sabato 19 marzo 2011

Untitled #02_How It All Began

Continua la storia di Angelo e la narratrice.
Se non vi ricordate dove / come eravamo rimasti, leggete qui.
Andiamo alle origini, saltiamo all'indietro, facciamo i salmoni, inseriamo la retromarcia.

Buona lettura!

Angelo avevo intuito avesse ottimi muscoli. L’avevo avvistato sulla pista di atletica, quella alla periferia nord, quella del centro sportivo comunale. Non è un impianto che consiglierei, ma da quando ho conosciuto  Angelo ho iniziato ad andarci tutti i sabati mattina, e le domeniche pomeriggio. In quel periodo avevo un’energia difficile da spiegare. Il lavoro nuovo mi piaceva, la primavera mi rinvigoriva e diciamo soprattutto che Angelo era un ottimo motivo per tornarci assiduamente. Correva sempre, sia che io arrivassi alle 10 che alle 16. Non lo incontravo tutti i finesettimana certo, ma pensavo che in ogni caso un po’ di movimento avrebbe giovato anche a me. Un giorno sono caduta, modalità sacco di patate. Leggiadra come una fatina del bosco della mia fantasia. Non mi sono fatta nulla, ho risposto a chi mi soccorreva. Che poi (dai!?) era Angelo. Santambròs!, ho pensato. Vieni, siediti a bordo pista, intanto ti controllo la caviglia. Oddio no, non ora, non adesso, non qui. Mi sono dimenticata il silkepil. E porcogiuda questo mi vuole palpare la caviglia oggi. Ma Cristoforo! Oh no, lascia stare, non mi sono fatta niente, anzi guarda avevo anche finito l’allenamento, quindi vado direttamente a casa. Angelo sorride di sbieco. E mi lascia andare. Ma scusa insisti babbeo!, penso. Prendo la sacca, mi massaggio la spalla destra, sento un piccolissimo dolore acuto, una fitta che dura al massimo tre secondi. Non ci bado ed esco dal centro sportivo. Direzione: casa, doccia, pasta e pomodorini che ho una fame infame.
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Arrivo in ufficio alle nove, appoggio la borsa sulla scrivania, appendo la giacca. Ehi principessa, buongiorno! Nina, la donna delle pulizie, mi accoglie come se fossi davvero una principessa. Dice che le ricordo una nipote, rumena come lei. La principessa sta molto bene stamattina, grazie Nina. E lei come sta? Bene bene, oggi è il compleanno di mia nipote, quella che ti assomiglia tanto. Ah, la vera principessa! Allora auguri a… Ma come si chiama? Helena. Allora faccia i miei auguri alla principessa Helena.
Questo scambio 'sorrisi e saluti', che occupa i primi due minuti della mia giornata, serve più a me che a Nina. Cominciare subito con i pazienti, in reparto, sarebbe drastico. Oltretutto continuo a pensare ad Angelo. E’ solo lunedì e mi prometto che entro sabato devo trovare il tempo per farmi in silkepil. E magari mi compro una tuta nuova, che quella che uso è consumatissima. Me la compro non eccessiva eh, non firmata, non di spugna, non acetata che fa troppo Madonna, non antitraspirazione che non ci credo, non da 'finta atleta del sabato che però ha tutto coordinato'. Mi sa che posso tenermi pantaloni e felpa che ho a questo punto. In fondo il grigio Champions mi dona, sembra che corro in pigiama eh!, ma è confortante muoversi in abiti che so perfettamente come mi stanno. Anche se del 1999. Cazzo, sono in ritardo, devo assolutamente darmi una mossa.
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Se fino ad oggi non avete ancora capito come abbia fatto a conoscere Angelo, sedetevi e abbiate pazienza. Ma no, noo, nooo! Cavolo che palle. Sì sì arrivo, cosa suoni ancora telefonino di merda! Parli da sola? ... cosa, che...? Dicevo, parli da sola?, dice lui puntando l’indice roteante vicino alle tempie. Della serie: oltre che possedere scarse capacità deambulatorie, hai pure qualche rotella fuori posto. Ah no! No, infatti, scherzavo, tranquilla. Come stai? Mh bene grazie, e tu? Benone, mi chiamo Angelo. Stringo la sua mano, un po’ perplessa. Devo scappare in ospedale, sono reperibile e non posso fare altrimenti. Mi posso portare dietro la tua mano, che dici?, penso. Invece rimango in silenzio, abbozzo un sorriso e, improvvisamente, divento Don Giovanni in gonnella. Piacere. Senti ora devo correre via, ma.. ma ecco ti va di uscire per un caffè qualche giorno? Angelo ride. Certo, perché no; ci vediamo in pista e poi caffè. Perfetto, dico prendendo la mia sacca. Poi l’imprevisto. Ue’ ciao eh! Angelo urla a una coda di cavallo biondo cenere (ravvivato da ottimi colpi di sole) che sculetta in Nike verso l’uscita. La coda di cavallo si volta, sguardo indagatore, collo allungato, obiettivo puntato. La coda di cavallo cammina veloce verso Angelo, lo bacia a stampo, saluta cortesemente anche me. Ma minchissima! E questa da dove salta fuori? Chi sei piccola topina sorridente!? Chi – se –iiiii ? Mantengo il controllo, inclino la testa in avanti, ricambio il saluto, mi presento. Ciao. Ciao e te, cosa. Ovviamente il fatto che abbia una coda di cavallo bionda appresso non intacca la sensazione di piacere estremo che provo incrociando gli occhi di Angelo. Sticazzi, magari è sua sorella e sono molto affettuosi in famiglia. Giro i tacchi (le Adidas sfatte), affranco la mia posizione di dottoressa in procinto di soccorrere il mondo in piena catastrofe umanitaria, ravvivo il ciuffo ribelle e appiccicato alla fronte e smammo. Sono di troppo, anche nel caso in cui la coda bionda fosse effettivamente sua sorella.


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