Liberamente ispirato ad un album fotografico di un amico, che non tutti potete vedere.
Ma il bello sta nel farvi immaginare quello che io ho la fortuna di avere sbirciato.
Ogni paragrafo si collega ad una foto, giusto per farvi capire.
La roccia e la pozza. Che poi non credo sia una pozza, ma dalla (prima) foto dell’album non si capisce bene. E troppo lontano, quello che al mio occhio inesperto potrebbe anche essere un lago artificiale. O, appunto, una pozza.
Poi il mare. Versione ‘torna a Surriento’ made in Yemen. Con tanta (ma tanta) roccia, alberi dal tronco a patata (sono una naturalista, traspare dal lessico pertinente e per nulla approssimativo). Ma soprattutto il mare. Lo puoi sentire già, perché vedi la striscia bianca delle ultime onde sulla spiaggia. Forse è semplice suggestione però, perché in questa foto (la seconda), siamo troppo lontani dalla costa.
La pozza! Avevo ragione! Dall'alto vedo la lingua di roccia che scivola nella pozza, e lì si ferma. Non capisco come sia possibile, ma l’acqua nella pozza (che ho sempre immaginato essere marrone / grigio pozza) è verde. Incredibile. Sarà che la disegnano così. Potenza del fotoritocco. No, il viaggiatore in questione non mente. Deve essere quindi non inquinata, l’acqua che si è raccolta qui. Distillata dalla roccia. Elementi complementari. Io risplendo verde, tu trattieni le schifezze, concorda ogni giorno l’acqua con la roccia.
Taglio diagonale. La linea irregolare della parete rocciosa, la linea retta della montagna di sabbia. Da sinistra verso destra, dal basso verso l’alto. La foto (la quarta) ha tre colori – azzurro cielo, grigio parete, bianco sabbia. Percepisco che ‘blue is the new black’ è una grandissima puttanata, e decido le tre sfumature della stagione in arrivo.
Salto la quinta foto, che mi ricorda una delle tante location di Lost, e passo alla sesta. La portiera aperta della jeep significa ‘sosta, I need a toilette’. Ma dove fareste pipì voi? Sulla montagna (sacra) di sabbia, tra gli arbusti secchi, sulla rotta tracciata? Magari nella foto dopo vediamo dove l’hanno fatta loro.
Mh. L’albero dal fusto che sembra un tubero. Ma cos’è mai, mi chiedo? Prendo in considerazione l’effetto pipì, ma rido delle stupidate che penso.
Salto nuovamente le due foto successive. Alberi. Non li riconosco, mi sento un’ignorante. Meglio le tende in spiaggia (foto dieci, se non ho perso il conto). La spiaggia è fatta di sabbia, la stessa della montagna per intenderci. Tra le dita dei piedi, finissima, deve essere stato un piacere. I viaggiatori montano, smontano, si preparano, riposano. Chissà. Impressionante il silenzio comunque, che ci permette di sentire il mare. Credo sia l’Oceano. Scrosch.
Il crostaceo non lo commento. Non ce la faccio.
Mi sono accorta che le foto sono troppe. E commentarle tutte non posso. Sarebbe troppo facile dire quanto è fico quello che salta braccia aperte sospeso sulla sabbia, e allora non lo dico.
Con il nullaosta del viaggiatore, però, vi posto la foto che più mi piace. Ve la descrivo velocemente. Eccellenza cromatica e bidimensionalità. Azzurro. Blu. Bianco. Potreste invertire i colori degli elementi (nell’ordine cielo, striscia sottilissima di mare, terra), e vedere cosa accade. Forse sono Andy Warhol e non lo so. Oppure è la sensazione che provate tutti. La perfezione esiste, io l’ho vista, devo solo farmene una ragione ora.
Grazie al biondo, poiché ne vale sempre la pena.
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