domenica 19 gennaio 2014

Se me lo dicevi prima (cit)

Ciao lettori

Il tempo dei commenti politici incalza e la cosa inizia a darci un po' fastidio. 
Ecco cosa ne esce fuori, quando gente a caso non si regola e ci vuole assolutamente confidare 'come la pensa'.

Enjoy.


Il mio interlocutore insiste affinché mi fermi per il caffè, e, non sapendo come spiegare, nella sua lingua che a dirvi il vero dovrebbe essere identica alla mia, ma evidentemente non lo è, che il problema non sarebbe il caffè, quanto la sua compagnia, decido di accettare, sedermi e togliermi il giubbino di jeans.
Ok, beviamoci questo caffè, facciamolo.

E' un ragazzo che conosco da poco, un amico di amici non miei, una persona che non avrei motivo di presentare a nessuno, se non altro perché non mi ricordo neppure il suo nome, e doverglielo richiedere ora che siamo a fine pranzo è imbarazzante. Sembra non dare peso alla mia eccessiva cortesia, agli sguardi sbalorditi che gli regalo, alla totale mancanza di interesse che mi suscita; eppure ho una mimica facciale cristallina, facile da interpretare. Più ti sorrido e faccio le bolle ad ogni tuo sospiro, più ho smesso di starti a sentire.

Gli piace parlare in generale, e oggi gli piace vedermi lì seduta a fingere di ascoltarlo. Sarà che tutti gli altri commensali se la sono data, e che i camerieri non sono pagati per assecondare proprio ogni desiderio dei clienti, ma alla fine tocca a me porgere l'altra guancia e dargli retta.
Domani ci sono le elezioni, e questo vi avrà già fatto intuire di cosa vuole assolutamente discutere, adesso, con me e i nostri caffè che dio santo solo sa quanto ci mettono ad arrivare al nostro tavolo.

L'esordio, lo ammetto, è da perfetto incantatore di serpenti. Peccato io non sia un rettile, penso, sennò mi avevi in pugno. "Questo paese, questa classe politica, questi addetti ai lavori". Mi volto, scruto oltre le mie spalle, faccio una panoramica su tutta la sala: a che punto, esattamente, è iniziato il comizio, mi chiedo. E soprattutto, com'è che gli si è gonfiato il petto e ha abbassato il tono di voce? E, cosa più importante tra le cose importanti, perché ripete 'questo' tre volte in una frase di massimo dieci parole? Faccio due calcoli, tiro le somme: mi vuole convincere di qualcosa, devo solo capire cosa. Del caffè neppure l'aroma nel frattempo.

Sto sudando, e spero se ne accorga anche Coso Qui Che Mi Parla: potrebbe provare pietà, io la proverei per uno che mi suda davanti senza via di fuga. Ma lui è molto concentrato e sta già al paragrafo due del suo discorso. Per me è come se fosse immerso nella vasca dei delfini dell'acquario di Genova: muove le labbra ma non lo sento; è spettacolare quanto riesca ad isolarmi se lo desidero molto, penso.

Butto lo sguardo all'orologio del cellulare, sempre sorridendo ovviamente, e penso che il nostro caffè lo stiano confezionando direttamente i coltivatori colombiani. E che quando arriverà, sarà sempre troppo tardi ormai. Inizio a preoccuparmi di quando vorrà che anche io dica la mia: cosa mi invento? Con quale battuta lo stendo? Soprattutto, come si chiama? Il tempo di stare allerta, e infatti il problema si palesa: "Tu cosa ne pensi?"

Palloncini che volano nel cielo, colombe liberate a festa, menestrelli intonati che deliziano orecchie di giovani donne vestite a festa, arcobaleni multicolor, e nani da giardino che zappano la terra: nella mia mente inizio ad affollare immagini stupide, scollegate tra loro, prive di senso, e funziona. Il mio volto si fa cupo, la mia espressione intelligente e pensierosa, la fronte si corruga tutta e, senza neppure accorgermene, l'ho convinto.

"Lo so, lo so... la penso esattamente anche io come te del resto, il senso di quello che dicevo, alla fine, è lo stesso: bisogna tapparsi il naso in cabina elettorale!!!". Esclamato, credetemi, con tre punti finali.

Scomodare Indro Montanelli mi sembra esagerato, soprattutto se i miniponies stanno ancora pascolando nel giardino della mia fantasia così potente da permettermi di alzarmi senza che i caffè siano passati alla dogana.
Mentre sposto la sedia per permettermi di allontanarmi quanto basta da sentirmi al sicuro, lui rimane in silenzio. Cosa cavolo ti starai domandando ancora, mi chiedo, cosa!? Lo saluto, dicendo che è tardi e ho amici che mi aspettano e che per il caffè facciamo un'altra volta. Lui annuisce, capisce che si è fatto tardi e mi raccomanda di fare il mio dovere l'indomani. Gli escono proprio queste parole: "Mi raccomando, fai il tuo dovere domani".

Lì mi esce la bestia: mi risiedo di scatto, appoggio la borsa e ci manca poco mi tolga il giubbino.
"Carissimo... carissimo. Ho davvero fretta, quindi potrò sembrarti un po' sbrigativa, a tratti rude, forse maleducata. Mi scuso preventivamente, ma non riuscirò a fare altrimenti. Quattro ore fa non ci conoscevamo affatto, eppure ti giuro che il mio dovere l'avrei in ogni caso portato a termine domani, al seggio. Invece dio ha deciso, stamattina, di farci incontrare, e dopo le cavallette in Egitto ecco una nuova piaga. Persino fingere di ascoltarti è stato punitivo, persino un caffè - mai arrivato, te ne sei accorto? - insopportabile.
Premesso questo, ti prego di non sentirti in dovere di assicurati che io faccia il mio dovere: né domani, né mai. Togliti quindi lo sguardo da padre benevolo, guida eletta, pastore con bastone e carota, presentatore di materassi in svendita. Non sono solita affrettare giudizi basati sulle prime impressioni, ma per te farò un'eccezione: non mi piaci."

La cosa assurda è che mentre gli sbrodolo addosso, in sottofondo c'è UNA CANZONE MERAVIGLIOSA che di certo mi ha fatto ruggire con passione, ricordandomi perché mal sopporto chi si raccomanda per me, le mie intenzioni e le mie azioni, senza neppure conoscermi.

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