lunedì 25 aprile 2011

AVERE 30 ANNI

Sono stato in Grecia sai. Non al mare, sebbene il fisico portentoso me lo permettesse, ma per combattere.
Avevo ideali, che ho trasformato in azioni. 
Ho avuto paura. Non delle cose di cui puoi avere paura tu oggi. Ma di morire. Di non tornare. Di non rivedere le trecce scure di tua nonna. 
Mi sono divertito molto. Con le ragazze greche, coi compagni soldati, persino da prigioniero. Non mi rimproverare adesso. Sarebbe stato insopportabile altrimenti, credimi. Insostenibile. Sapere di fare la cosa giusta non basta, quando hai un fucile in mano. E la paura di non avere un futuro, a trent'anni, è la peggiore delle cose che abbia mai provato. 

Ho sempre avuto un'idea, e mi piacerebbe sapere se anche tu, adulta, hai maturato la tua.
Il comunismo che ho vissuto io non era totalitarismo. E  il  PCI che ho sostenuto era fatto di sezioni, dibattiti di paese, palchi montati con assi di legno dopo una giornata di lavoro. Presumo di essermi inimicato un po' di persone, sposando una bellissima e cattolicissima figlia di Maria. Tua nonna, cristosanto, era tanto devota quanto eccitante per me. E la sposai in chiesa. Io rosso, lei bianco candido.

Con gli anni sono invecchiato, e se c'è una cosa che ti invidio ora è la giovinezza. Ah signore, sai cosa vuol dire avere lo spirito di un pugile e le gambe di una gallina? Vorrei trainare un aratro, sollevarti con forza, scuotere un pensiero fisso e inutile che hai. Non sei venuta al mondo per osservare il corso degli eventi inerme, ma per fare sentire la tua bellissima voce.

Non devi sopportare, non devi lasciar correre. Non azzittirti per evitare un rimprovero. Non dilungarti in stupidaggini, e non perdere il punto. Procedi da sola se è necessario. Informati, ma non sovraccaricare il sistema. Avere Internet è utile, ma io ho conosciuto il mondo attraverso gli uomini e le donne che ho incontrato.

Quella guerra lontana, che tu hai studiato solo sui libri, è stata parte della mia vita. Così è capitato. Potendo, lo avrei evitato. E non ho combattuto per la tua libertà, sappilo. Ma per la mia e quella di tua nonna innanzitutto. Tu neppure esistevi, e non sapevo saresti uscita così bella. Volevo un mondo migliore in cui stare, e soprattutto fare l'amore come ogni trentenne. 

sabato 23 aprile 2011

DIO ESISTE E NON SEI TU. RILASSATI.

Ogni tanto osservo imbambolata con il click del mouse ossessivo compulsivo (avete presente? click - scroll - click click - scroll. Poi ancora click) le foto che quel genio di Scott Schuman pubblica sul famoso/ celebre/ top class blog che tutti citano, sorseggiando il loro Negroni. THE SARTORIALIST - copio incollo - 'Selected as One of Time Magazine's Top 100 Design Influencers'. Questo perché non potrei mai fare il suo mestiere. Vi spiego il motivo.

Non individuo le tendenze. Non le vedo neppure passarmi accanto. Vengo beffeggiata dalle amiche per come (a volte) ho il coraggio di vestirmi. E sfoglio le riviste perché, esattamente per la stessa ragione per cui perdo tempo nel reparto bagno al supermercato, tutti quei colori, quelle cose belle, quelle linee e quelle modelle pettinate e lucidate mi rimbambiscono. E più sono in tenuta 'tuta, capello me lo lavo stasera, rimmel ops dimenticato, anzi mi sa finito', più mi esalto. 

Questo perché essere carina una sera è piacevole, fare mix and match davanti all'armadio spalancato divertente, soffrire sui tacchi stoico. Ma l'incostanza è una della sette qualità che mi contraddistinguono, la spavalderia, poi, non ne parliamo. 
Essere fiche è un lavoraccio. 'Na fatica. E quindi mi ripeto quello che ho letto ieri in pausa pranzo, in un bar. 'Dio esiste e non sei tu. Rilassati'. 
Non incontrerò mai Scott Schuman nella mia vita. Continuerò a controllare il suo blog a distanza, con l'assoluta certezza che ognuno si veste come gli piace, lo stile è una fede, e ciascuno scegli il proprio culto.

Se finisci per caso fotografato/a su questo blog http://thesartorialist.blogspot.com/, quindi, non devi strappartela. E' fortuna. Culo. Caso. Anzi no. E' che Scott non mi ha incontrata prima, mentre gironzolavo in tuta e molto molto molto rilassata. 

ps. Questo post è dedicato all'adolescente che ero. Insicura davanti allo specchio.

sabato 16 aprile 2011

PER DONNE CON LE GONNE_Il primo passo/ dichiarazione standard

Ciao XXX (inserite il nome/cognome del ragazzo in questione),
mi piaci.
Cioè tu, e non un altro. Lo so, non ci credi eh? Cazzo neppure io. Io, che uso prepotentemente il pronome personale soggetto sebbene la mia lingua madre ne consenta l'omissione. Io, che in questo momento mi sento un po' Vasco che biascica 'una canzone per te/ non te l'aspettavi eh'. Io, che ho tanti pregi piccolissimi, e qualche difetto gigantesco.

Adesso non esaltarti, non sollevarti dal suolo, non assumere l'espressione di Rafa Nadal con lo slip Armani.



Ma ti prego, non ti allarmare neppure. Non ho armi con me, la cavalleria non ha ancora passato le Alpi, e (volendo) riesco a essere gentile. Cortese, come l'amor. Dolce, come lo Stil Novo. Certo, sarebbe una forzatura, e dopo qualche tempo la bestia ringhierebbe dietro la gabbia rosa confetto. Però, bel ragazzo, è a quel punto che ci potremmo divertire insieme. Tu educato, mentre mi apri la portiera della Mustang. Io spaziale, saltando pie' pari nella prima pozzanghera a disposizione. Splash! 'Miiiiii Madda, mi hai sporcato perbacco' / 'Dai che così sembri Pongo della Carica dei 101. Abbaiami grrrrrr ;)'.

Come? Cosa dici? Che cosa mi piace di te? Vanesio! Non lo so, non ho una lista con me. Sei interessante, ma non come un documentario di Alberto Angela. Sei buffo, diversamente da Mister Bean. Sei anche caruccio sì, a tratti arrapante proprio. Però sempre meno di Rafa Nadal in mutande, chiariamoci.

Non arriverò mai a fare QUESTO per te. Ma in fondo neppure tu giocherai mai agli Australian Open.

Ci vediamo in giro / ci sentiamo / ci chattiamo (scelta opzionale). Ciao!

NB. A questo punto, care ragazze con le gonne, avrete fatto il primo passo. Se vi toccherà compiere anche il secondo, significa che non c'è corrispondenza di sensi amorosi. Mettetevi un bel vestito, rotolatevi nel fango pensate a Nadal.

sabato 9 aprile 2011

Se fossi un uomo, un marito, un padre (prima parte)

Provo a raccontare una storia scrivendo come se fossi un uomo. Un signore, un pater familias sulla sessantina, con quattro figlie e nessuna moglie. Ho conosciuto l’emozione di dire ‘sì, lo (ti) voglio’, mi sono sufficientemente preoccupato per il mutuo della casa, ho discusso molto con la donna che ho amato, sono stato serenamente sdraiato sul mio divano in attesa del rientro di una delle creature col mio cognome.
Ricordo che ogni settembre, con la riapertura delle scuole, le ragazze tornavano abbronzate e svogliate in città, mentre io e Clara – mia moglie, ricominciavamo a lavorare nei nostri studi. Siamo stati sposati per  molto, e potremmo raccontare altrettanto di noi. La nostra storia si è interrotta un giorno ics del calendario, quando Clara decise di lasciarci.
Non ne poteva più: troppi weekend passati alle feste degli amichetti delle bambine, troppi vestitini da lavare, troppe gare di atletica e saggi di danza, troppe gite fuori porta al mare con mia madre, la Signora Laura.  Una marea di mamme e poca gente nella sua vita. Così ha deciso, “prendo tutto, scrivo una lettera ad Alberto (io), che comunque non capirà, e vado via”. Sapeva che sarebbe stata odiata per quel gesto, perché non si possono abbandonare quattro figlie ed un marito, ma lei non voleva più stare così. Si guardava attorno, la sera, dopo che tutti erano a letto e io dormivo davanti alla tv. Erano solo le dieci, e non le sembrava vero di dover pulire un’altra volta i piatti, passare la scopa, alzare le sedie, portare fuori la spazzatura, preparare la colazione per le piccole, e poi addormentarsi al mio fianco come la notte prima. Non respirava sdraiata al mio fianco, accanto all’uomo che l’aveva conquistata portandola al Circolo dei Poeti Maledetti, dopo le lezioni di Estetica del martedì mattina. Se mi osservava dormire rivedeva la cicatrice che mi ero fatto in campeggio, al mare, quando Lidia aveva solo 2 anni e la tenda non si voleva montare. Orgoglioso le dicevo “Ce la faccio Cla, che credi scusa… due tubi e un telo. Porca troia…”. Il tempo di concludere la frase, e mi infilavo il tubo, uno dei due, appena sopra l’arcata sopraccigliare. Un centimetro più in basso e si ritrovava un marito senza un occhio. Un pirata. Mmmh. Un pirata. Che ridere dio santo, pensava Clara mentre mi guardava respirare profondamente nel mezzo della notte. Un pirata, Alberto. Un tempo sì, forse. Oggi no, oggi vive per le sue figlie, ne va orgoglioso; e Clara, un tempo “Amore”, “Testina di Vitello”, “Pasticcio”, “Piccola Merdina”, era diventata solo la madre delle sue quattro bambine, ormai ragazze. Eppure lei non si sentiva madre, non quella sera. Le mancava parlare con me come quando facevano colazione, in campeggio, mentre Lidia correva per le piazzole con gli altri bambini smutandati. Lei e io in costume, assonnati, bevevamo caffè e mangiavamo il pane appena comprato dal fornaio, con la marmellata del supermercato. Fantasticavamo sul futuro di Lidia, così rumorosa e maldestra. Cadeva in continuazione: due anni e già tre cicatrici. Sarebbe stato un miracolo se fosse arrivata alla prima elementare con entrambe le gambe, commentava Laura, mia madre. “Mamma, Lidia arriverà anche strisciando a scuola, ma ci arriverà. Non ti preoccupare, al massimo le mettiamo due rotelline rosa, così non starà indietro all’entrata...eh?”. Clara mi amava molto quando sfottevo le preoccupazioni di mia madre per Lidia, e in silenzio le rispondeva con un sorriso, senza dire nulla. Io le accarezzavo la schiena con la mano aperta, mi fermavo sulla sua nuca, e la scuotevo piano, poco. Un gesto abituale, più intimo di ogni cosa avessimo mai fatto insieme. Significava “Lo so, mia madre non si sopporta. Lo so, è irritante. Ma tra qualche minuto lei se ne tornerà a casa sua, lasciandoci soli. E Lidia potrà farsi un’altra cicatrice”.

venerdì 1 aprile 2011

WE ARE BORN TO BE LOUD. Eccetto i giovani piddini

Non scrivo di politica, tanto meno di politici. Faccio un'eccezione. Sebbene sia venerdì sera.
Prima di andare a bere, ballare, fumare, cazzeggiare e fare all'amore selvaggiamente leggete cosa penso. 
Poi sì, liberi tutti.

Articolo tratto da 'il venerdì' di Repubblica di oggi, 1 aprile 2011.
Pagina 47.
Titolo:
La Innocenzi e il PD junior di nuovo ai ferri corti
Svolgimento:
A tre anni dalle primarie dei Giovani democratici, Giulia Innocenzi torna ad attaccare il segretario dei piddini jr Fausto Raciti. Sul suo blog, la spalla di Michele Santoro ad Annozero annuncia il successore di Raciti: Andrea Baldini, attuale responsabile dell'organizzazione dei Gd. Una decisione già decisa, a suo dire, tanto che Innocenzi invita a vigilare sul congresso di ottobre affinché "non avvenga il fattaccio di tre anni fa, quando il già designato Fausto Raciti vinse con afflussi elettorali quantomeno bizzarri ('Milano 800 votanti, prima io. bari 8000 votanti, primo lui')". "Basta, è una polemica vecchia", sbuffa l'accusato. Raciti si stupisce della premonizione sul congresso "di cui non è stata neppure decisa la data" e lancia frecciate alla Innocenzi: " Io non ho altri incarichi, né milito in altri partiti". La frecciata consiste nel fatto che la Innocenzi è iscritta anche ai radicali e milita pure nella fondazione Italia Futura di Luca Cordero di Montezemolo. (r.bian.)

Sono tutta un fremito. Non contengo il piacere. Ho la conferma che sì, il PD non ce la farà mai. Nuove leve sono pronte. Ci sono menti giovani e fresche in arrivo dalle aule universitarie, dai congressi, dai circoli.
Si fanno le pulci. Contano gli spicci avanzati sul tavolo. Ricordano ed elencano ogni torto subito. Annotano l'uno le mancanze e i difetti dell'altro. Rimembrano, come Leopardi chiedeva di fare a Silvia. Sono l'alba di un nuovo giorno, uguale al tramonto di quello (non ancora) finito. E sono già tra noi. 

Nota a margine. Non so cosa sia, però sento un fetore allucinate mentre scrivo questo post.