lunedì 30 dicembre 2019

Parlami di te.

Ciao lettori,
c'è ancora qualcuno in ascolto?
Saltando i preamboli: è uscita una nuova storia.
Non avevo intenzione di parlare di me, ma poi è di me che racconto. 
Così son venuta al mondo, così lo attraverserò.
Buona lettura, my deers.


Un quartiere nuovo, diventato il mio da poco più di un anno. Mi manca la parte di città in cui ho vissuto gli ultimi anni e compiuto i miei primi 30, ma è una mancanza di poco peso: è durata il tempo di pronunciare una vocale ed è stata subito colmata dalle novità, dalle cose accadute negli ultimi dodici mesi, che, alternandosi sul calendario, si sono sovrapposte. 

Mancanze riempite dagli imprevisti, come le carte del Monopoli, senza macchinine di legno, ma tanti autobus Atm e metropolitane piene di gente sconosciuta, eppure somigliante. Avevano i miei stessi sguardi vaporosi e leggeri di alcune mattine, conseguenza di altrettanti notti magiche, estive, come il Mondiale del 90. Focolai di piacere, riscaldati dal caldo afoso di fine luglio.

Mancanze rassicurate da improvvise tristezze; profonde, difficili da impacchettare in una zona franca, lontano dai tiratori scelti. Sono buchi neri in cui la luce viaggia lenta, tapparelle abbassate, lenzuola sopra la testa e occhi chiusi di prepotenza. Sanno comporsi velocemente, e marciano marciano marciano marciano marciano marciano. Raggiungono orizzonti che non vedo, e infine mi abbandonano: da queste mi lascio attraversare, perché grazie a loro sposto l'asta ogni volta più a fondo.

Mancanze innocue, docili da calmare, fatte di nostalgie e ricordi d'infanzia: le più facili da disinnescare. Frequentare il mio passato di bambina non mi appassiona più, anzi. Tutto ciò che è alle spalle è stato, è scritto, è accaduto, e non può avere, per sua stessa natura, l'elettricità del dubbio, del progresso, dell'andare incerto.

Convivo con queste mancanze: apro scatole cinesi, si dice così. 
La mente umana, più del cuore, mi accomuna, avvicina, stringe agli altri esseri umani, costringendomi a osservarli da molto vicino alcune volte. E il mio sguardo trova irresistibili i dettagli: qualcosa che non colgo al primo incontro disattento. Può essere il solco di un sorriso, la cantilena di una voce, il movimento delle mani nell'aria, il silenzio parlante.

Non crediate sia facile. Ci vuole la pazienza che non posseggo, di cui non sono stata dotata all'ingresso, per cui non sono portata. Cosa aspettiamo? Abbiamo tempo per farlo? E se fosse un'attesa vana? Come perdonarsi, per tutto questo tempo in fila, in sala d'aspetto, senza neppure il numerino che mi indichi il mio turno? Dottore, è disumana questa attesa. Non trova anche lei?

Il dottore, di contro, non ama la fretta, le conclusioni fantasiose o le scorciatoie - neppure in montagna con la bufera minacciosa alle calcagna.
A questo punto, arrivata fino a qui, rallento avanzando nella terra che non conosco: la fatica ha fortificato il mio ragionamento.

Percorrendo questo cammino sono tornata ad amarmi molto, ma davvero tanto. Ci scusiamo per le interruzioni, riprendiamo la linea dallo studio.

* * *

Cosa mi rimane, quindi, in questo nuovo anno in arrivo? Sembra tutto già compreso: ho un bagaglio di panni sporchi da lavare e una grande grana che mi punta da lassù, in bilico, pronta a rotolare a valle, trascinando con sé ogni insignificante pensiero passeggero.
Se non troverò spazio per i buoni propositi, saranno i desideri a cui vorrei far posto, tra i calzini e le magliette sgualcite ma comode.