giovedì 6 marzo 2014

M stands for Maia and just another sweet word

Ciao lettori

Vivienne ha iniziato a parlare. 
Enjoy this little lady of mine, and my own crazy imagination.


Abbiamo camminato moltissimo stamattina per arrivare al nido. La macchina non partiva, la spia della batteria era accesa, e dopo dieci minuti i santi invocati cominciavano a essere troppi nell'abitacolo.

Nonostante tutto, Vivienne ha reagito bene allo stress cui l'ho involontariamente sottoposta. In generale, non si scompone mai troppo e mi sorride dal basso del suo metro e poco più, infagottata e leggermente scoordinata nelle movenze, a causa della giacca che le ho acquistato a inizio stagione. Ve lo dico, ma non lo ammetterò mai di fronte a mia madre: è di due taglie più grandi della sua, ma pensavo sarebbe cresciuta molto questo inverno. Invece è una tappetta!, così il cappotto le copre completamente le mani e le ginocchia, costringendola a movimenti goffi e impacciati. La osservo mentre si cerca gli arti nascosti chissà dove, cercando di sbrigarsela da sola in queste piccole difficoltà da nana da giardino quale è.
Stamattina non avrei, in ogni caso, potuto darle troppo ascolto, anche se si fosse lamentata. Abbiamo preso la metro e un bus per arrivare al nido e infine fatto un pezzetto a piedi, che Vivi ha percorso in braccio: okay essere scoordinate per colpa di mamma, ma tesoro un piede dietro l'altro su, dai, forza. Quando mi sono accorta di aver alzato la voce una volta di troppo, ricordandomi spaventosamente mia madre nei tempi che furono, l'ho sollevata: le gambine aperte e ancorate attorno al mio bacino largo, le braccia sobbalzanti ad ogni mio passo spedito. A ripensarci ora, dovevamo essere imbarazzanti entrambe.

Ci siamo salutate un po' di corsa, ma questo lo facciamo sempre. Vivienne è matta per il nido e gli altri bambini e tutte quelle attività che le fanno fare, come dipingere coi piedi scalzi. Si dimentica di avere una madre non appena mettiamo piede nella sala comune ordinata e dal profumo di finestre aperte al primo sole invernale. La aiuto a togliersi lo scafandro e la bacio dove capita: una volta ci siamo date una testata, a mo' di arieti. Entrambe a testa bassa, per motivi differenti: io ero di fretta e distratta, lei stava osservando qualcosa sul pavimento di linoleum. 'Ocio amore... Ti ho fatto male?'. Indicava la carta di una caramella accidentalmente lasciata sul pavimento, e si stava piegando a raccoglierla. Una volta presa, se la girava tra i polpastrelli, con un'espressione che solo suo padre riesce a replicare con la stessa semplicità. Intenta in qualcosa che attira la sua attenzione, incapace di mascherare la scintilla di curiosità che le attraversa la mente, silenziosa nel momento dell'osservazione come un monaco tibetano, serissima e indisturbata. Ovviamente, compreso cosa avesse in mano, cioè dell'immondizia, l'ha piazzata a me, e anche qui mi ha strappato il sorriso delle connessioni aperte: sei come tuo padre, mi lasci gli avanzi di un mondo segreto che non vedo, chissà cosa vi frulla dentro quel cervello pazzo.

La giornata è andata bene per me, e quando rientro trovo i due già a casa, intenti a leggersi a vicenda un libro, uno di quelli che ho comprato io in un mercatino natalizio: coloratissimo, con animali personificati e cospiranti contro il contadino della fattoria. Il mio compagno mi ha urlato dal divano di correre là, vicino a loro. Signor sì, signore, mi sfilo le scarpe e sono vostra.
Vvienne ha tentennato quel quarto d'ora, come tutti i bambini quando gli si chiede di fare una cosa a comando. Ma suo padre non demordeva, 'Devi vederla, aspetta'. Sfogliando pagine a caso, finalmente siamo arrivati al punto in cui la gallinella della fattoria, protagonista della storia, forgia il suo carattere da condottiera e guida la rivoluzione contro il fattore. Vivienne ha sgranato gli occhi, scambiato uno sguardo d'intesa con il mio compagno ed esclamato la seguente parola: Maia!

Non so spiegare perché Viv chiami una gallina per nome, perché abbia scelto quel nome o perché si sia affezionata a lei più che agli altri animaletti della fiaba. Il mio compagno non me lo vuole dire, dice che è un segreto, e se solo rientrassi a casa prima, la sera, lo saprei anch'io. Scorretto da parte sua, alimentare i miei sensi di colpa. Però anche io custodisco un piccolo segreto: due ore fa, salutandola al nido, Vivienne mi ha chiamata mamma, fissandomi con quegli occhi attenti che rivedo solo in suo padre.

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