sabato 30 gennaio 2010

Di nuovo, ancora, più forte

Un tema poco originale, diciamo pure banale, ma assolutamente personale. Quindi da trattare con passione, vicinanza, sentimento, cuore. La precarietà. Non solo economica, ma anche sociale. Ho ventisette anni, mio padre mi ha ricordato di essere più vicina ai trenta che ai venti. Ergo pensa al tuo futuro. Economico e non solo.


Una vita serena, o per lo meno una vita vissuta, dovrebbe, a mio parere, essere esattamente questo: opportunità da cercare, continuo movimento con piede perno su una stabilità che deve essere la base da cui ogni nuovo progetto (professionale e non) prende vita. Non quindi girare a vuoto alla conquista della felicità negata, bensì navigare lontani da casa (la vecchia) per trovare spazio fertile su cui costruire. Fondare un’impresa, aprire un’attività, darsi all’ippica volendo, fare figli, trovare un compagno, sposarsi e divorziare, vivere felici e per sempre con un PAC. La bussola, ahimè, non è nel kit di sopravvivenza consegnatoci alla nascita. Bisogna imparare a leggere la volta celeste, riconoscere quando tira aria di tempesta, seguire il volo degli uccelli migratori, assecondare le forze maggiori, pescare dove pensavi non ci fossero pesci. Il bene comune, che poi coincide con quello individuale in questo caso, è condurre la nave in porto. Con ammaccature, certo, magari con qualche pirata affascinante a bordo, perché no?, ma necessariamente al sicuro. La paura, non lo nego, è molta. L’entusiasmo traballa, lasciando il posto allo spavento. Il rischio non sempre, si scopre, vale la candela. Ma una volta trovato il punto su cui potersi appoggiare, diventa più semplice affrontare lo sforzo. Che non sarà piacevole, ma neppure inutile a questo punto.

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