martedì 24 marzo 2020

Un vocabolario nuovo - Lettera B

Ciao lettori,
ho letto, qualche giorno fa, un articolo sull'importanza del lessico che usiamo in questi giorni. 
Non è adeguato, come molte altre cose, è impreparato.
Imprudente, semplificato all'osso, incapace di descrivere, e quindi spiegare, cosa sta accadendo.
Parlare di guerra, eroi, battaglia, fronte, nemico non mi aiuta a capire il mio posto, il mio ruolo, il mio isolamento così immobile e precario.
Ho deciso di sforzarmi, perché non sentirmi "sotto attacco" mi aiuta ad arrivare a sera serena.
Preparo il pranzo (pasta al burro, what else), e ascolto audiolibri.
Buona lettura,
Maddalena


Parole con la lettera B: BambiniBoulangerieBorghi.

Sul balcone della casa di ringhiera, sono tre, forse quattro. Un assembramento, penso.
Non è umano pensare ad un assembramento, se osservo tre bambini giocare sul balcone di una casa di ringhiera. Non è normale. Non posso permettermelo, non così facilmente, non dopo sole due settimane.

Cerco di concentrarmi sul gioco che stanno facendo: non lo capisco mica.
Si inseguono, si muovono in un mondo che non vedo, ma che ricordo aver abitato anche io: i petali delle margherite erano grani di riso che cucinavo nei pentolini grandi quanto un bicchiere, l'elastico della merceria un gioco per saltare ore e ore, e i rami degli alberi ostacoli da superare.
Loro si parlano su un balcone stretto, potrebbero pure litigare, da qui non lo distinguo.

Passare le giornate così, solo per poter giocare ancora il giorno dopo.
Guardo i bambini degli altri, penso a come potrebbero essere i miei (!), e una valanga di pensieri scende a valle. "Ah quindi torna in voga il tema? Fai sul serio? Beh, non in pandemia, perlomeno non oggi, mia cara. Non te lo permetterò." - mi dico.
E così arrivo alla seconda parola.

Le boulangerie francesi, viste da me.
Il profumo consolante che ne esce, soprattutto se siete appena usciti da una metro parigina (quindi molto maleodorante), è di certo tra le prime cose che vorrei tornare ad sentire. Le boulangerie sono luoghi in cui ci assembriamo, in attesa, spesso in fila, di fronte a una cassiera che ha accesso al regno delle prelibatezze a base di burro, creme, mousse, paste, tortine salate, quiche, e, ovviamente, forme di pane croccante.
Distribuite su tutto il territorio francese, sono il primo negozio in cui entravo in vacanza (Bretagna, Normandia, Provenza, Camargue, Ile de France, Clermont Ferrand, Tours, la Loira e i suoi castelli), e a cui tornavo almeno un'altra volta nel corso della giornata.
La ragione più ovvia per cui penso sia del tutto inutile provare ad odiare i francesi, che fanno i croissant, hanno le coste del Finistère, la spiagge degli sbarchi, l'olio d'oliva del mediterraneo, i castelli incantanti, la gabbia dorata di Versailles, e il vento di Parigi, dove a luglio fa buio alle undici di sera, non prima.
E qui, salto triplo, verso la terza parola.

Ci sono poi i giorni in cui, con una positività che non so da dove mi esca, riesco ad immaginarmi con uno zaino, anzi un trolley agile, e un itinerario fuori di qui.
Cerco di essere realista anche mentre fantastico, e immagino il primo viaggio oltre il civico di casa mia attraverso i borghi italiani. Alcuni li ho visti per davvero, ma sono pochi, quindi ho una scelta ampia. Una viaggio, da sola, nei borghi della Liguria, delle Marche, della Campania. Spostamenti millimetrici in un tempo rallentato, in cui potrò tornare a farmi la domanda sospesa: "Bambini, tu ne vorresti?".

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