sabato 21 aprile 2012

Say Hello to Eleanor | pilot

Ciao lettori,


per tutti, dopo il Salone, in fondo a destra, c'è il bagno.
Per voi, invece, una nuova Love Story.
Leggete il pilot, fatevi un'idea, protestate se credete.


Enjoy, as usual.

La mattina ELEANOR si avvicinava con la sigaretta già accesa. Scusa sei uno schianto, ma puzzi di morto già alle otto am, allontanati dolcezza. Le dicevo così, e lei mi porgeva la tazza di caffè bollente. Tieni, buongiorno anche a te.

Nessuno ha mai capito cosa ci tenesse vicini. O lontani. Per noi non faceva differenza, lo spazio interposto intendo. Ne avvertivo la mole, il passo stanco, il rumore silenzioso delle unghie sulla schiena anche dopo un mese di pausa. Le chiedevo di andarsene, lasciarmi in pace, urlandole che era finita. La prima volta si è voltata, la ruga lungo la fronte pronunciata, lo sguardo da soldatessa in marcia. Perché fai così? Cosa succede? Eleanor, sei ingenua come un putto!, vattene cazzo.

Le ho contate, le volte in cui l'ho appesa al chiodo con le sue scarpe e tutto il resto.
15.
15 addii.
15 ritorna, scusami.

Credete sia debole, Eleanor? Allora ho sbagliato qualcosa nel descrivervela. Ho tralasciato il movimento della testa verso sinistra, quando, intenta a capire, serra la mandibola e non molla la presa. Ho trascurato le frasi in mezzo alla notte, voltata di spalle, a sonno quasi raggiunto. Sono libera, e se sono qui è per mia scelta. In quei momenti la perdevo dal radar, e stavo in silenzio. Non la toccavo per l'intera notte, avevo paura. L'indomani mi guardava serena, e tutto finiva lì.

Dicevamo, 15 volte. L'ho cercata per 15 volte, chiedendole di vederci. Un inverno al bar all'angolo. Un'estate al parco, con il cane. Un autunno sulla strada di ritorno verso casa, di corsa e senza troppe storie. E' sempre venuta. Le ho sempre offerto da bere. Non mi ha mai chiesto più di quello che le veniva detto, non in quei momenti. Mi lasciava fare. Osservavo la lunghezza dei suoi capelli, se fosse cambiata. Cercavo di capire cosa pensasse dal colore della sciarpa, dal tacco dei suoi stivali, dall'intensità della sua risata. Sempre docile come un agnellino, Eleanor fissava il punto lontano, poi domandava 'Dimmi perché siamo qui adesso'. Accettava qualsiasi spiegazione, non dubitava delle mie parole.

Siamo stati insieme circa 40 anni, gli ultimi 20 senza mai lasciarci. Le sono sempre stato fedele, quasi sempre. E lei... lei non ne ho la più pallida idea. So che ha avuto qualcuno, un tipo, un collega presumo, durante la nostra settima pausa. Il pensiero mi dà fastidio ancora oggi, che vi scrivo con un bastone al mio fianco. Alla fine ha levato le tende lei, due estati fa, senza poter più fare ritorno. Il nostro amore è stato vero, e risponde al nome di due giovani uomini che somigliano, ogni volta che mi fissano, alla madre.

domenica 15 aprile 2012

'Anche al paziente più miserabile e reietto è concesso di poter decidere della propria cura e del proprio destino' (cit.)

Ciao lettori.
Molti pensieri, poca lucidità.
Eppure. Eppure leggete qui.

Enjoy il vostro fidanzato mentre si alza per guardare il GP ma è palese che ha sonno e al primo giro farà le bolle sul sofà.


C'è un momento non molto preciso in cui il mio cervello tutto, emisferi allineati, ragione e sentimento docili e amorosi, si ricompone. Il nodo composto che non fa passare l'ossigeno si scioglie lento, sotto le mani di un marinaio. L'ho fermato, gli ho chiesto di insegnarmi come si fa, e di baciarmi proprio qui, sulla ferita purulenta.

Lui si è piegato, in ginocchio mi ha adorata, piano mi ha osservata. Accarezzando rugoso il mio male, si è mostrato fragile ai miei occhi lucidi e gonfi. Piangevo tanto allora, piango molto anche adesso. Quando il marinaio mi trova, chiusa a riccio sul pavimento, mi chiama per nome e aspetta silenzioso. Non sono sempre pronta a rispondere, non sono sempre dolce e armoniosa nei movimenti. Ultimamente stringo forte i pugni, fuori dalle tasche, poggiati alle ginocchia, rossi e vibranti di rabbia e lamento. Recito una litania insopportabile, pesante più del piombo. Perseguo un pensiero illogico, ma ossessionante, e lacrimo.

'Io vorrei per la tua felicità poter godere di questa quiete'
(cit.)


Quando ci troviamo a parlare con la bestia che mi sonnecchia dentro, il marinaio si siede e decide che è così che devono andare le cose, che il destino lo faremo insieme, che mi ama anche senza pastiglie per il mal di testa. Non troveremo la pace, non saremo profumati a festa.