martedì 28 dicembre 2010

Everything will be okay, Signor Capo dello Stato

Prima che il Capo dello Stato mi parli a reti unificate il 31 dicembre p.v., anticipando il rush finale di fine anno, scrivo alla Sua c.a.

Non so per lei, Signor Capo dello Stato italiano, ma questo anno è stato un po' pesante per me.

Inverno rigidissimo, primavera lacrime e tagli al bilancio, estate lavorativa ed impegnativa, autunno da caldarroste bruciate.
Immaginavo non sarebbe stata una passeggiata, ma correre con tanto affanno non mi è più concesso.
Vede, sono una giovane donna adulta. Un ossimoro. Sono in quella fase della vita in cui se un bimbo al supermercato mi indica urlando "Signora", ho un sussulto. Cazzo, agli occhi di questo paffutello tutto saliva e manine sporche, io sono "Signora". Ai suoi occhi, invece, chi sono?

Sono una risorsa.
Un cervello in fuga.
Una manodopera scontenta eppur tenace.
Una bambocciona, che ovviamente rima con fannullona.
Una cattolica che prende la pillola, ed usa il preservativo.
Una disoccupata, travestita da precaria.
Una ruota nell'ingranaggio inceppato della libera concorrenza.
Una spacciatrice, delinquente, ladra e facinorosa.
Una raccomandata per sfinimento.
Una figlia di papà, ma anche di nonna e zii.
Un'innamorata che progetta il futuro.

Vorrei che Lei capisse, Caro Signor Presidente, che mi manca il fiato a questo punto del mio messaggio.
La voce cerca di essere sicura, ma inesorabilmente s'incrina.
Perchè un dubbio s'insinua, ed è difficile dissiparlo.
Che abbia già avuto la fetta di felicità che mi spettava? No more fuel for me?

So però che non tocca a Lei sradicare le mie erbacce.
Sono una giovane donna adulta, dubbiosa su tutto, tranne che sulle proprie forze.

Ecco perchè Le auguro un 2011 sereno, Signor Presidente.
Che Lei e i vetusti capi che l'accompagnano, della maggioranza e dell'opposizione, sugli scranni parlamentari e sulle poltrone aziendali, possiate godervi lo spettacolo che ho in serbo per voi. Non deluderò le aspettative di chi, invecchiando, ha purtroppo eluso le mie.

domenica 19 dicembre 2010

Un racconto da pubblicare coi soldi di papà (o la tua tredicesima..)

Rana e Libellula capitarono nello stesso stagno nel 2006.
Mh quanti animaletti strani ci sono in questo stagno milanese, pensò Libellula.

Rana parlava e giocava con tutti gli animaletti dello stagno. Libellula pure.
Erano belle, sorridenti, luminose, intelligenti. Due esserini in mezzo a tanti altri esserini, ogni tanto in connessione tra loro. Finché un giorno, il cinque di un mese primaverile, Libellula decise chè sì, il tempo del muffin era giunto. Tanti auguri, Rana, questo è per te. Oh Libellula, mi emozioni! Qualcosa era accaduto.

Passarono gli anni, gli stage ed il lavori in altri stagni, altri animaletti deliziosi arrivarono, altri muffin diventarono presto cene, dormite, spazzolini lasciati nel cassetto del bagno che non si sa mai, pianti a scroscio, risate stupide a non finire, vieni che sto di merda, oh mi piace uno che non ci sto dentro / come si chiama? / non lo so, ma ho l'ormone a fior di pelle, posso stare da te che a casa non ci voglio andare, telefonate troppo lunghe persino per la telecom, mail, chat ed una vacanza nella Terra di Mezzo.

Ci fu persino il momento della crisi, coincidente con quella dello stagno italiano tutto. Quando la storia con la esse maiuscola viaggia parallela alla storia delle vite dei piccoli animali, pensò Rana.

Tu, che sei la compagna della mia anima, devi sapere che anche se in stagni lontani, non potrei mai mangiare un muffin di altre libellule. Mh, però... Però basta Libellula, non fare i capricci, bisogna prendere il toro per le corna, il bue per le palle, l'elefante per la proboscide! Ok Rana, credo di aver capito il senso, non tiriamo in ballo altri animali per favore che la capa me gira. ;) (occhiolino di Rana).

Rana e Libellula le trovate allo stagno, continuano a giocare. Vogliono imparare, conoscere, viaggiare con la mente (se con i soldi non si può), scrivere, andare al cinema o a teatro, prendere il sole al mare, mangiare cose buonissime, bere in compagnia, dormire tanto e bene, innamorarsi, poi disinnamorarsi, poi arraparsi, poi rinnamorarsi. Continuano ad essere molto diverse, ma oneste l'una con l'altra, chiamando le cose con il loro nome. Questo a volte fa un po' male, ma loro sanno che nel loro stagno non è concesso fare altrimenti. Stare male, stare bene, stare così così. Non importa, non conta, non è questo il punto, stupidi umani.

Morale della favola. Non uccidere gli animaletti, poiché anche loro hanno vite degne di essere vissute.

sabato 11 dicembre 2010

Le trasformazioni

Uauh.
Sbadiglio forte, per svegliare Danilo che dorme ancora.
Allungo muscoli dormienti, sempre per dare fastidio a Danilo. Che si gira dall'altro lato, tira il piumone a sè, mi scopre. Mi dà fastidio, lo sa, ma siamo pari ora.
"Amore, chechezz". Questo è Danilo, alle sette meno dieci del mattino.
Sto in silenzio, e sguscio giù dal letto. Trascinandomi dietro la coperta. Odio perdere, Danilo lo sa.
"'starda che sei..". Danilo si alza, momentaneamente sconfitto.

Da 'moglie di Danilo', alle sette e qlc minuto divento 'mammaaaa'.
"Mammaaa dove sono le calze?"
"Mammaaa dove è il mio zaino?"
"Mammaaa sabato c'è una festa fichissima tipo con tutti quelli del quinto anno tipo che se non ci vado mi taglio le vene"
"Mammaaa scappo ciao"
Chiara, Lorenzo ed Elena sono i tre figli miei e di Danilo.
10, 13, 15 anni.
Non li sopporto. Darei il mio braccio destro per ognuno di loro, s'intende, ma non li sopporto quando mi chiamano urlando per chiedermi cose ovvie (le calze sono nel cassetto, lo zaino è dove l'hai lasciato, alla festa non ci vai).

Da 'mammaaa', alle otto e un quarto, divento 'dottoressa'.
Da 'dottoressa', alle diciannove circa, torno ad essere 'mammaaa'.

Ma la trasformazione che preferisco è l'ultima della giornata.
Da 'mammaaa', ad un'ora X, divento 'donna che legge a letto con marito arrapato che ci prova'.
2 - 2. Danilo, seppur stanco, pareggia.

martedì 16 novembre 2010

non siete più giovani

Essere poveri, e non saperlo.
Sentirsi dire che ci vuole pazienza, mentre il bambinello brucia nella stalla.
Accettare tutto, perché diversamente "avanti il prossimo. tu ti puoi accomodare, grazie".
Piangere nervosamente, perché le lacrime ancora sono gratis. Anzi, low cost.

Non siamo più giovani, ragazzi, ma vogliono farcelo credere.
In nome di uno stage non restribuito, ma pieno di opportunità.
In nome di uno stipendio risicato, perché "sai quanti ce ne sono fuori, senza lavoro?".

Non dico dovremmo essere tutti gladiatori.
Non congiurati.
Non ammutinati.
Non rivoluzionari.
Non testecalde.
Ma almeno provate ad arrabbiarvi nuovamente, come quando da piccoli vi rubavano il giochino.

sabato 13 novembre 2010

THE HOLY FAMILY

Una famiglia al completo cattura la mia attenzione stanca e svogliata del venerdì post lavoro.

Metro gialla, linea 3.
Tre posti su quattro di un vagone qualsiasi del treno sono occupati da mamma e figli (2). Altro pupo (il terzo) in una carrozzina gigante - a me sembrano sembre troppo ingombranti devo ammettere. Papà non pervenuto.
Immagine poco originale. L'iconografia e l'elogio della sacra famiglia va sempre alla grande. Lo sapeva di certo Mr Mulino Bianco, quando, creando aspettative decisamente troppo elevate per una semplice merendina, dipingeva mamme/papà/prole adorabili fin dalla colazione delle 7.00.

Comunque, dicevo. La famiglia che ho di fronte ora distrae persino il mal di testa da post lavoro.
Non emettono rumori molesti, non si sentono, sono muti nella loro naturalissima e oliata routine.

Bambini silenziosi, pieni di smorfie, con vocine basse basse, colli incassati nelle spalle, incappucciati e, soprattutto, sorridenti. Mi sembrano peruviani. Occhi scuri e fossette, manco stessi guardando una di quelle cartoline di auguri natalizi stampate dalla Caritas. Il bimbo (o bimba) nella neonatomobile potrebbe dormire, se non fosse per i pugnetti contro il cielo (Hasta la revolution!) che spuntano dalla copertina.

La madre, credo spossata quanto me, non urla, non si agita, non rincorre, non elargisce biscotti fuori pasto, non si imbrazza. Osserva i suoi, culla la carrozza dell'ultimo arrivato. Dà l'impressione di essere presente, trasmette sicurezza e tranquillità, certa di aver al suo fianco piccoli capaci di comportarsi, senza doverne reprimere la felicità infantile.

Non soldatini i bambini, non Generale la mamma.
Sono un punto nero nella città sempre più maleducata in cui vivo; dove spingere per salire sul pullman, abusare del clacson ogni qualvolta ci sia una coda e tappezzare di freepress i pavimenti delle metropolitana sono comportamenti accettati.

Intanto in settimana c'è stato il congresso della (o per la? C'è differenza) Famiglia. Con la effe maiuscola.
Non sono stata invitata, come il mio presidente del consiglio del resto.
Ma avrei presentato al ministro Sacconi il caso di queste quattro persone incrociate una sera pre rilassamento.
Avrei detto: "Hasta la revolution!" Mentre una madre spiegava come crescere persone migliori per abitare una città (ma anche un Paese) dove solo chi va a puttane, o viceversa aizza la piazza contro chi ci va, trova posto sulle prime pagine dei quotidiani ogni sacrosanta mattina.

lunedì 11 ottobre 2010

E' un discorso importante, meglio prendere appunti

A Cecilia, che apprezza il mio modo di scrivere. Soave e pesante.

Amore mio. Da dove comincio?
...
Devo spiegarti una cosa. E' importante.
...

Papà solleva Livia dal seggiolone, cercando di non segarle le gambe stavolta.
Si siede su divano, Livia si scioglie nelle sue braccia. Appoggia il testone pelato, muove le mani acchiappando farfalle, sbrodola saliva.

Pucci, allora. Adesso che ci siamo messi comodi.
(ruttino)
Dicevamo. Adesso che siamo comodi, devo spiegarti una cosa.
...
Facciamo finta che siamo io e te, e basta. Tu cresciuta, adulta. Io vecchio.
Tu mi racconti che hai trovato l'uomo della tua vita, che con lui hai deciso di partire, per costruirvi una casa, trovare un lavoro, saccheggiare supermercati il sabato. Che l'hai incontrato a cena, a casa di amici. Che non sai, ma "papà, è lui". Lui ha una voce così bella papà, oh. Sa suonare il piano, papà. E ha studiato filosofia, papà. Si chiama... sì, diciamo che si chiama Fausto. Oh papà.
Livia ci sei, mi segui?
...
Ecco. A quel punto i tuoi occhioni mi staranno a sentire come mai prima. Cercherai la mia bocca, per capire se sorriderò o meno. Inizierai a morderti il labbro inferiore, e con ansia mi farai la domanda da un milione di dollari.
"Papà, cosa mi dici?"
Livia... cosa vorresti sentirti dire? Dimmelo adesso, che stai nel palmo della mia mano, che dormi a pancia in giù sul mio petto, che russi perché hai la sinusite, che piangi per le coliche. Dimmelo ora, cosa vorresti sentirti dire. Perché io non so se avrò la risposta per te. Non credo saprò contenere il tuo entusiasmo quel giorno. Non troverò le parole per spiegarmi. E spiegarti. Che Fausto non è il Lui che pensi tu. Che al mattino soffrirà di alitosi. Che non saprà mai dove ha posato le chiavi, al momento di uscire. Che se si prenderà un raffreddore, sarà come se avesse cotratto la peste bubbonica. Che sarà una persona come tutte le altre: un po' banale, un po' stupido , un po' intelligente, un po' appassionato, un po' scontroso.
(zzz)
Però vedi Livia, saranno esattamente queste cose che ti faranno capire se Fausto sarà Lui. Non la sua voce, non il piano che suona, non il lavoro che fa. Se saprai trovare Fausto nelle bruttezze di tutti i giorni, se a lui ti aggrapperai nel pieno della crisi, e se lo sentirai appoggiarsi a te con altrettanta forza, forse Fausto sarà Lui. Se litigherà per le stupidate, ma saprà chiederti scusa anche se sarà nel giusto, amore, Fausto sarà Lui.
Se non avrà orgoglio da vendere, ma saprà spiegarti il suo punto di vista, forse Fausto sarà Lui.
(zzz)

Papà mette Livia a letto.
Si passa la mano sul viso, palmo sulla bocca serrata, dita aperte, sguardo pensieroso.
Non sa se saprà ripetere questo discorso tra una ventina d'anni.

plin plin

Ore 22 e qlcosa, cerco la buonanotte televisiva.
Trovo ndp, niente di personale, di Antonello Piroso.
E trovo, con lui, Nicola Porro, giornalista de Il Giornale, intercettato ed inguaiato per cazzi e mazzi scritti e detti al telefonino con il portavoce della Marcegaglia. Violenza verbale, pressioni, dossieraggio illecito, metodo Boffo, Fini and Co. Terminologia del complotto. Tutti contro tutti.
Ma anche, mi sembra, cazzeggio in tempo di crisi.

Non riassumo per voi le fila della vicenda, che trovate su tutti i portali, tutti i quotidiani, tutti i blog, tutti i tweeeet.
Riporto solo il mio pensierino del giorno.
Ce stanno a piscia' in testa.

giovedì 5 agosto 2010

Le persone felici

Una strana riflessione, causata da un flusso libero di spionaggio su facebbok. ovvero dieci minuti di cavolfiori dei miei contatti / amici, scelti random.

Sapete cosa ho notato? Che siete felici.
Avete tutti scritto almeno una volta uno status idiota.
Una foto inguardabile.
Un cuoricino di un amico.
Un video di youtube con la canzone che canticchiavate.
Alcuni giorni scrivete parolacce (i pudichi gli asterischi a riempire gli spazi tra la C e la O di cazzo).
Altri solo puntini di sospensione (odio).
Alcuni di voi sono riservati, pensano di non lasciare tracce.
I migliori di voi, quelli che proprio seguo con ardore, sono i genuini. I veri. Quelli che sanno che non da un post si giudica una persona, non da un album di foto alle Maldive, non da una frase di una canzone rubata.
I migliori sono quelli di voi che scrivono, ma vivono nei bar, nella case e con le persone felici (o no) che hanno attorno. Vi amo. Vi stimo. E sono felice.

mercoledì 7 luglio 2010

Aux armes citoyens / Formez vos bataillons

Estate. Eté. Summer. Verano.

Prima di lasciarvi liquefare al sole come un Camoranesi qualunque, scrivo questo piccolo ed innoquo post.
Non sto soffrendo l'arsura, non impreco per l'afa, non sventolo giornali per farmi aria nel metrò.
Ho imparato che meno mi lamento, meno soffro. Meno mi agito, meno sento. Meno parlo, più liquidi salvo.

Il pensiero di oggi è per la Francia, la Grandeur française. Leggo dai giornali che nonna L'oréal, oltre a sieri antizampedigallina, shampoo energizzanti e mascara volumizzanti, avrebbe elargito al petit Nicolas soldini e soldoni, ben prima che divenisse le President de l'Hexagon. Oltre a lui, molti altri politici sarebbero passati in casa L'oréal per riscuotere il pane quotidiano.
Non so il motivo, ma questa notizia mi ha incuriosito. Non credo per il fatto in sè (che comunque potrebbe scuotere l'Eliseo, immagino), ma per lo slogan che da ieri mi ronza in testa.
"Perché voi valete" ... Quanto esattamente, madame Bettencourt?

martedì 27 aprile 2010

massimiliano

Raccogliendo le cose che spargo per terra, mi accorgo di aver dimenticato sul pavimento oggetti e libri da tempo. Non mi lego a niente, se non a qualche foto di mio fratello che, non so perché, rappresenta il legame più forte con le mie origini. Sarà il fatto di essere nati dalle stesse persone, ma essere cresciuti diversi: mi affascina. Credo che tutti dovremmo avere un fratello (o una sorella), possibilimente più di uno (una). E' un esercizio di sopravivenza, e amplifica l'amore che riusciremo a provare nel corso della nostra vita. Personalmente osservo come il mio (di fratello) stia diventando grande. E', anche questo, affascinante. Ti abitui a sentirlo gattonare e piangere per una sberla ben assestata (eheheh), sai come mettergli paura di notte prima di farlo addormentare, inventi ninnanne stupide in finto inglese, lo deridi per il primo brufolo, gli rubi le lamette per depilarti, gli scaldi piadine pre allenamento, e gli sbirci nel cellulare per sapere quello che non ti vuole dire.
Un universo in movimento, diverso dal tuo. Amore in espansione, di quelli che non ti spieghi.
Non siamo speciali, ma qualcuno è speciale per noi. Questa è la cosa affascinante.

venerdì 16 aprile 2010

alla larga

Lettera aperta a chi, non avendo coraggio di stare meglio, preferisce sfraccassarmi la vita che mi rimane da vivere lagnandosi.

Non è una questione di antipatia, è una cosa personale. Nel senso che personalmente non sopporto il lamento condito di ironia, humor, battutine, risolini, stizzolini, pacche sulle spalle.
Stare male è una cosa seria. Provare disorientamento e delusione, schifo e depressione, dolore fisico e mentale: questo lo comprendo.

La tolleranza zero è per i codardi che vorrebbero farsi quattro risate con me, semplicemente per dare colore alla loro vita sfigata. Per chi non trova il modo di darsi delle risposte, chi non sceglie, chi temporeggia, chi finge buonumore e simpatia sopra una montagna di tristezza.

Statemi alla larga, non ho pietà per voi.

venerdì 26 marzo 2010

e mo'?

Ieri come tanti altri ho visto raiperunanotte.
Non sono di parte, se non la mia.
Non mi sono piaciuti Luttazzi, Morgan (imbarazzante, mancava chiedesse lo stop al televoto), e Santoro nel bagno di folla finale.
Mi sono piaciuti Mario Monicelli, Milena Gabanelli, Gillo Dorfles, Gad Lerner che dice una cosa banale, ma vera (ok bellissimo stasera, ma sappiamo che quando poi nelle ns trasmissioni parliamo di gente che non arriva a fine mese, del debito pubblico e dei problemi reali e concreti lo share scende. quindi dobbiamo trovare una soluzione, in quanto giornalisti, dobbiamo porci il problema).

Emilio Fede chiude il giro di interventi esterni, e dice quello che tutti si aspettano: "Il premieri quelle cose le ha sempre dette". Amen, bravo, bis.

Le operaie della Omsa non ci stanno, hanno tute verdi e vogliono lavorare. I cassaintegrati e ricercatori idem. Sono nel pubblico, interventi/spot/finestre sulla crisi che lasciano il tempo che trovano nel corso della serata.

E' stato un esercizio di libertà di stampa/parola/pensiero? Sì, credo di sì.
Ma ha ragione Milena Gabanelli, la migliore per me. Non sono mai scesa in piazza, non mi sono mai schierata per pudore, perché per noi, facce note, è comunque più facile difenderci e dire la nostra. Faccio il mio lavoro, tengo alta la guardia, presto attenzione, critico. E so benissimo che agli italiani questo non piace, essere criticati intendo: "chi sei tu per mettere in discussione le mie certezze?".

Non so trovare parole più intense, precise e dure di quelle di un vecchio novantenne per chiudere. Gli italiani sono questo, e forse anche peggio. Ci vorrebbe ... mah, lo so io cosa ci vorrebbe per venirne fuori. Cosa, dimmelo Mario, dimmelo. Una rivoluzione. Non l'abbiamo mai fatta. Ci manca.

mercoledì 24 marzo 2010

PIANO piano

I've got a plan. or something like.
Avete mai provato a scegliere e poi accorgervi che no, non era quella la scelta che avevate fatto e che quindi qualche toga rossa si fosse messa di traverso tra voi e il vostro futuro? Che strana cosa, chi mai nell'universo vorrebbe scompligliarmi i piani, chi? Colui che creò una donna dalla costola di un uomo e poi decise di punirla con un parto doloroso per una mela mangiata senza permesso non credo abbia tempo per queste cose. Altri onnipotenti/profeti/guru del caso neppure mi conoscono per quanto ne so, sono cristiana cattolica e non vedo perché dovrebbero preoccuparsi di chi gioca in un altra squadra. Gli alieni dopo aver rapito Elvis hanno un gran daffare nel tenerlo in forma e lontano da psicofarmaci e alcol. Con le forze della natura non ci parlo. Non me la bevo: il vento non mi ascolta, la terra è stanca, l'acqua incazzata perchè ogni 2x3 la vogliono privatizzare, il fuoco mi brucia dentro e questo è sufficiente.
Nella lista mancate voi, miei simili, umani. Ma voi non mi fareste mai del male.

martedì 16 marzo 2010

to a great woman

Even if my english is no more excelent as it was some years ago, I'll try to write few words to praise a woman I've met exactly 2 years ago.
She is a mother.
She is a manager.
She was a strager in a foreing country.
She's got a divine sense of humor.
She is brillant and clever.
She is generous.
She has got a great sense of justice.
She' s a hard worker.
She can smile crying.
She has been a teacher to me.

I hope she's doing well, and I miss her very much.

sabato 13 marzo 2010

The Man In Black

I shot a man in Rino just to watch him die

Well, if they freed me from this prison,

If that railroad train was mine,
I bet I'd move out over a little,
Farther down the line,
Far from Folsom Prison,
That's where I want to stay,
And I'd let that lonesome whistle,
Blow my Blues away

sabato 6 marzo 2010

Sorrisi e Canzone

 - My love is going stronger as you become a habit to me -

Ciao.
Ciao.
Hai trovato quella cosa che cercavi ieri sera?
No, devo averla lasciata da qualche parte in ufficio credo, mah...
Mh, certo.
Sì, sicuramente.
Sì... sì. O in ufficio o a casa magari sul mobilètto all'entrata, quello brutto che ti hanno lasciato i tuoi...
Mh sì, forse. Anche.
Ma cosa c'è?
Cosa?
Dico, cosa c'hai?
Pensavo.
A quella cosa che non trovi...?
No.
E allora... io me ne andrei anche, poi ci sentiamo per quella cosa che..
Puoi aspettare un attimo?
Ah sì, sembrava avessi fretta, era per quello che io me ...
No no..aspetta solo che devo...
(trin trin trin)
Chi è adesso..uff, scusa un attimo Luca.
(Luca si schiarisce la voce, e scusa un attimo)
Scusami, ecco fatto, ma mia sorella non riesce a trovare un aggeggio per allattare e mi chiama in continuazione per chiedermi come fare senza, come se io...
(Luca si schiarisce la voce)
Ah cavolo, scusa! Stavamo dicendo... dimmi dimmi, cosa c'è? Vai racconta.
Mi sposi?
Cosa?
(Luca respira lungo, dal naso inspira lunghissimo, poi ancora schiarisce la voce)

Oddio...
Non era la risposta che avrei voluto.
No aspetta dai cazzo mi lanci la bomba e non mi lasci ...
Io ti voglio sposare.
(Viviana vorrebbe che la sorella la chiamasse per chiederle del tiralatte)
Io... io... io.
Tu no.
Noooo noo no... non hai capito, non...
Voglio sposarti, voglio stare con te,  pensavo avessi voglia di far piangere tuo padre, di spendere soldi per un banchètto di nozze con la torta alla panna finale, di invitare cugini che non vedi da una vita, di scegliere le bomboniere più brutte che trovi.
No, non voglio (sorriso).
(Anche Luca sorride) No?
(Viviana si morde il labbro inferiore) No.
(Luca finisce il vino, e continua a sorriderle) No, certo no.
(Viviana si copre il viso con le mani, le mani scivolano sulla bocca e si fermano. Gli occhi sorridono) Mh no.
(Luca mette la mano destra in tasca. Trova qualcosa). Quindi è inutile?
(Viviana toglie le mani dalla bocca, le pianta sul tavolo, sgrana gli occhi) Cos'è?
La cosa che cercavo in ufficio, o sul mobilètto che ho all'entrata, hai presente? Quello brutto. (Sorriso guascone)
(trin trin trin. Viviana non sente il telefonino. Lo spegne Luca).
Non voglio sposarti.. io non ...
(Luca gioca con l'anello che ha in mano, e sorride)
(Viviana continua a scuotere la testa, sorride, si mordicchia il labbro)

Ok.
Ok, andiamo.
No, voglio dire "ok ti sposo"
Avevo capito Vivi. Andiamo amore.
(Bacio)

giovedì 25 febbraio 2010

almost 28 years of Summer

Piena d'acqua, come un vaso trasparente dal collo stretto, ma capiente. Non ho fiori poichè alla primavera, mi ripetono, manca un mese. Ma di acqua ce n'è. Fresca, no gas, un po' calcarea ma dissetante. Mi viene da sorridere, perché ci sono stati giorni in cui assetata cercavo lingua penzolante un rubinetto, una fontanella, un distributore automatico. Mi piego su me stessa adesso.
Mobile, fragile, consapevole, pensante.

Mi hano detto che sono un'estate soft: i colori di fine giugno, i capelli legno pineta, gli occhi verde 28/30°, la pelle rosso scottatura/protezione alta.

Chi mi conosce meglio aggiungerebbe fastidiosa come la luce di mezzogiorno in veranda, golosa come il primo gelato, fredda come il primo bagno, imbarazzante come il primo bikini post inverno, rumorosa come gli studenti alla chiusura delle scuole, piacevole come l'ombra.

lunedì 22 febbraio 2010

Mal di testa incurabile

Stavo pensando. Dio che mal di testa. E' da un po' che mi viene mal di testa se penso. Sarà che penso male.

Comunque, stavamo pensando, ci siamo fermati quando stavamo pensando. Il pranzo domenicale con la famiglia, quante cose mi fa pensare. Ah!

I miei che si parlano addosso, con 30 anni in più sulle (s)palle. Che poi ridono di loro, di mia madre che risponde alla domande che faccio a mio fratello, di mio padre che occhi al cielo "la lascialo parlare!", di mia madre che "ma io non posso mai dire niente qui", di mio padre "ma se parli sempre tu", di mio fratello che "passami il sale".
Ci sono dentro, mi dico, inutile ogni distanza interposta. Io sono il bla bla bla di mamma, il vocione di papà, il mutismo affinato di mein Bruder. Io li guardo, e penso che sì, forse sono stata scambiata nella culla da piccola (mio padre me lo dice spesso), ma ormai sono una di loro.
Prevedo altri pranzi, devo portami qualche pastiglia però.

lunedì 15 febbraio 2010

Impressione 1 / 2 / 3

Impressionante. La sopravvivenza di un uomo sepolto per un mese senza acqua né cibo sotto le macerie di Haiti. Impressionante, no? Impressionante. Non trovo un'altra parola, e mi sembra che questa basti per descrivere quello che ho pensato. Impressionante dicevo, come scoprire che ci sono persone con cui hai un rapporto di lavoro che, nella loro vita altra, stanno scrivendo un libro su un padre vittima del terrorismo degli anni Settanta. Impressionante dicevo, come imbambolarsi di fronte al muro con la M maiuscola, e avvertire una tristissima sensazione.

sabato 30 gennaio 2010

Di nuovo, ancora, più forte

Un tema poco originale, diciamo pure banale, ma assolutamente personale. Quindi da trattare con passione, vicinanza, sentimento, cuore. La precarietà. Non solo economica, ma anche sociale. Ho ventisette anni, mio padre mi ha ricordato di essere più vicina ai trenta che ai venti. Ergo pensa al tuo futuro. Economico e non solo.


Una vita serena, o per lo meno una vita vissuta, dovrebbe, a mio parere, essere esattamente questo: opportunità da cercare, continuo movimento con piede perno su una stabilità che deve essere la base da cui ogni nuovo progetto (professionale e non) prende vita. Non quindi girare a vuoto alla conquista della felicità negata, bensì navigare lontani da casa (la vecchia) per trovare spazio fertile su cui costruire. Fondare un’impresa, aprire un’attività, darsi all’ippica volendo, fare figli, trovare un compagno, sposarsi e divorziare, vivere felici e per sempre con un PAC. La bussola, ahimè, non è nel kit di sopravvivenza consegnatoci alla nascita. Bisogna imparare a leggere la volta celeste, riconoscere quando tira aria di tempesta, seguire il volo degli uccelli migratori, assecondare le forze maggiori, pescare dove pensavi non ci fossero pesci. Il bene comune, che poi coincide con quello individuale in questo caso, è condurre la nave in porto. Con ammaccature, certo, magari con qualche pirata affascinante a bordo, perché no?, ma necessariamente al sicuro. La paura, non lo nego, è molta. L’entusiasmo traballa, lasciando il posto allo spavento. Il rischio non sempre, si scopre, vale la candela. Ma una volta trovato il punto su cui potersi appoggiare, diventa più semplice affrontare lo sforzo. Che non sarà piacevole, ma neppure inutile a questo punto.

domenica 24 gennaio 2010

Ricorda le bollette, amore

Ti lascio.
Cosa scusa?
Ho detto. Ti lascio.
Hai parlato con i tuoi amici, quelli che si fanno due mesi in giro per il mondo come avesserro vent'anni, senza moglie, senza bambin..
No. Ti lascio e basta.
Dai Enrico, lo scherzo è bello quando...
Non mi ascolti, vedi? E' anche per questo che ti sto lasciando.
(silenzio)
Non capisco.
Secondo motivo per cui ti lascio. Non mi ascolti e non mi capisci.
Sei ingiusto.
Dì pure quello che stai pensando.
Sei uno stronzo.
Almeno stavolta me lo dici e non ci metti due mesi a elaborare l'insulto.
Che bastardo...
Addirittura due insulti. Vedi, ti faccio del bene in fondo. Sono la valvola di sfogo della tua rab...
Ma piantala.
(silenzio)
Ok, allora vado.
No, aspetta. Prima di lasciarmi chiama tua madre, dille di non inviarmi più quelle catene di Sant'Antonio che le piacciono tanto da quando è in pensione e non c'ha un cazzo da fare. E dì a tua sorella di trovarsi una nuova babysitter per il giovedì sera con le amiche. Ah, ecco: passa tu in posta a pagare le bollette domani, non dimenticarti della recita di Guido martedì e della piscina di Giulia dopodomani, è il nostro turno per passare a prendere i bambini finito il corso. Prendi appuntamento con il dentista per la revisione dei bimbi, Giulia deve avere una carie e... e... mi sto dimenticando qualcosa che...
Dai non fare così, non è il caso di parlare di queste cose adesso, subito. Sei evidentemente incazzata e non cred...
No, Enrico. Non sono la sola a non capire né ascoltare qui. Sono stanca, credo di non farmi una dormita serena dal giorno in cui mi hai messa incinta. Sì, anche quella notte, ora che ci penso, non ho dormito un granché bene. E adesso me ne vado a dormire. Al resto pensa tu, poi lasciami.

venerdì 22 gennaio 2010

Calcutta Station Man

Allora questo blog...?
Eh ci scrivo quando ho qualcosa da dire.
Sì ma devi postare i link così tutti vedono.
Sì ma lo faccio, anzi tu vatti a leggere i post passati.
Eh sì sì mi ci metto.

L'uomo che sa dove va perchè non sta mai fermo mi sprona a produrre, a segnalare, a continuare.

Eseguo come un soldatino creativo "Signorsìsignore".

venerdì 8 gennaio 2010

the challenge purpose

Primo post del nuovo decennio, procediamo grandi passi.
programmiamo qualcosa, pensiamo che la nostra generazione (?) non sarà ricordata come quella di "ciao, ce l'hai facebook?".
non saremo tutta la vita "sei cresciuto anche tu negli anni '90 se..."
non avremo solo manifestazioni di massa, ma anche piccole opportunità personali.
non viaggeremo sempre e solo coi voli low cost.
firmeremo contratti senza fregature.
arriveremo alle nostre pensioni.
e ci diremo "però come si stava bene un tempo".

10 nni, una conquista all'anno, dieci conquiste entro il 2020.
vi offro l'opportunità di partire da un solo proposito, e raggiungerlo entro il 31 dicembre 2010.
avete 4 stagioni, poco meno di 365 giorni, e tantissime ore.

pronti?