lunedì 30 maggio 2011

Big girls don't cry

Una storia di fine primavera anomala. Per il caldo e gli acquazzoni estivi a Milano.

Ciao tu, sei nuova? Dov'è la tua mamma? Sei venuta sola? Ma ti ha lasciato l'autorizzazione firmata... ce l'hai eh?

La guerriera è infastidita al 'ciao tu'. Sospira, socchiude l'occhio blu mare, deglutisce, morde il labbro inferiore, muove il nasino su e giù, fa il palloncino con la Big Babol. E' stata eletta, ha vinto democraticamente, sarà avanti a tutti, dovrà spiegare e portare pazienza.

No, non sono nuova. Sono della seconda D, come Domodossola. E sono qui da sempre, da quando non mi cacava nessuno per darle un'idea più precisa. Poi il tanfo si è alzato, un giorno di non ricordo quale anno, e io avevo con me mollette per tapparsi il naso. Non sono particolarmente dotata, non sono trasandata apposta, non sono una gatta morta. Mi hanno scelta loro, credendo sia facile ora. Sbagliano, ma non glielo dirò. Adesso saranno cazzi. Lacrime e sudore, ciccia. Messico e nuvole, la faccia triste della rivoluzione. Dovrò fargli capire che non organizzerò concerti gratis ogni fine mese, e che qualcuno dovrò farlo incazzare. Lascio che festeggino, perché sudati mi piacciono di più. Da domani tutti a novanta. La tera l'è basa (la terra è bassa) dicono in mezzo alla piana. Avrei evitato di farmi il mazzo, ma qui intorno ci sono troppi agnelli da fare crescere, e i lupi non li ho ancora scovati tutti.

Pausa di silenzio, sorriso aperto, brufolo adolescenziale alla luce del sole.

Essere così consapevole è una tortura. Ha reso la mia vita sempre più complicata, non sono mai stata capace di non capire prima, intuire, cogliere. Non sono intelligente, ma emotivamente sviluppata. L'insignificante qualità congenita è diventata lo scudo dietro il quale ora tutti si riparano. Il sole picchia porca boia, e capisco che i più vogliano riposarsi. Dovrò lasciarli cadere invece, levare il riparo, spingerli a camminare. Ripeto, faremo molta fatica e solo essere amorevoli ci renderà migliori dei nostri padri. Amo tutti, ma torturo senza sforzo all'occorrenza. Non perdono, non sorrido alle telecamere, ma accarezzo sempre i cagnolini a bordo strada. Scodinzolare è un segno di empatia, non crede?

domenica 22 maggio 2011

Clara's Letter

Presa da delirio di onnipotenza, sopravvaluto di certo le mie capacità da giovane Salinger in minigonna.
Un po' come fece lui, Clint 'Fucking' Eastwood (cit. da uno status di un amico mai dimenticato. Genio!), girando 'Flags of Our Fathers' prima e 'Letters from Iwo Jima' poi, in questo post sono Clara, moglie di Alberto:uomo, marito, padre di queste storie 
SE FOSSI UN UOMO (PARTE PRIMA)
SE FOSSI UN UOMO (PARTE SECONDA)

Se credete stia esagerando, fermatemi prima della trasformazione dell'acqua in vino.


Alberto,
ti chiedevo ieri a che ora saresti uscito per andare a prendere quelle cose (non so quali, ma delle cose) che avevi dimenticato a casa di tuo fratello qualche giorno prima. Mentre te lo chiedevo, mi sono sentita male. Più del solito. Lo stomaco chiuso, il senso di nausea, il fiato corto. Le mani sudate, il formicolio improvviso, la voce spezzata. Avrei voluto piangere, davanti a te, in pantofole. E poi ridere, perché quella scena era troppo ridicola anche per una come me. Invece non ho né pianto, né riso. Ho immaginato una vita fatta di cose che non fossero solo tue, ma soprattutto mie. E non ho visto nulla.

Sono infelice Alberto, lo sono da tanto. E tu fingi di non vederlo. E io non sopporto la messa in scena.

Continui ad amarmi come quando alzavo la mano durante le lezioni di Estetica e mi fissavi il seno sotto la maglietta. Con gli stessi occhi mi chiedi di starti vicino, con le stesse mani mi abbracci durante le feste comandate, e con le stesse parole mi fai ridere fino al soffocamento.

Ebbene: le lezioni di Estetica sono lontane, i tuoi occhi vedono quello che immaginano, le tue mani mi spingono con amore, ma non aspettano. E le tue parole sono sempre uguali. Credi di capirmi solo perché accenno un sorriso, ma una fossetta, per quanto carina, rimane muta.

La mia fragilità ha finalmente il sopravvento.
Mollo il colpo, lascio la presa, rilasso la mandibola, abbandono il campo da gioco.
Peccato sia tu a pagarne il prezzo più alto.

sabato 21 maggio 2011

Se fossi un uomo ... (parte seconda)

Torniamo ad una storia passata.
Se fossi un Uomo, un Marito, un Padre
Che ho molto a cuore, e che maneggio con cura. 
E' faticoso scriverla, sebbene immaginarla sia stato molto semplice. 
Scrivo, leggo, cancello, riscrivo. Una, due, tre volte.
Come tutte le storie, leggetela con amore. 


Dopo Lidia, arrivarono Giulia, Elena e Maddalena.
Lidia, la maggiore, testarda e cocciuta. Anni 27, lavoro precario. Fidanzato “c’è, non c’è”. Voleva fare l’avvocato. Quindi Legge. Praticantato. Esame di Stato. Poi cambio di rotta forzato:  abbandona il prestigioso studio, aspetta un figlio. E’ di Giacomo, solo che Giacomo non lo vuole. Lidia si procura l’ennesima cicatrice, Giacomo puf! sparisce, Lidia torna a stare con me e Clara, e diventa mamma.
Giulia, la seconda, anni 24. Operaia in fabbrica dall’età di 19, appena finito il liceo. Il tempo di un’estate in Grecia con i compagni di classe, poi turnista per 8 ore al giorno. Per scelta sua, che si annoiava sui libri, che andava al cinema per pomiciare con il suo amore di sempre, Marco, e che sorrideva come Clara: gengive in mostra, fossetta sinistra pronunciata, occhi strizzati. Amava Marco, e questo le bastava. E questo bastava anche a noi. La nostra seconda figlia, quieta e gentile, romantica e sognatrice, sapeva quello che voleva, trovava sempre le parole per comunicarlo, convinceva con la pacatezza del suo sorriso.
Elena, la terza, 23 anni di pura stronzaggine. Sembrava una zingara, una gitana. Per Laura, la nonna paterna, non era neppure figlia mia. Clara non si scomponeva:” Oh Signora Laura, ma come. Non vede, è uguale a lei. Bella come lei, con lo stesso carattere. Certo che è figlia di suo figlio”. Capelli sciolti e lunghi, scuri come la terra bagnata dopo il temporale, ma soprattutto occhi languidi. Sempre e comunque, anche con il postino al mattino, diceva nonna.
Maddalena, 15 anni. L’ultima, non cercata, arrivata nello stupore generale. 
Sono incinta. 
Tu cosa?
Sì, come le tre volte prima. Hai presente, ricordi? E sinceramente non so se io ... 
Non sai cosa scusa? 
Se lo voglio, adesso, così, di nuovo, ancora. 
Stai scherzando? 
No che non scherzo. 
E se fosse un maschio stavolta, eh!? Non sei curiosa di vedere se finalmente ci riesce l’erede al trono? 
Dai scemo… 
No, dai tu. Cosa c’è? Cosa non va? 
Ma Alberto! Ma cazzo sono passati quasi dieci anni dagli ultimi pannolini, e se ci penso sono ancora stanca. Finalmente siamo noi due, finalmente le ragazze sono grandi, finalmente… 
Finalmente avremo un figlio. 
Non hai ascoltato una parola di quello che ho detto.

In aprile nasce Maddalena. Non un erede al trono, non un moschettiere, non uno Zorro. Ma per me è uguale, la cullo di notte, la cresco come le altre. E Clara si ammala, da subito. 
Quella bambina, per lei, è un peso. Non la voleva, non la vuole, non la vorrà. Tiene duro però, la accompagna a danza, la porta in piscina, le ricama il nome sulla biancheria da campeggio, le corregge i compiti.
E' fatta di roccia la mia sposina: moglie e madre, master and commander. Regge. Resiste. 
L'avevo scelta per questa sua inspiegabile qualità: più duratura della bellezza, più affascinante dell’intelligenza, più travolgente dell’ironia. Mi convinco che non ci sono figlie che Clara non possa sgridare, pulire, sistemare, abbracciare.
Lascio che Maddalena la sfinisca, le tolga il sorriso, le rubi le parole. La piccola diventa grande, Clara diventa cattiva. Discutiamo, la faccio piangere, mi fa imbestialire. Una , nessuna, cento sere. A ripetizione.
E così, scelgo di non curarmene. Lavoro sodo, rido altrettanto, non lascio spazio al dolore di mia moglie. Che mi guarda, non mi perdona, e progetta la fuga. 

Clara se n'è andata una mattina che non saprei dirvi se più o meno calda delle altre. Non ricordo come fosse vestita, non so neppure se avessimo litigato la sera prima. Non ho notato segnali, non ho capito un cazzo. Mi è scivolata tra le mani, mentre guardavo la televisione, guidavo verso casa, leggevo il quotidiano. Continuo ad amarla molto, pur non capendo il perché.

mercoledì 18 maggio 2011

Fonzie

Si si si. Tutto bene, il tempo bene, il lavoro bene, la casa bene, la salute bene. Dimmi la verità, non ti annoi anche tu? Non mentire eh, lo so che siamo una palle spaziale, megagalattica, ipercosmica. Oh io mi annoio, io sono giovane, io ho il sangue pulsante. E io non ho tutta la vita davanti. Solo un pezzo. E il meglio, tesoro, sta per passare. Adesso rido senza pensieri perché la percentuale di idiozia giovanile ancora ha il sopravvento. Ma tra poco lo so, sarò peggio di mia madre: metti a posto, hai stirato, dividi i colori, scusa ma la polvere ti dovrebbe pagare l’affitto.

Voglio mangiare sdraiata sull’erba, puzzare di estate, macchiarmi i jeans di verde, e abbaiare a un pastore tedesco (il mio, nome ‘Cane’) che ci gira attorno e punta in nostri panini con la bologna. Voglio bere vino rosso di pessima qualità e dire che ho mal di testa. Voglio che tu mi faccia passare il mal di testa, lì, sul prato/ in estate/ con Cane che si finisce la bologna.

Nessuna borsa firmata, nessun anello, nessun sandalo pregiato. Nessuna lampada abbronzante, nessun centro benessere per San Valentino. Guarda, lasciamo perdere persino le cene a lume di candela. Ingurgitiamo chili di carnazza al buio e siamo felici uguale.

Evitiamo anche i viaggi costosi. Mettiamo un filmino dei tuoi negli anni Ottanta, dove sfrecci in triciclo attorno alla Renault4 di tuo nonno, e fingiamo di essere addirittura in un’altra epoca. Movimento spazio/ temporale a costo zero. Se vuoi io canto Mick Jagger e tu fai le linguacce. O viceversa. Tutto quello che vuoi, ma ti prego mettiamo fine allo scambio edulcorato di convenevoli. Rita Levi Montalcini tifa per noi, e temporeggiare a oltranza non sarebbe corretto. Il 22 aprile scorso ha spento 102 candeline. E i casi sono due. O è un highlander, a non ci sono problemi. O le darai un enorme dolore se non le regali almeno il gol entro i primi 45 minuti.

Dai cazzo.

colonna sonora suggerita:
http://www.youtube.com/watch?v=Kpa9LtunUcg&feature=share (grazie a blondie non più blondie, ma sempre di grande ispirazione)

domenica 15 maggio 2011

And People Say Our Babies Are Walking This Town (cit.)

Siamo forti. E ce la possiamo fare. E lo faremo insieme.

Saremo cattivi coi cattivi, animati dal medesimo sdegno verso i codardi ingentiliti dal marketing. 
Amorevoli con gli umili. Coraggiosi contro. Amanti instancabili. Soldati dalle spalle larghe, in fila per il rancio, pazienti dopo la battaglia. Masticheremo tabacco, fumando col nemico conquistato ma non umiliato. 

Il nostro inizio sarà fragoroso. E sarai sbalordita. E sarò colpito a morte. E ti avvicinerai, guarendomi col pensiero. Trovato il varco, sarà l'ora dell'amore condiviso. Vigoroso, insaziabile, stoico.

Non ci faremo favori, non troveremo compromessi, faticheremo. 
Ci aspetteremo molte volte in silenzio. Braccia conserte, gambe penzoloni sul molo, piedi nudi a filo d'acqua.
Tirerà vento, il sole sarà una palla rossa dietro la linea dell'orizzonte, la pelle scottata, il mare salato pronto per il nostro battesimo. Da quel momento saremo due, e questo lo chiameremo 'amore'.

Non ci muoveremo sempre l'uno verso l'altro, non tracceremo la retta via per i nostri figli, e ci perderemo anche. Non sapremo cosa fare, ci lasceremo. Sfiniti, deporremo fucili e corde. 
Da soli sopravviveremo meglio. Bacche, acqua fresca, mirtilli. Non dovremo pensare l'uno all'altro, e saremo felici. La solitudine rinvigorirà un sentimento che credevamo svanito. Persi, ci ritroveremo. Sbattendo l'uno contro l'altra, nella notte ci riconosceremo. Ci saluteremo cortesi, e avremo due strade a quel punto.

Lasceremo perdere, e proseguiremo.
Uno di noi sarà migliore dell'altro, e dirà 'Finalmente posso dirtelo. Scusa'.

lunedì 2 maggio 2011

Non vive sperando colei che agisce nel bene

La guerriera di cui vi parlerò è molto giovane. Ha tredici anni, è alta un metro e quarantacinque, pesa una quarantina di chili. Prende i mezzi pubblici, porta i jeans, torna da scuola alle due, e non deve studiare questo pomeriggio. Ha preso sette nel compito, quindi la prof di Arte non la interrogherà domani. Si mischia agli adolescenti comuni, ma i tratti del suo volto non tradiscono. E' bella, come solo le ragazzine struccate sanno essere. Le imperfezioni del viso, conseguenze non dell'amore, ma dei primi sbalzi ormonali, sono costellazioni sconosciute. Inesplorate. L'occhio blu mare è protetto da due folte sopracciglia. Nessuna pinzetta si è avvicinata a quei sottilissimi e scurissimi peli, le servono. Sono l'ombra che ripara, il confine dei suoi pensieri più nascosti, la linea che nessun samurai oltrepasserebbe. Lo sguardo severo sorride solo all'amica fidata, compagna di classe, di origini asiatiche.

Hai presente quel ragazzo di terza?, incalza l'amica.
Quello grasso? risponde la guerriera.
Mh mh, lui sì. Mi prendeva in giro per la erre.
Cioè? (attenzione al massimo, puzza di bruciato alle porte)
Pensava fossi cinese. E sai, i cinesi non dicono la erre. E lui...
Che idiota (nessuna esitazione, sincero disprezzo).
Sì, e pensa che abita vicino a me.
Che culo (sdegno amaro, sarcasmo naturale).

La guerriera morde l'interno della bocca. Maltratta le mucose continuamente, senza sosta. Arrotola la lingua, preme le labbra. Non trova pace, l'imbecille ciccione incapace di produrre insulti più fantasiosi di 'involtino plimavela signolina' sarà giustiziato. Gli strapperà il cuore, poiché il suo cervello non ha valore. Gli taglierà il girovita XL, impossibile da abbracciare. Gli caverà quelle scarpe firmate e puzzolenti, e lo appenderà a testa in giù. Nel piazzale della scuola media, l'indomani, tutti sapranno che l'era dell'ignoranza è giusta al termine. Nessun sopruso verrà lasciato impunito, e nessun pezzente acefalo troverà nascondiglio sicuro. Da Affori alla Bovisa, gli scemi verranno stanati nelle loro case.

La guerriera si alza, il tram frena, l'amica la bacia sulla guancia.
A domani.
Ci vediamo domani sì. Ciao.

Questo scricciolo un giorno sarà una donna intelligente, forse sindaco di questa città, che spero si salvi dagli scemi. In questa o nelle prossime vite.