Ehi ...ehi ciao! Quanto tempo...
Grace alza la testa,le mani fruganti nella borsa. Cercare le chiavi della macchina diventa un'impresa dopo la seconda birra per lei. E il chiaro del lampione non l'aiuta. Però Grace è sveglia, cioè una tipa davvero molto sveglia, e la voce che l'ha appena salutata la riconosce. Due mesi che non la sente, ma la riconosce.
Marco? Marco!? Marco! Madonna mia, ciao! Cristo sì, un casino di tempo davvero.
Come stai? Che fai?
Sto cercando le chiavi della macchina da tipo un quarto d'ora, ma sto bene. Nonostante sia possibile le abbia perse, le chiavi dico...
Ahahaha. Sei sempre una mina cazzo...
Immagino sia un complimento.
Immagini giusto...
Imbarazzo cosmico. Come quando un collega va al bagno dopo di voi, e voi siete costipati. Come alle casse fai da te al supermercato, e il codice a barre dello yogurt non si legge, e dietro di voi una fila che neppure l'A1 direzione sud in agosto.
Sei sparita.
Io? Ahahaha, sei simpatico ammazza.
Ma sei sparita sul serio...
Grace pensa. Rotelline in moto, ingranaggi lenti, flashback. Allora: ci conosciamo a casa di Monica. Ci sentiamo. Ci vediamo. Usciamo. Facciamo roba una, due, tre e (se ricordo bene) anche quattro volte. Lo chiamo. L'utente non è raggiungibile. Gli mando sms. L'utente non sa leggere. Faccio le fusa. L'utente non coglie. Divento esplicita. L'utente, evidentemente, non gradisce. La pianto, incasso il colpicino, vivo due mesi senza vederlo. Fino a questo venerdì sera, ore 00.25, parcheggio del locale in cui ho riso come una pazza con una vecchia amica.
Marco, ricordi male mi sa. Sei tu che sei sparito. Puf! Adios amgos! Dasvidanje!
Ma volevo chiamarti, volevo sentirti, volevo...
Ma non l'hai fatto.
E' complicato.
Gnaaaaaaaaa, ti prego no. Non spiegarmi, non dirmi, non raccontarmi. E' ok, è tutto ok. Non pensavo di presentarti a papà, non ho immaginato un figlio con i tuoi (bellissimi, cazzo) occhi.
Stavo con una, è per questo che sarebbe stato complicato vederti. Cioè rivederti.
Davvero, ascolta. Non mi interessa. Sei un gran figo. Ho bellissimi ricordi. E penso di avere un tuo maglioncino da qualche parte. Ma come oratore fai cacare. Sei imbarazzante. Non voglio sapere perché non mi hai risposto; perché è talmente evidente il motivo per cui non l'hai fatto, che sentirselo dire - credimi , sarebbe un'umiliazione grossa come il 3--- che presi in chimica in terza liceo.
E se adesso invece ci vedessimo? Quando vuoi, se ti va, un caffè, una pizza...
Grace, sveglia come una volpe il giorno della battuta di caccia, scuote la testolina sudaticcia. Non può fare così caldo, non è umano. Non è sopportabile, non all'una di notte, non con davanti uno che mi ha scagata per una fidanzatina che ora non ha più e che finge di non avermi gentilmente accompagnata alla porta dopo le tre (o quattro? Bah!) volte che è salito in casa. 'Grazie, e arrivederci signorina. I miei ossequi alla famiglia!'.
Marco, non per fare la stracciacazzi, ma questa conversazione non ha senso. Ti sei dato alla macchia sessanta giorni orsono, evitandomi come la guardia di finanza. Ci incrociamo per caso nella sera più calda dell'estate, puniti entrambi da Dio con 30 gradi e l'88% di umidità nell'aria, e arrotoli il nastro chiedendomi se mi va di bermi un caffè? WHY?
Marco la guarda. Ha esattamente gli stessi occhi che aveva la prima volta che l'ha guardata; gli stessi zigomi, le stesse mani, le stesse ginoccia. Nulla è cambiato da allora, quando 'ciao, sono Marco, tu?' finì in 'ehm sali da me dai'. Grace, invece, era sfattissima: sudata, struccata ormai, avrebbe giurato persino un po' puzzolente. E sì, lo guardava anche lei. E sì, avrebbe voluto anche lei.
Ho capito va... lascio perdere. Scusa se sono sparito comunque.
Coda tra le gambe, orecchie basse, tono lasgnoso. Nooo. Non ci credo. Nooo. Il carnefice è diventato vittima.
Eheheeh, no aspetta un attimo bello. Adesso non fare il Bambi bastonato dai bracconieri. Non provarci...
Grace, ho capito. Non insisto, e capisco che non sia esattamente la condizione ideale per, ecco, riprendere il filo. Nessun problema, prendo il due di picche.
Stato confusionale per Grace. Marco Coso, quel grand figlio di, rivolta l'omelette.
Ohi aspetta! No, senti, non ci siamo capiti credo. Non sono io a smollarti qui. Non sono io a fare la figa di legno. Non sono io a strapparmela. IO avrei voluto, tu no. Non fare il cagnolino bagnato sotto la pioggia adesso, non farmi passare per la zitella acida che non te la dà. Non farlo eh...
Marco, il tipo che l'aveva fatta ridere con l'imitazione di Jerry Lewis dopo averla trascinata nella sua tana, che l'aveva baciata fuori dal portone come si farebbe con le brave ragazze dopo averle accompagnate al cinema, e che aveva criticato il suo senso estetico per i pigiami ('Grace questa cosa non è un pigiama..'), aveva ripreso a guardarla.
Grace, ti va di uscire? Risposta secca please.
Sì. Mi andava di uscire cazzo.
Adesso, Grace. Adesso, ti andrebbe di uscire? Sì o no, facile.
Marco...
Grace, per favore. Rispondi.
Allora no. Non mi va. Non mi va di ammiccarti, di sorriderti, di compiacerti. Non mi va neppure di scopare, fa troppo caldo anche per quello. E non mi va di fare refresh. E, anche se sei un amabile figlio di buona donna, non mi va di giocare al gatto e al topo. Mi andrebbe invece un ventilatore, un ventaglio, una granita, un lago di montagna, un torrente, un temporale. Mi andrebbe una cosa normale, uno normale, ad una temperatura normale. Ciao adesso, è tardi e se non mi butto a letto svengo qui.
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