto di Mark, accarezzandone i bordi, attente a non rovinarle. Era un figo, nonna! Ahahah, diciamo che, oltre all'intelligenza, c'erano un paio di altre cose che avevo notato. Ahahah, quali nonna? Quelle che dovresti notare anche tu, tesoro: due spalle larghe, un'espressione irresistibile, un petto forte e non rasato direi. Poi per carità i gusti sono gusti, ma Mark aveva qualcosa che, non saprei, non vorrei venire fraintesa, bambine. Dicci nonna, dicci.

Aveva un'andatura particolare e non odorava di niente. Era appassionato, ma non fanatico. Era informato, ma non noioso nello spiegarmi. Era sensibile, ma sdrammatizzava in un niente. Era forte, ma non disdegnava il mio aiuto se pensava potesse essergli utile. Era realista e concreto, senza mai mortificare il mio animo sognatore. Amava ragionare pacatamente, alzando la voce solo quando la alzavo io, perché diceva che con me, alcune volte, doveva fare il pazzo sennò non capivo. Era avventuroso e sapeva organizzare viaggi spettacolari: mi ha portata in Cile, io l'ho portato nella Parigi che mi aveva guarita molto prima di conoscerlo, lui mi ha portata a vedere le balene, io gli ho regalato un gatto. Ecco, se con 'figo' intendi tutto questo, direi che tuo nonno era il figo più figo che potessi scegliere.

L'hai scelto tu?

Ovviamente, bambina. Ma tua madre non ti ha insegnato proprio niente! Devi sceglierlo in un mare di possibili scelte, e il difficile sta proprio qui. Sarai continuamente distratta da persone apparentemente buone e belle, lupi travestiti per lo più, gente con abiti lustrati e tirati e che sa usare photoshop. Gente che ha letto molto e possiede un'opinione condivisibile su molti fatti della vita, gente che sa cantare e imbracciare una chitarra e mettere insieme un due parole e un ritmo orecchiabile. Cose che tutti, con un po' di pazienza e fortuna, riescono a fare. Vivrai in questo marasma, come è capitato a me.

E come hai fatto nonna, come hai scelto?

La noia, la noia mi ha aiutata moltissimo. Fortunatamente ho sempre dato ascolto alla noia che arrampicava dalle viscere, era il segnale che qualcosa non funzionava. Attenta però, non sto parlando dell'apatia o della routine inevitabile: io mi riferisco al montare di una sensazione di fastidio misto a commiserazione, al prurito che provi di fronte a chi sta recitando una parte, al vuoto che ti lasciano alcuni incontri e, infine, alla tristezza che alcuni volti perfetti e sorridenti rimandano.

Non afferro il punto, nonna. Ti annoiavi quando hai incontrato nonno Mark? E' stato questo che ti ha fatto scegliere?

Oh bambina, come sei tenera. Ma tua madre, cavolo, davvero non ti ha insegnato un emerito cazzo! Vuoi una risposta esaudiente. Mark non mi ha mai annoiata, se è questo di cui stiamo parlando. Mi ha tradita, mi ha allontanata, mi ha fatto male, mi ha illusa e mi ha persino rimproverata. Ma quel tipo di noia, quella di cui parlavamo prima, non l'ha mai suscitata.

Non capisco, scusa nonna ma è difficile: ho dieci anni.

Ti faccio un esempio. Sai quando all'asilo i maschi ti tirano le trecce per attirare la tua attenzione, e tu inizialmente stai al gioco perché ti diverte e pensi che tutto questo tirare porterà a qualcosa, ma poi, realizzando che i maschi ti tirano le trecce perché non hanno niente altro da fare che mettersi lì a tirarti le trecce per passare l'intervallo, tu ti stanchi e gli assesti un ceffone?

Oddio, non ho mai picchiato nessuno nonna.

Madonna, tua madre è un fallimento su tutta la linea! Comunque, ascoltami, la faccio breve: il punto è che alla fine il gioco non ti basterà più, e vorrai un figo che non ha bisogno di tirarti le trecce per farsi notare.

giovedì 15 maggio 2014

Vivienne is my meraviglia

Ciao lettori

Se vi chiedete che giorno sia oggi, oggi è domenica. 

Enjoy Viv allo zoo.


Finalmente il giorno ics è arrivato: gli astri congiunti in posizione favorevole, Saturno a favore, Marte senza ascia in mano, Venere profumata e ammiccante, il Sole alto in cielo. 'Andiamo allo zoo domani, che dici?'. 'Vuoi vedere l'elefante eh, maiala'. 'Ma daiiii! Ma cosa fa!? Ma sta' fermo, Dumbo!'. 'Ah non era una metafora per...'. 'Ahahaha. Oddio ho lacrime.Vieni qui va che mi è venuta un'idea di quelle che ti piacciono'.
L'indomani ci siamo alzati presto, indicativamente saranno state le 11, quando il vicino ha messo a bomba la sigla di quel programma sull'agricoltura e i paesaggi rurali sparsi per il paese, quello in cui alla fine c'è sempre una tavolata di salumi e polente e calamari ripieni piccanti, a seconda della latitudine, e tante signore di una certa età che spiegano quanto sia facile cucinare per venti contadini affamati di ritorno dalla piana il 12 febbraio. Yo mama, I luuuv cookin' for my working men; una roba così.

Pronti via, giusto il tempo di prepararci, e dopo due ore - carburiamo lenti la domenica, eravamo in coda all'ingresso dello zoo. Io, lui, Viv nel passeggino ancora in hangover: 'Ti prego, ripigliati. Guarda gli altri bimbi, guarda come sono pimpanti, sono quasi le due del pomeriggio, cos'è quella faccia da panda!?'
Penso questo mentre la osservo al fianco a due poco più che neonati che se la ridono beati, scambiandosi affettuose manate di saliva e altro sui golfini, mentre Vivienne sembra scrutare l'orizzonte in fissa, turbata dalla classica domanda che tutti i bambini sotto i dodici mesi si fanno 'Cosa ne sarà di me? Cosa per dio?'.

Passeggiando tra gli animali, noto che la sua attenzione è rapita dal micione arancione e nero che, esattamente come Viv qualche minuto prima, sonnecchia svogliato con la faccia spiaccicata al vetro della gabbia. La tigre. Qui la mia bambina si riprende di scatto, un sussulto di vita nelle sue vene, una scena da invasata. 'Tttttttigheeee oooohhh tttttighe ooooooohhhhhhhh tttttighe ooohhh': va avanti così per cinque minuti, commossa di fronte al felino che non se la fila. Lei è andata, partita, non ci sta dentro, e mi vola quasi fuori dal passeggino. Suo padre la prende in braccio, la avvicina al vetro: orgoglioso come un imperatore romano di fronte al suo regno sconfinato, la sta esibendo al popolo in festa. Lei ormai è in preda alle convulsioni: 'Mammmmma ttttighe ooohhh, mammmma mmmmmaaammma tttighe ttttighe...'. Mi indica col ditino, mi sorride come un girasole giallo e altissimo verso il cielo, mi strappa un sorriso mentre mi chiama per condividere questa emozione che la sta facendo scoppiare. Mi avvicino, e sento il suo cuore che sbatte forte sotto la felpa: 'Si, si, la tigre. La vedo, la vedo. Bella tigre, bella tigre'. Vivienne è in acido, e per l'emozione fa la cacca.

Il pomeriggio prosegue lento: i leoni non ci sono, un cartello ci avvisa che sono malati e questo innesca una conversazione inverosimile tra me e il mio compagno, su come uno zoo gestisca l'emergenza sanitaria quando ha un branco di leoni e leonesse affetti da virus intestinale. Viv non segue il nostro discorso da premi Nobel, e inizia a mangiarsi le mani con foga. Estraggo il kit del viaggiatore goloso, sedute su un tavolo in legno massiccio all'ombra di un albero abbastanza grande per ripararci tutti e tre, e le do quello che in casa chiamiamo 'il rancio, la sbobba, la delizia di Vivi: mela grattuggiata e yogurt senza zucchero! Non capisco cosa ci trovi in questo miscuglio di sapori e consistenze, ma lei lo adora e il pediatra mi ha detto che se lo mangia, significa che le fa bene.

Siamo sfiniti a fine giornata, e salutiamo a mala pena il signore che ci fa una foto all'uscita, per la pagina fb dello zoo. 'Sapete è il marketing, ma se non date il consenso non pubblichiamo nulla. Tranquilli'. Il mio compagno gli risponde che, se siamo venuti bene, può postare qualsiasi cosa. Siamo tre vanitosi, della privacy non ci frega molto, dice. Il signore ride, ma non è una battuta.

Due giorni dopo vado a controllare facebook, e trovo una foto con già qualche Like. Taggo tutti, eccetto Vivienne che non ha un profilo ancora. L'apprezzamento s'impenna, ma so a chi assegnare il merito. Viv è fotogenica e qui sta ridendo mentre suo padre le sta mordendo l'orecchio, facendole il solletico con la sua pellaccia. Ci sono anche io, venuta benissimo, che li osservo rapita dallo stesso stupore che la tigre suscita in Viv. Siamo a 50 Like, e un tizio ha commentato 'Meravigliosi'. Già, me lo ripeto lentamente anche io, my meraviglia.

domenica 11 maggio 2014

Our Ordinary Life since Vivienne is in the house

Ciao lettori

Se scavalliamo il record di storie scritte in un mese, ci premiamo con un viaggio, una mela Golden, una borsa color cammello vista un mese fa a Brera e qualcosa che abbiamo finalmente capito desideriamo più della mela, e un pelo meno della borsa. La motivazione non dovrebbe mancarci.

Enjoy! con tanti punti esclamativi quanti ne mettevate fino a 13 anni (poi spero abbiate imparato che uno solitamente basta, e rende l'idea).


Siamo sedute ai giardini vicino casa ed è quasi ora di rientrare perché fa freschetto e non le ho messo le calze. Il mio compagno si era raccomandato, prima che uscissimo, di non esagerare col look moda mare primavera. Ma dopotutto c'erano 27 gradi alle tre del pomeriggio, Vivienne aveva il collo tutto sudato e faceva le bolle tra le pieghe di ciccia delle bracciotte che le mordiamo ogni mattina prima di addentare la vera colazione. Sembriamo la vecchia famiglia del Mulino Bianco in quei dieci minuti, appena svegli, con le persiane socchiuse e il rumore del caffè che esce dalla moka perché nessuno dei due si ricorda di spegnerla e Viv è certamente una babylady abbastanza sveglia, ma col fuoco e i fornelli non ce la faccio ancora giocare.

Primo bacio per Vivienne, che sorride e piange contemporaneamente se è su di giri, e quindi 'attenzione a come ti avvicini che scateno l'inferno al mio via, mami'. Bacio per lui, che è tanto carino mentre si gratta. Bacio per me, che me lo merito sempre più di tutti qui dentro, visto che sono la cronometrista delle nostre mattine 'fast and furious'.

Nutro lei, trucco il mio viso, cerco le scarpe di lei, faccio finta di rifare il letto ribaltando le lenzuola dall'altro lato. Lui è già uscito, e Viv gli ha regalato il sorriso che riserva solo a suo padre, nonostante sia io quella che la scarrozza al parchetto per allargarle i polmoni. 'Oh papà, come sei bello papà caro, come sei grande papino, come sei pulito e profumato, che bel sorriso che hai, come il mio cavolo!, e che animo forte e incalzante, e che spirito intelligente e arguto, e...'. Interrompo l'idillio dei due cervi, ricordando a lui che in serata dovrei andare a correre, da sola, al solito giardino di merda a due passi da casa; giusto per ritrovare la forma fisica. I due pensano sia impossibile che far finta di correre mi aiuterà a ritrovare qualcosa che non ho mai posseduto, e continuano a scambiarsi le fusa che il caldo primaverile evidentemente aumenta. 'Papino non andare al lavoro, stai qui che la mamma mi porterà fuori infilandomi il maglioncino verdino traforato che pensa mi stia bene e invece fa a botte col colore dei miei occhi lucenti. Vestimi tu, ti prego'. Il mio compagno ha un'immaginazione pari alla mia, e finge di farla parlare così, muovendole le braccia, come se Vivienne stesse tenendo un'invettiva. Li guardo dal bagno in fondo al corridoio, urlando 'Di' a papà di fottersiiiiiiiiiii'. 'Oh mamma, che caratteraccio! Se hai dormito male, non prendertela con l'uomo che mi ha regalato il suo dna e questo charme da parigina anni venti che canta sulla rive gauche', continua lui. 'Di' a papà che quello col dna francese non è lui qui dentro, e che si muovesse ad andare al lavoro che qualcuno dovrà pur mantenere il tuo culetto charmante, amore'. Me lo trovo dietro lo specchio, con la bambina in braccio 'Credo abbia sganciato, ma cosa le diamo da mangiare cazzo!?'. Pensavo si fosse avvicinato per baciarmi come l'uomo ragno Tobey Maguire, cioè a testa in giù, calandosi dall'alto, come nel film... e invece.

Mi volto con il mascara tra le mani, afferrando la babybomba piena di materiale radioattivo. 'Di' a papà che se vuole può stare con noi stamattina, chiamare in ufficio e darsi malato, coccolarci fino a che non gli faranno male i polpastrelli delle mani, stare a piedi scalzi e jeans tutto il giorno, pranzare con i toast farciti di prosciutto e una coca cola col ghiaccio, appisolarsi attorno le quattro, e contare quanti chili di cacca riesci a fare in meno di nove ore. Diglielo su'. 'Papà dice che gli piacerebbe tutto, eccetto la storia della cacca che, non dire falsità mamma per cortesia, ha il profumo di violette e roselline di campo'.

Ci baciamo tutti e tre, e sembra impossibile che tutto accada in massimo venti minuti.

venerdì 9 maggio 2014

Month of May

Ciao lettori

Maggio ci porta lontano, I said, toccando un tema a noi caro.
Enjoy. Soundtrack I Get Out, by the amazing Lauryn Hill


Claire ha abortito, come molte donne sulla faccia della Terra. Paul, il padre del suo bambino, le ha lasciato scegliere in autonomia, privo di argomentazioni valide per controbattere l'unica che Claire ha portato avanti sin dall'inizio della gravidanza. Non lo voglio, scusami ma non lo voglio. Ne sento il peso, non ne avverto la gioia. Sto male ogni volta che incrocio un neonato in una culla, vorrei scaraventarlo dall'altra parte dell'oceano e ficcargli due dita in gola per farlo smettere di piangere. Poi mi gira la testa, lo stomaco si contrae e finisco col correre al primo bagno libero dell'ospedale a tastarmi ossessivamente la pancia molle e piena. Non lo voglio, penso solo questo, che non lo desidero, non lo immagino, e non lo amo.
Nessuno sa che Claire ha abortito, eccetto Paul e la famiglia di lei: non avrebbero voluto dirlo neppure a loro, ma il padre di Claire ha un radar quando si tratta della figlia. La sgama sempre, e non sempre è piacevole doversi confrontare con un uomo oltre la mezza età, concreto come un tedesco di Germania, solitamente docile come un orso affamato dopo il lungo inverno.
Ne hanno parlato un pomeriggio, mentre Paul guardava una partita di uno sport improbabile in tv e la madre di lei era fuori con le amiche. Seduti sullo stesso divano, hanno avuto una conversazione al limite dell'allucinante, piena di silenzi e con un finale inaspettato.

Claire, allora? Come stai?
Bene papà, sono un po' stanca per il lavoro, è un periodo stressante in reparto, ho carichi allucinanti e...
E tu, tu come stai?
Te l'ho appena detto papà, bene.
Claire, ti tocchi la pancia spesso per essere una che sta bene.
Papà...
Claire?
Papà non dirlo a mamma per favore.
Claire, come stai?

Claire si sposta i capelli dal viso, incastrandoli dietro l'orecchio destro, pettinandosi con le dita le ciocche più lunghe appoggiate sulla spalla, faticando a stare al mondo in questa piccolissima stanza. Difficilmente parla con suo padre, ma ricorda benissimo ogni dialogo avuto con lui dall'età di dieci anni circa.

Non bene, questa cosa non mi fa stare bene e con Paul stiamo cercando di capire cosa fare.
Anche tua madre era così, prima di avere te ci è capitata la stessa cosa. Circa un anno prima dell'aprile in cui nascesti tu, diciamo dieci mesi prima di rimanere incinta di te, si. E abbiamo deciso di non volerlo. 
Cosa!?
Non lo immaginavi eh! Tua madre si che sa tenere un segreto.
Non è possibile, me l'avrebbe detto. Non da piccola, ovvio, ma ora, adulta, lo so, me l'avrebbe detto, ne sono certa... Non ci credo, non può essere, non mamma...
Perché tu sì e tua madre no? Non siete così diverse Claire, io vi ho conosciute entrambe da trentenni, e credimi, sei così simile a lei che quando vi vedo vicine mi sembra impossibile aver contribuito anche io alla causa, mettendoti al mondo. 
Non dirglielo però, non farlo per ora. Non ce n'è bisogno, non ho ancora deciso niente e preferisco avere le idee chiare e...
Potrebbe aiutarti molto invece. Siete simili Claire, te l'ho appena detto. E sarebbe l'unica che staresti ad ascoltare, perché non avrebbe molto da consigliarti dopotutto, ma saprebbe esattamente cosa dirti.
Stai dicendo che glielo dirai?
Sto dicendo che non devi pensare che non sia in grado di essere una buona madre, solo perché ti vorrebbe con due bambini e un marito da almeno un paio d'anni. 
Sono una delusione continua, glielo leggo in faccia ogni volta che affrontiamo l'argomento 'cosa ne sarà di te, pazza Claire'.
Non dire sciocchezze, quello sono io!
Ahahaha, vero, sono la tua delusione!
Non sei il fallimento di nessuno Claire.
Papà... papà sto così male.

Due settimane dopo Claire ha avuto un forte mal di pancia, una contrazione spontanea e violenta, che l'ha costretta ad accasciarsi nel mezzo di una visita, con il paziente sdraiato sul lettino in preda al panico per entrambi. Il medico di turno l'ha visitata, rivelandole quello che già sapeva: stai aspettando un bambino, dottoressa Claire, e il tuo corpo è affaticato. Devi riposarti oggi, e anche domani. Vai a casa, stenditi, e prenota una visita dal ginecologo per monitorare la situazione. Non c'è niente di grave, ma devi andarci piano. Claire ha sorriso, e una volta a casa ha chiamato Paul, che si è precipitato da lei.

Claire dovremmo capire cosa fare.
Paul so cosa fare, lo sai dai. Tu piuttosto, tu cosa faresti se potessi scegliere indipendentemente? E' anche figlio tuo, e, a meno che tu non decida di scappare come l'ultimo dei Balottelli, ti toccherebbe tutto quello che toccherebbe a me, parto escluso.
Ahahah.
Ahahah.
Lo vorrei, ma so che non lo vorresti tu. E questo basta. Sarà difficile, ma sarebbe insopportabile guardarti tutti i giorni con in braccio un figlio che ti ho imposto. Quindi, se devo scegliere e devo farlo senza vie di mezzo, dico di rinunciarci.
Dio sono un mostro.

L'abbraccio di Paul è avvolgente, ha le braccia lunghe e riesce sempre a raccogliere le spalle di lei in un cerchio perfetto. Il giorno dopo Claire confida alla madre il suo segreto, come se avesse rubato la marmellata dalla dispensa. La madre chiede se sta bene, se papà lo sa, se Paul lo sa, se il medico dice che è tutto a posto, se ha già prenotato la visita, se vuole che l'accompagni, se ha fame. Convincendo Claire che, forse, più che un mostro è semplicemente una donna che non desidera avere un figlio.

mercoledì 7 maggio 2014

The beat goes on | Part II

Ciao lettori

Quando si dice 'la notte porta consiglio', in realtà s'intende 'porta ispirazione'. Stanotte non dormiamo e scriviamo di aneddoti leggeri. Siamo felici da fare schifo, e sorridiamo a tutti come nelle foto dell'asilo.

Enjoy good vibes e amicizia.


Bobby ha conosciuto una ragazza due giorni fa. Bobby è il mio migliore amico, mi ha insegnato a scrivere il mio nome prima che andassi a scuola, perché lui già conosceva l'alfabeto. Grazie a lui, quindi, pensavo di essere nel giusto quando sillabavo M A D E L E I N orgogliosamente il primo giorno di elementari. Il primo epic fail in una classe di sconosciuti poppanti lo devo a lui, e all'incredibile influenza che esercita su di me.
Ci raccontiamo molto di quello che ci accade, ascoltandoci attentamente, ma interrompendo continuamente il filo dei nostri discorsi, perché crediamo che le connessioni aperte non vadano chiuse immediatamente in nome della logica di un discorso. Dico 'Cazzo mi ha fatto arrabbiare talmente tanto ieri che l'ho silenziato su whatsapp per un giorno intero pur di non sentirlo!', e Bob commenta 'Ma whatsapp ha cambiato nuovamente interfaccia!!! Non gli sto dietro...'; io rispondo 'Che poi, dimmi se non ho ragione eh, puoi smaronarmi perché  mi senti distante per qualche giorno e poi non ricordarti mai mai mai di fare quello che ti chiedo, tipo aggiustare una cazzo di porta!? Puoi essere così infantile!? Puoi!?', e Bobby chiosa 'Ma vi si è rotta ancora la porta!? Vengo io ad aggiustartela domani, tranquilla'.
Di solito non arriviamo mai da nessuna parte quindi, eccezione fatta per la porta della cucina che finalmente si chiude.

Siamo due abbastanza tranquilli, a cui piacciono sostanzialmente le stesse cose: le cene rilassate, la musica alta in macchina, il profumo della cucina di Bob quando mi invita da lui e brindiamo alla giornata conclusa, il blu del mare di casa mia a giugno quando ci siamo solo noi due a spalmarci la crema.
Non ci amiamo, non come una coppia, perché manca, reciprocamente, attrazione fisica, bollore in vena, arrapamento, voglia di sesso tenero e/o selvaggio, imbarazzo di qualsiasi sorta. Forse, attorno ai sedici anni, un pensierino ce l'ho fatto, ma ero piena di comedoni in viso e non l'ho mai visto guardarmi come, invece, guardava una certa Lisa, o Anna, o Betta. Se le mangiava con gli occhi, affinando il metodo conquista dopo conquista. Alle ragazze piaceva, anzi direi piace tuttora, perché è uno che se la gioca bene: ti punta, ti mira, sposta il fucile appena prima di centrarti in fronte, ti sfiora al primo colpo, per darti l'impressione di non provarci con troppa convinzione, si lascia avvicinare, ti frega. Si innamora anche, e questo non lo dico perché sia la sua migliore amica: gli piacciono le donne, il loro sapore morbido e spigoloso, il modo in cui si toccano i capelli e gli sorridono, e non ha ancora trovato la sua musa.

Questo fino a due giorni fa, quando mi ha confidato di avere incontrato una tizia, al bancone del bar sotto casa. Una nuova, dice, forse appena trasferita, che stava parlando al cellulare quando lui è entrato e salutato i ragazzi e le ragazze in sala. Si è presentato alla sconosciuta, fingendo di sederle per caso vicino, e per caso toccarla dentro, e per caso chiederle 'pardon, non ti avevo vista', e per caso sorriderle con quella smorfia da Bingo! che ogni tanto fa anche con me (per tenersi in esercizio, dice). Sta di fatto che la tipa è una simpatica, oltre che molto bella, che hanno parlato due ore, che non si è fatta pagare da bere, ma che gli ha lasciato il numero 'Chiamami se ti va, ok?'. Gli piace, ne stiamo discutendo da mezz'ora in chat, e io avrei pure un po' di sonno arretrato da recuperare; ma Bobby non mi molla. Alla fine l'ho chiamato su skype, perché stavo scrivendo in rumeno ormai. Non capisco cosa abbia questa ragazza da mandarmelo in sbattimento.

Scusa ma perché non la chiami? Ti ha dato il numero, è andata via liscia, non ha fatto la gatta muerta...
E cosa le dico?
Ma sei scemo!? Ciao sono io, quello del bar, usciamo, ti va? Dovrebbe bastare.
Non è il tipo.
Il tipo di cosa? Il tipo di che?
Da uscire così, su due piedi.
Ma cosa stai dicendo!? Guarda che se ti lascia il cellulare è perché vuole essere chiamata.
Si, ma...
Ooooh! Ok, cosa c'è che mi sfugge alle 4 di notte?
Mi imbarazza. Mi mette a disagio. Non ha funzionato il sorriso, sai quello che...
Sì sì, vai avanti, so come sorridi.
... non ha mai ammiccato, non è mai stata minimamente maliziosa, non mi ha mai toccato mentre parlavamo.
Hai letto troppi Cosmopolitan al cesso Bob.
Ma no, fidati. Non credo abbia capito che la stavo rimorchiando, più probabilmente avrà pensato sia stato uno gentile nel vederla sola. 
EH!?!?!? Oddio ma questa ti piace per davvero! Cioè la ragazza ti ha mandato in cortocircuito. Che amore!
Piantala di dire cazzate, sono serio.
Anche io! Adesso però devi chiamarla, e balbettarle qualcosa di molto stupido che ti farà sentire un idiota, e sudare le mani, e tremare la voce.
Non mi trema mai la voce.
Scommetto che Cosa Qui te la farà tremare ehehe. Comunque, di cosa stiamo parlando Bob? Del nulla cosmico che si espande in altrettanto nulla cosmico. Ci hai parlato per due ore, stop. Non è successo nulla, e al massimo, se è come dici tu, se è una pura di cuore che ti ha trovato molto cortese ed educato, allora sarà gentile quanto lo sei stato tu nel declinare l'uscita. Non vedo complicazioni, a meno che...
...
A meno che tu ci voglia uscire davvero molto, molto, ma molto. Quanti 'molto' vuoi conoscerla, da uno a dieci?
Dieci. E non chiedermi perché, visto che sto frequentando la tizia del mare senza alcun problema.
Ah già vero, c'è ancora la ragazzina del mare. Che bellina, lei mi piace cazzo, non ci avevo pensato. E' molto sexy con quegli occhi da cucciolo di foca e la boccuccia di rosa appena colta. E poi ha due tette! Sai che non smettevo di fissargliele!? Ahahah!
Ahahah! Cazzo vero! Mi deve aver chiesto se fossi lesbica!
Che gli hai detto?
Sì, sei lesbica per lei. Le ho detto che stai attraversando una fase difficile, in cui stai esplorando la tua sessualità, ma che fondamentalmente ti piacciono le donne.
Che stronzo bastardo, se ha un fratello arrapante la metà di quanto lo è lei ti ammazzo.
Ahahah! 
Ahahah!
....
Quindi che famo? La chiamiamo?
Chi?
Ciao cicciopasticcio, è stato bello.
Sì, la chiamo. Ci sto già ricamando troppo sopra. Ma mi ha spiazzato.
Eh... E' bello sentirtelo dire, mi si stringe il cuore sotto il pigiama cazzo. Sono emozionata.
Ora non esagerare.
Ok, allora domani fammi sapere come va.
Ok, notte Madelein.
Notte Bob.

Si sono sentiti. La tizia, ovviamente, aveva capito cosa stesse accadendo al bancone due sere prima, e Bob si è rilassato quando ha notato che il suo sorriso, alla fine, aveva fatto centro. And the beat goes on.

lunedì 5 maggio 2014

The beat goes on sempre e x sempre

Ciao lettori

Maggio ci catapulta lontano.

Enjoy the movie once the tale is over The 25th Hour (spoiling ending scene), by Spike Lee


L'ho portata in un altro continente, perché desiderava conoscere altri bambini. Mia madre ha suggerito di iscriverla in piscina, ma Vivienne le ha sorriso a denti stretti, sgranando gli occhioni, fingendo come ha imparato a fare per non ferire la nonna e i suoi velati consigli. 'Voglio giocare con i bambini di Harlem, mami, non mi frega niente di stare a galla in una pozza di cloro dietro casa'. Ho interpretato così la sua espressione, e siamo partite, lasciando un messaggio in segreteria a mia madre: "Niente piscina per il momento, ti chiamo appena atterriamo. Baci!'.

Il tassista non smetteva di guardare la mia bambina. 'E' sempre così?' - 'No no no... Sa stare seduta sul sedile solitamente, ma è un po' eccitata dal panorama. Le sta dando fastidio?' - 'Assolutamente no, Mad'me. E poi mi sta pulendo tutti i finestrini dell'auto col nasino! Ahahah! La lasci fare'.

Vivienne non ha dormito mai, e, quando scrivo mai, intendo il completo lasso di tempo: 24/7 sveglia, emozionata, commossa, pensierosa, curiosa e silenziosa. Canticchiava ogni tanto, del resto c'era musica ovunque: il ritmo delle auto della polizia, con le loro sirene come nei film di Spike Lee, i martelli pneumatici dei lavori tra la 5th e Madison Av, gli ipod dei nostri vicini in metropolitana salendo verso Harlem, le cornamuse appena fuori da Grand Central Station. La mia bambina muoveva il collo appena, cogliendo i battiti infiniti della città.

Abbiamo assaggiato ogni cibo e bevanda avessimo occasione di comprare: una cheesacake dalla consistenza marmorea e burrosa, che avrebbe sfamato l'elefantino che Vivienne mi ha chiesto di adottare per Natale. Poi carne rossa morbidissima e veggies, smoothies energetici ai martilli, gamberetti giganti - quasi parlanti al Chelsea Market, uova cremose dentro un bagel dorato, patate come se piovessero, petto di pollo in salsa di limone e vino, pudding caramellato al cognac, cappuccini in cartoni coi nostri nomi scritti sopra. Sorridevamo l'una all'altra, strizzandoci l'occhio ogni volta ci sentivamo dire 'Ooooh Ittttalia! Scusa, grazzzzie, wonderful!!!!!!!!!'. E così Viv ha scoperto che al mondo esiste gente più entusiasta di lei.

A Coney Island, prima di toccare l'oceano freddissimo e passeggiare verso Little Odessa e i suoi russi, abbiamo morso il nostro primo hot dog con mostarda; mentre ai piedi di Wall Street ci siamo concesse la schifezza assoluta, un pretzel ripieno di cheddar arancione fluo, che avrebbe potuto risplendere nella notte. Dopo un bicchierone di Real American Coke abbiamo rischiato il coma da zuccheri; ma i nostri stomaci si abituano presto a tutto, e nessuno è stato male.

Abbiamo imparato a fermare i taxi per strada: intimidite la prima volta, disinvolte le restanti, alzavamo le braccia al cielo, infilandoci dentro al primo che ci caricava e, per lo meno io, pregando in silenzio affinché usasse il freno almeno agli incroci.
Camminando per Hell's Kitchen siamo salite sulla High Line: vecchie rotaie che accarezzano i tetti di Chelsea fino al Meatpacking District, dove pure Renzo Piano ha uno studio.
Siamo rimaste sbalordite dai cinesi di Chinatown: 'Mamma, scusa, ma quanti sono!?'.

Avevamo sempre un motivo in testa, e abbiamo canticchiato per strada, camminando stanche, lamentandoci a vicenda. 'Mamma mi fanno male i piedi' - 'Anche a me, è genetico. Facciamo una corsa per non pensarci troppo mh!?'. Viv non esitava, e si lanciava braccia aperte e muffin stretto in mano per le strade di Brooklyn Heights, il quartiere benestante al di là dell'East River dove ci piacerebbe tanto vivere un giorno, quando saremo ricche e avremo il cane da pisciare.

Ci siamo perse al Met, commuovendoci davanti al servizio di insalatiere in vera e originale e sola porcellana di Sevres. Uno spettacolo, ci siamo dette: se piangiamo per due piatti dipinti di rosa, azzurro e verde acqua, siamo delle anime sensibilissime. Abbiamo fotografato i quadri di Matisse, per farli vedere a nonno una volta tornate, immaginando come si sarebbe divertito al MoMa. A lui dobbiamo l'amore per i colori, le sfumature, il senso delle linee e delle proporzioni che l'arte insegna alla vita di tutti i giorni.

Viv ha conosciuto una barcata di bambini, dopotutto era il motivo per cui siamo partite. Ho l'impressione le siano piaciuti più o meno tutti: hanno caschetti a forma di anguria per andare sui pattini, skateboard e biciclette, e sembrano vestirsi a caso, esattamente come lei.

Abbiamo una miriade di foto bruttissime e fuori fuoco che stiamo riordinando, per non dimenticare la sensazione travolgente avuta la prima sera, quando il tassista cortese ci ha lasciate sulla Lexington. Voltandoci per raccogliere i bagagli abbiamo visto quanto siamo piccole ai piedi del più bel grattacielo della città e ai suoi gargoyle in acciaio. Vivienne ha fatto ROAR, e lì ho capito che dovrò lavorare tantissimo e risparmiare altrettanto per permetterle di frequentare il college qui, o pagarle il viaggio di sola andata e lasciarle fare la cameriera in un locale dell'East Village, in cerca della sua storia.